Terry Barber
Director of make up artistry UK ed Europa per MAC, crede a una bellezza emozionale espressione delle sottoculture giovanili vs la noiosa perfezione da social.
Elettrizzato, giovanissimo, dalla scoperta di MAC nel corner di Henri Bendel a New York – anomalo rispetto ai counter di altri marchi cosmetici, qualcosa di «mai visto prima, dove, al posto dei sales people finto posh c’erano ragazzi tatuati, col mohawk» –, Terry Barber comincia a lavorare per il brand canadese quando apre da Harvey Nichols, a Londra, nel ’93. «Era come stare allo Studio 54: i protagonisti della scena clubbing si davano appuntamento da noi, per sperimentare i look più stravaganti». Con una filosofia “All ages, all races, all genders” il marchio, fondato nell’84 da Frank Toskan e Frank Angelo, introduce nella cosmetica quelli che solo recentemente sono diventati valori conclamati della moda: no gender e inclusività. In un percorso provocatorio e irriverente, valorizzando al massimo l’idea di bellezza dell’imperfezione e del makeup come espressione creativa dell’individualità, con prese di posizione nette, come la campagna Viva Glam per raccogliere fondi per aiutare le comunità vulnerabili maggiormente colpite dall’AIDS, quando sulla malattia pesava ancora lo stigma dei benpensanti. «MAC non puntava a shockare, ma a proporre una nuova idea di normalità, mettendo in scena la determinazione degli appartenenti alle sottoculture a