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Black Dog Blues (Italiano)
Black Dog Blues (Italiano)
Black Dog Blues (Italiano)
E-book367 pagine

Black Dog Blues (Italiano)

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Info su questo ebook

Serie Kai Gracen, Libro 1

L’elfo reietto Kai Gracen è convinto di aver esaurito il suo karma positivo quando uno Stalker umano vince la partita di poker in cui Kai è stato messo in palio e lo prende con sé. In seguito alla violenta fusione tra la Terra e l’Underhill, la razza umana e quella elfica si ritrovano a vivere in un mondo caotico e infestato da mostri, e gli Stalker sono gli unici disposti ad accorrere quando all’orizzonte si profilano oscure minacce.

Anche se difficile, quella dello Stalker è una vita che Kai ama: buone ricompense, qualche amico e, soprattutto, è priva di altri elfi che possano ricordargli il suo passato. E poi uccidere i mostri è facile, specialmente perché anche lui è un mostro.

Quando un signore dei sidhe di nome Ryder arriva a San Diego, a Kai viene affidato un incarico per la nuova Corte dell’alba. Sulla carta si tratta di una semplice spedizione lungo la costa durante la stagione degli amori dei draghi, allo scopo di salvare una donna umana incinta in cerca di protezione. Facile, veloce e, cosa più importante, remunerativo. Tuttavia Kai si trova invischiato in una faida familiare all’ultimo sangue dalla quale non ha alcuna speranza di sottrarsi. 

Nessuno si è mai arricchito facendo lo Stalker. Anzi, pochi di loro arrivano alla vecchiaia, e sembra che Kai non farà eccezione.

LinguaItaliano
Data di uscita31 ott 2017
ISBN9781640802773
Black Dog Blues (Italiano)
Autore

Rhys Ford

 Rhys Ford is an award-winning author with several long-running LGBT+ mystery, thriller, paranormal, and urban fantasy series and is a two-time LAMBDA finalist with her Murder and Mayhem novels. She is also a 2017 Gold and Silver Medal winner in the Florida Authors and Publishers President’s Book Awards for her novels Ink and Shadows and Hanging the Stars. She is published by Dreamspinner Press and DSP Publications. She shares the house with Harley, a gray tuxedo with a flower on her face, Badger, a disgruntled alley cat who isn’t sure living inside is a step up the social ladder, as well as a ginger cairn terrorist named Gus. Rhys is also enslaved to the upkeep of a 1979 Pontiac Firebird and enjoys murdering make-believe people. Rhys can be found at the following locations: Blog: www.rhysford.com Facebook: www.facebook.com/rhys.ford.author Twitter: @Rhys_Ford  

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    Anteprima del libro

    Black Dog Blues (Italiano) - Rhys Ford

    Indice

    Sinossi

    Dedica

    RINGRAZIAMENTI

    GLOSSARIO

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    Capitolo 12

    Capitolo 13

    Capitolo 14

    Capitolo 15

    Capitolo 16

    Capitolo 17

    Capitolo 18

    Capitolo 19

    Capitolo 20

    Capitolo 21

    Capitolo 22

    Capitolo 23

    Capitolo 24

    Capitolo 25

    Capitolo 26

    Capitolo 27

    Capitolo 28

    Capitolo 29

    Epilogo

    Biografia

    Di Rhys Ford

    Visitate il sito di DSP Publications

    Copyright

    Black Dog Blues

    Di Rhys Ford

    Serie Kai Gracen, Libro 1

    L’elfo reietto Kai Gracen è convinto di aver esaurito il suo karma positivo quando uno Stalker umano vince la partita di poker in cui Kai è stato messo in palio e lo prende con sé. In seguito alla violenta fusione tra la Terra e l’Underhill, la razza umana e quella elfica si ritrovano a vivere in un mondo caotico e infestato da mostri, e gli Stalker sono gli unici disposti ad accorrere quando all’orizzonte si profilano oscure minacce.

    Anche se difficile, quella dello Stalker è una vita che Kai ama: buone ricompense, qualche amico e, soprattutto, è priva di altri elfi che possano ricordargli il suo passato. E poi uccidere i mostri è facile, specialmente perché anche lui è un mostro.

    Quando un signore dei sidhe di nome Ryder arriva a San Diego, a Kai viene affidato un incarico per la nuova Corte dell’alba. Sulla carta si tratta di una semplice spedizione lungo la costa durante la stagione degli amori dei draghi, allo scopo di salvare una donna umana incinta in cerca di protezione. Facile, veloce e, cosa più importante, remunerativo. Tuttavia Kai si trova invischiato in una faida familiare all’ultimo sangue dalla quale non ha alcuna speranza di sottrarsi.

    Nessuno si è mai arricchito facendo lo Stalker. Anzi, pochi di loro arrivano alla vecchiaia, e sembra che Kai non farà eccezione.

    Questo è per Elizabeth – che ha dato a Kai una nuova casa.

    Questo libro non esisterebbe senza i Cinque. Tamm, Lea, Penn e Jenn. Come sempre. E nemmeno senza le mie sorelle in tutto tranne che nel sangue – Ree, Ren, e Lisa.

    Haato e snookies a tutte voi.

    RINGRAZIAMENTI

    SONO GRATA a moltissime persone, ma da chi cominciare? Innanzitutto da Terese, Suzhang, Brooke e Ericka, che hanno sempre desiderato che Kai finisse su pixel e su pagina.

    Un enorme grazie a Elizabeth North perché, sul serio, questo viaggio tra carta stampata e pixel è cominciato quando lei ha letto Baci sporchi – Dirty Kiss… è le è piaciuto. Grazie. Mille volte grazie. E anche a tutti quelli della Dreamspinner che mi fanno fare davvero bella figura.

    Ultimissimi, ma non meno importantissimi (sì, sono una scrittrice), il mio affetto e la mia gratitudine vanno ai Dirty Ford Guinea Pigs che mi aiutano a mantenere la sanità mentale… e a perderla. Un gruppo selezionato di persone fantastiche e meravigliose che sono davvero grata di conoscere.

    Oh, e grazie ai Metallica, agli Anthrax, ai Tool e a una serie di altri gruppi musicali troppo numerosi per poterli citare, per avermi fornito la musica adatta a questo libro mentre lo scrivevo.

    GLOSSARIO

    LE PAROLE contenute in Black Dog Blues si basano sul linguaggio corrente e fungono da termini tipici del singlish, la lingua comune poliglotta che si parla nel libro. Molte hanno mantenuto il loro significato originale, mentre altre hanno subito un cambiamento linguistico, sviluppando definizioni alternative.

    Áinle – termine multi-funzione, può significare eroe, campione, angelo o, se utilizzato in determinati contesti, gatto selvatico (gaelico)

    Ainmhí dubh – cane nero (gaelico)

    Ampulla – fiala, ampolla; in gergo: pezzo di merda, persona inutile (spagnolo)

    Arracht – mostro (gaelico)

    Bao – tipico pane asiatico, di solito è bianco e morbido e a base di lievito (termine di origine cinese)

    Bebé – termine spagnolo uguale all’italiano bebè

    Bonito – bello, in riferimento a un uomo (spagnolo)

    Chi wo de shi – gergale: mangia la mia merda, dannazione (mandarino)

    Chikusho – gergale: dannazione, cazzo o merda (giapponese)

    Deartháir – fratello (gaelico)

    Diu nei ah seng – che la tua famiglia vada a farsi fottere (gergo di Singapore)

    Gusano – verme (a volte lo si mette nella tequila) (spagnolo)

    Hibiki – risonanza, eco (giapponese)

    Hondashi – fiocchi di palamita (un pesce) essiccata, usati soprattutto per il brodo (giapponese)

    Iesu – Gesù (hawaiano)

    Indios – popolazioni indigene austronesiane che vivono tra la California del sud e il Messico

    Jan-ken-po – sasso, carta, forbici (gergo hawaiano da una frase giapponese)

    Kimchi – cavolo piccante sottaceto, pietanza nazionale della Corea. Si scrive anche kimchee, kim chi o kim chee (coreano)

    Kuso – merda (giapponese)

    Malasadas – ciambelle lievitate e fritte, ricoperte di zucchero semolato (portoghese)

    Meata – andato a male, marcio (gaelico)

    Miso – impasto di semi di soia, usato comunemente nel brodo (giapponese)

    Muirnín – mio amato, tesoro, caro (gaelico)

    Musang – gatto selvatico, zibetto (filippino-tagalog)

    Nori – alga, di solito viene pressata in fogli (giapponese)

    Paho’eho’e – una lava grezza e friabile (hawaiano)

    Peata – cucciolo (gaelico)

    Pele – dea della lava, dei vulcani, della passione di altre cose toste. Meglio non farla arrabbiare (hawaiano)

    Saimin – termine hawaiano che indica un piatto di tagliolini in brodo basato sul ramen giapponese, sul pancit filippino e su altri tipi di tagliolini asiatici. Probabilmente si basa sulle parole giapponesi ramen/sōmen o sui termini cinesi e miàn

    Shoyu – salsa di soia (giapponese)

    Siao liao – pazzo, fuori di testa, malato di mente (gergo di Singapore)

    Sidhe – o Seelie; popolo fatato. Vengono considerati la corte buona delle fate e degli elfi di Underhill. Si pronuncia sci-i (gaelico)

    Sláinte – salute, anche usato per i brindisi (gaelico)

    Sucio – sporcizia, sporco (spagnolo)

    Tik-tik – taxi di forma triangolare a bulbo, guidato da un solo conducente, con il retro molto ampio per far accomodare i passeggeri; viaggia su binari sospesi e linee tranviarie. Ricorda una versione più tondeggiante della Ford Pinto del 1976 (termine di origine indiana)

    Unsidhe – o Unseelie; popolo fatato. Vengono considerati la corte malvagia delle fate e degli elfi di Underhill. Si pronuncia an-sci-i (gaelico).

    Capitolo 1

    NON ERA una buona giornata per essere me.

    Il graffio sotto la punta dell’orecchio destro mi prudeva, e quando lo grattai il prurito si abbassò, scendendo lungo lo stomaco e arrivando fino all’inguine. Lo costrinsi ad andarsene, e dopo avermi infastidito per qualche secondo, svanì. Avevo freddo, puzzavo del sangue dei tre cani ombra elfici che avevo già ucciso ed ero irritato, perché là fuori ce n’era ancora uno vivo che dovevo stanare.

    Sentii l’odore dell’ultimo cane prima ancora di vederlo. Niente riesce a coprire il tanfo di bastardo unsidhe. Puzzano come aringhe vecchie di una settimana avvolte nei fluidi di un cadavere in putrefazione lasciato fuori al sole. Alzai gli occhi al cielo grigio acciaio per controllare se avrebbe piovuto e annusai, cercando l’odore dell’acqua. Il tanfo di cane nero bagnato avrebbe fatto vomitare un morto, inoltre avrebbe appestato il pianale di metallo del mio furgone.

    Vieni da Kai, piccolo. Lanciai un’occhiata veloce alla bestia, sbirciando oltre l’albero dietro al quale ero nascosto. Devo fare un po’ di spesa.

    Il cane nero assomigliava a un mastino rognoso che si era mescolato con il pool genetico di un’iguana e la sua circonferenza era circa il doppio di quelle dei due che avevo già abbattuto. Forse era un maschio, ma il genere non faceva molta differenza quando un cane aveva molta carne da mangiare, e quello sembrava piuttosto ben nutrito. La sua lunga coda da lucertola fungeva anche da tosaerba mentre avanzava pesantemente tra la boscaglia, strappando ampie zolle erbose a ogni passo e trascinando la pancia sul terreno; un grasso, felice cane-lucertola bastardo che era uscito per uno spuntino pomeridiano.

    Anche se era a poca distanza, la fronte e il muso corto entravano e svanivano dal mio campo visivo dietro ai massi lungo il fianco della collina, impedendomi di sparare il colpo mortale. La ruvida pelliccia color ebano del corpo scendeva lungo le gambe tramutandosi in pelle grigia, spessa e rugosa, e lunghi artigli si allungavano dalle zampe da rettile. Uno dei corni neri più piccoli era rotto, probabilmente in seguito a una lotta per l’accoppiamento, ma da quanto riuscii a vedere quando aprì le fauci per annusare l’aria con la lingua, tutti i denti, lunghi quanto un dito, erano intatti.

    Il che era un bene, perché non avrei voluto essere masticato solamente a metà quando quella maledetta cosa mi avrebbe ingoiato vivo.

    Alzai il fucile, aprendolo di scatto un’ultima volta per controllare i proiettili. Il cane stava aggirando gli alberi e avrei dovuto attendere di avere una buona visuale. A Dempsey piacevano i coltelli o gli archi. Uno Stalker dovrebbe cacciare come un uomo, borbottò nella mia testa. A me piaceva avere un fucile a canne mozze o un paio di Glock che potevo ricaricare.

    Al diavolo Dempsey e le sue balestre. Con un arco dovrei tirare cinque frecce a quel maledetto quando basterebbero uno o due proiettili. In definitiva preferivo essere vivo con le mani sporche di polvere da sparo piuttosto che avere la mia fotografia appesa al muro del Post che commemorava tutti i virili Stalker caduti mentre combattevano mostri. Le balestre fanno schifo.

    Dio, quella cosa puzza. Mi lacrimavano gli occhi per l’odore. Resistendo all’impulso di controllare di nuovo le munizioni, rimasi in attesa fino a quando il vento non cambiò direzione e ringraziai brevemente il dio massacrato per aver liberato il mio naso dalla puzza della bestia.

    Il cane ormai era quasi in piena vista, e il cambiamento nella direzione del vento fu più favorevole a me che a lui perché la brezza portò via il mio odore. L’ampio petto del cane vibrò quando la creatura piegò la testa all’indietro e si mise a ululare, il penetrante lamento della sua angosciosa canzone che riecheggiava nell’area mentre richiamava gli altri membri del branco. Black Dog Blues. Con un po’ di fortuna, presto si sarebbe unito alle loro carcasse sul retro del mio furgone.

    Trascinarlo lungo la strada sarebbe stata una gran rottura. Le leggi sulla caccia stabilivano che non potevo abbandonare la carcassa, soprattutto per impedire che la fauna selvatica mangiasse la carne acida del cane nero, perciò avrei dovuto trascinare l’intero corpo fino al furgone dopo averlo ucciso. Sbarazzati di quello che uccidi, mi aveva ripetuto Dempsey fino allo sfinimento.

    Oppure trovati uno stupido ragazzino elfico che lo faccia al posto tuo, sbuffai.

    Il segugio non si sarebbe più dovuto preoccupare di trascinarmi per la montagna. Se mi avesse catturato, mi avrebbe divorato seduta stante, magari sputando via la cerniera dei jeans e l’orecchino una volta finito il pasto. Con un po’ di fortuna sarei riuscito a farmela addosso prima, perché la vescica aveva cominciato a lamentarsi rumorosamente e il prurito era tornato, stavolta ai miei gioielli di famiglia.

    La bestia si girò, e tra il nero del muso si accese il luccichio di un occhio rosso. Abbassando la testa rispetto alle enormi spalle prese a fiutare il terreno, seguendo il mio odore. Non potevo nascondermi dal suo naso. Quelle maledette bestie riuscivano a seguire la pista di una preda fino in capo al mondo.

    Il cane colse la scia del mio odore, ringhiando mentre muoveva la testa avanti e indietro per annusare. Trattenni il respiro, lasciando che la scia olfattiva lo attirasse più vicino. Avanzò veloce sul terreno boscoso, facendo un rumore strisciante tra le foglie. Se il cane non fosse già stato in vantaggio rispetto a me, mi sarei messo a ridere. Quel coso era grosso quasi quanto un taxi tik-tik. Si sarebbe potuto nascondere solo se un camion fosse piombato giù dal cielo proprio davanti a lui.

    Piegando il corpo, il cane rimase immobile, le enormi narici che annusavano l’aria. Con la punta della lingua si leccò i denti; lunghi filamenti di saliva lattiginosa colarono a terra ricoprendo un cespuglio di erbacce. Le foglie avvizzirono e bruciarono quando la saliva del segugio le coprì, sottili volute di fumo che si innalzavano intorno alla testa del cane nero mentre l’acido corrodeva le piante. Il vento cambiò di nuovo direzione e raccolse il mio odore, portandolo fino al suo naso. L’animale si voltò, vide che lo stavo fissando e balzò dritto verso di me.

    Il singlish è una lingua davvero brutta. Affonda le sue radici in molti miscugli linguistici, dall’antico britannico al cantonese, con calde gocce di wasabi giapponese, ma c’erano momenti in cui solo il brutto Nippon dei bassifondi riusciva a esprimere ciò che provavo.

    Quello era decisamente uno di quei momenti.

    "Kuso!" Alzai il fucile mentre il cane nero si precipitava verso il mio nascondiglio. Il cambiamento nella direzione del vento aveva portato un po’ del mio odore fino a lui, e la creatura mi trovò con facilità, come se fossi balzato fuori e avessi cominciato a mulinare le braccia.

    Il segugio sentì l’odore della morte del suo branco su di me, e questo lo fece infuriare.

    Il primo sparo lo colpì in mezzo agli occhi, facendogli voltare di scatto la testa di lato. Accusai il contraccolpo; era più facile governarlo per me che per un umano, ma la canna tremò e fui costretto a riprendere la mira. Per un terribile istante pensai di aver mancato il colpo. Il cane nero continuava ad avanzare, le orecchie abbassate e la bocca spalancata quel tanto che bastava per tranciarmi la testa di netto con un solo morso, ma una scia di sangue nero gli usciva a spruzzi dalla parte posteriore del cranio. Lo avevo colpito, ma non era bastato ad abbatterlo.

    Sollevai di nuovo il fucile e sparai il secondo colpo, mirando a un occhio. La sua testa scattò di nuovo all’indietro e la guancia esplose, l’occhio che scoppiava in un miscuglio umido, ma quella dannata cosa continuava ad avanzare. Lasciai cadere a terra il fucile e afferrai la Glock che avevo posato tra l’erba mentre le zampe del cane nero scavavano nel terreno davanti a me.

    Mi balzò addosso proprio nell’istante in cui la mia mano strinse il calcio della pistola. Contorcendomi per riuscire a sparare un altro colpo, sentii il sapore del terriccio quando la mole della bestia mi spinse a terra. Fu un colpo pesante e per un attimo rimasi senza fiato, tossendo per inspirare abbastanza aria e riempirmi i polmoni. Mi girai sulla schiena ma non riuscivo a respirare. Con un peso di oltre duecento chili e profumato quanto il vomito di balena, il segugio mi copriva le gambe e il torso, bloccandomi contro un letto di aghi di pino.

    Il cervello mi diceva che quella cosa era morta, ma non era la mia mente a dover essere convinta. La bocca del cane scattò, azzannando l’aria accanto alla mia testa e alle spalle mentre il suo corpo si contorceva spasmodicamente. Linee di schiuma gli coprivano le labbra bordate di rosa, filamenti acidi di saliva che mi bruciavano la pelle; puntai la canna della pistola contro il cranio piatto della creatura e premetti il grilletto.

    Schegge d’osso mi graffiarono la guancia e sentii sapore di polvere prima di riuscire a chiudere la bocca. Lo sparo fece esplodere la testa del cane e dal suo cranio schizzarono via frammenti coperti di pelliccia e di pelle squamosa. Lottai per riuscire a respirare mentre gli spasmi della creatura rallentavano e le sue gambe si irrigidivano dietro al corpo. Lentamente il luccichio dei suoi occhi diminuì, e le vivide luci rosse divennero di un grigio opaco. Ebbe un’ultima contrazione, poi rimase immobile, morto come i sassi che mi scavavano nella schiena.

    Era ora che schiattassi, maledetto. Con un sospiro di sollievo cercai di liberarmi, ma il peso del cane mi gravava sugli stinchi, intrappolandomi contro il terreno.

    Ricadendo contro il letto di aghi di pino secchi, alzai gli occhi al cielo e sospirai. Ah, cazzo. Oh no, puoi scordartelo. Ringhiando in direzione della testa maciullata, diedi un calcio alla pancia della carcassa. Non me ne starò sdraiato qui come una specie di foglia di cavolo sotto al sashimi. Tu adesso ti levi di torno.

    Dovetti fare uno sforzo per piegarmi in avanti, ma riuscii a infilarmi la mano sotto le gambe per spazzare via qualche manciata di aghi da dietro le ginocchia, sperando di ricavare abbastanza spazio da permettermi di strisciare fuori. Dietro le mie spalle il terreno saliva verso l’alto, e quando cercavo di fare leva continuavo a sbattere la testa contro i detriti. Dopo un paio di tentativi convulsi maledissi di nuovo la bestia. Il cane mi aveva immobilizzato, e la mia giornata non tanto buona si fece del tutto schifosa quando una delle sue enormi zampe affondò dritta nella mia già provata vescica.

    Ehi, signore, perché hai sparato a quel cane?

    La voce sembrava quella di un bambino e, a giudicare dalla silhouette che riuscii a distinguere quando girai la testa di lato, anche la forma era quella di un bambino. Si spostò alla luce, e la figura indistinta si rivelò essere proprio un bambino dalla faccia sporca che indossava un paio di pantaloncini bianchi e una t-shirt sottile. Come quasi tutti i bambini alti più o meno quanto le mie ginocchia, non riuscivo a capire se fosse un maschio o una femmina, soprattutto perché indossava indumenti che sembravano di seconda, terza o quarta mano.

    Ciao. Non sei qui da solo, vero? sorrisi, tenendo nascosti i miei canini da elfo. Denti così affilati non rendono il sorriso caldo e amichevole. Speravo che il ragazzino non si fosse allontanato da un campeggio. L’ultima cosa di cui avevo bisogno mentre trascinavo il cane verso il furgone era occuparmi di un piagnone smarrito, sempre che fossi riuscito a trovare il modo di liberarmi. Mamma o papà sono qui nei dintorni, vero? Ti prego, dimmi che sei fornito di un accessorio più grande di te.

    Sì, noi viviamo proprio laggiù. Lui/lei indicò un punto dietro di noi, verso la cima del crinale. Tutti quanti. Mamma, papà e gli altri.

    C’è qualcuno a casa in questo momento? Magari qualcuno di molto grande che possa aiutarmi a togliermi di dosso questo cane enorme? Una volta qualcuno mi aveva detto di parlare ai bambini come se fossi entusiasta di vederli; mi aveva detto che era più facile convincerli a fare qualcosa quando se lo sentivano chiedere in un tono felice. A tutti i bambini che avessi mai incontrato avevo sempre mentito, ma mentre lo facevo usavo un tono felice. Avrei comprato a quel bambino qualsiasi cosa volesse, anche se sembrava troppo piccolo per lasciarsi corrompere.

    Il papà è grande! Il piccolo umano mi studiò. Più grande di te. E più forte!

    Bene, replicai. Sarei stato felice di perdere una gara a chi riusciva a pisciare più lontano, se questo mi avesse aiutato a riguadagnare la sensibilità nei piedi. Puoi andare a chiamare il papà?

    Jaime! Dove ti sei cacciato?

    Allungando il collo per sbirciare lungo il crinale, ringraziai Iesu e Buddha quando dalla bassa collina sopra di me sbucò all’improvviso un’altra persona, più alta e di fattezze decisamente femminili.

    Mantenni il mio tono di voce felice, ma stavolta cercai di esprimere meno gioia e un po’ più il disperato bisogno di fare pipì. Chi è quella? La conosci?

    È la mamma! Il bambino sorrise felice, agitando le braccia sopra la testa per attirare l’attenzione della donna. Mamma! C’è una di quelle persone con le orecchie a punta! Posso tenerlo? Può dormire vicino alla mia tartaruga!

    LO SAI cos’è che mi manca, ragazzo? Il sangue, disse Dempsey masticando il mozzicone di sigaro che teneva in bocca. È il sangue la cosa che mi manca di più.

    Ricoperto fino ai gomiti del suddetto sangue, lanciai un’occhiata all’umano che mi aveva cresciuto e gli porsi il mio coltello. Così isolata, la casa di Dempsey era un ottimo posto per sbarazzarsi delle carcasse dei cani neri, e la presenza di un ampio tavolaccio con dei canaletti che facevano scolare il sangue in una cisterna rendeva il lavoro ancora più semplice. Se vuoi, è tutto tuo. Avrai pure una gamba malandata, ma le mani ti funzionano ancora.

    Non sei troppo grande perché ti usi per pulirmi il culo. Sputando un residuo di tabacco che gli era rimasto sulla lingua, si issò sul pianale del furgone. E se mi rispondi che è perché ho il culo grosso, ti spacco quel bel faccino con uno schiaffo senza pensarci due volte.

    Era sempre stato un uomo grosso, con lineamenti volgari e un’ostinata barba grigiastra che ricresceva immancabilmente, non importava quanto spesso la radesse. Una missione lungo la costa lo aveva ridotto male, un colpo ben assestato della coda di uno scorpione gigante che gli aveva distrutto una gamba. Nonostante la feroce andatura zoppicante, Dempsey non era cambiato molto, anche se i suoi giorni da Stalker erano ormai finiti.

    A Dempsey dovevo riconoscere una cosa: poteva anche essersi ritirato dagli affari, ma era ancora cattivo come il giorno in cui mi aveva vinto in una partita a carte. Non dubitavo affatto che fosse ancora in grado di farmi il culo, perciò rimasi in silenzio, avendo imparato per esperienza quanto sapesse muoversi in fretta, anche con la gamba storpia. Io sarò anche più forte e più veloce di moltissimi umani, ma Dempsey era più cattivo di chiunque altro avessi mai conosciuto. In genere tenere la bocca chiusa era la scelta più saggia.

    Dopo essersi ritirato, Dempsey aveva cercato un posto dove vivere e si era trovato qualche ettaro di terreno economico a Lakeside. Un paio di malandati container erano stati trasformati con facilità in una grande casa, e dopo essermi bruciato un paio di volte con la fiamma ossidrica avevo imparato come ricavare delle finestre mentre Dempsey saldava i rettangoli di metallo al loro posto. Un paio di mani di pittura e un terrazzino avevano reso l’abitazione quasi accogliente, anche se la rastrelliera delle pistole in cucina minava l’immagine da tranquillo sobborgo che la casa si sforzava di sfoggiare. Avevamo lasciato quasi tutti i cespugli di salvia e la boscaglia che circondavano il perimetro; i rovi formavano una barriera naturale che impediva a qualsiasi animale di aprirsi un varco.

    Ho speso un sacco di tempo e di denaro per darti da mangiare e insegnarti quello che so, ragazzo, mi aveva bofonchiato dall’altro lato del tavolo della cucina, trattenendo un ringhio mentre buttava giù un bicchierino di Jim. Troppo malmesso per continuare a lavorare, aveva dovuto restituire la licenza, e il suo umore oscillava tra pazzo e pazzo ubriaco. È ora che mi ripaghi.

    La professione di Stalker non prevedeva un piano pensionistico, e Dempsey non era mai stato accorto con i soldi. Li aveva spesi quasi tutti in whiskey, poker e donne, perciò, quando fu costretto a ritirarsi dal lavoro, si era aspettato che fossi io a sostenerlo economicamente. Gli davo un terzo dei miei guadagni in cambio di un posto dove bruciare i corpi dei cani neri. Visto che vivevo in città, era un modo più economico di sbarazzarsi di quella carne inutile. L’inceneritore della San Diego Central Works era costoso e spesso veniva chiuso per manutenzione.

    Mi venivano in mente un centinaio di cose che avrei preferito fare piuttosto che trascinare in giro le carcasse scuoiate dei cani neri mentre cercavo un posto dove bruciarle. Sedermi ricoperto di miele su un nido di formiche rosse, per esempio.

    Ne hai fatti fuori quattro, allora? Si avvicinò, ispezionando il grosso maschio alfa che avevo ucciso per ultimo. Bel lavoro, quello. I crani però sono rovinati. Non so perché tu non sia in grado di ucciderli senza distruggere il cranio. In passato uno Stalker si riconosceva per i teschi che aveva collezionato.

    Magari perché preferisco essere vivo piuttosto che avere un trofeo? Se questo ti fa sentire meglio, ho aspettato di averlo a tiro di sputo prima di sparare.

    Trascinare il cane giù dalla montagna non l’aveva reso più piccolo. Anzi, quella cosa sembrava ancora più grossa, e fu quasi impossibile tirarla giù dal pianale del furgone per issarla sul tavolo di Dempsey. Il grosso cane nero gettato sul cemento era l’ultimo. Gli altri erano già stati scuoiati per la taglia, e le carcasse erano impilate in attesa di essere incenerite. Avevo già messo il carbone nella fossa. Dopo averne discusso brevemente con Dempsey, avevamo concordato che non valeva la pena sprecare benzina preziosa per i cani. Sarebbero dovuti bruciare con del buon vecchio carbone Kingston come quelli che li avevano preceduti.

    Ci daranno una buona ricompensa per queste. Fece un cenno del capo verso le pellicce stese sulla griglia, le pelli scorticate coperte di sale per asciugare il sangue residuo. Il Post non richiedeva che venissero conciate, ma a me non piaceva portare pelli in decomposizione in giro per la città, e il sale marino agiva in fretta sulla carne dei cani. Apprezzai che fosse stato Dempsey a occuparsi del sale. La mia pelle era ancora sensibile a causa del sangue acido. Se mi fosse finito del sale sulle scottature sarebbe stato un inferno. Quanto ci daranno? Cinquecento per quelli più piccoli? O magari di più?

    Probabilmente di più, concordai, stringendo la zampa del maschio e praticando un taglio intorno alla spalla. Il Post offre un centinaio a spanna, ormai. Il prezzo è salito la settimana scorsa. Ci sono un sacco di cani in zona. Il Governo della California del Sud sta ricevendo un sacco di critiche per tutti i branchi che vagano sui terreni coltivabili. I morti non pagano le tasse.

    Vero. Questo il Governo preferirebbe evitarlo. Dempsey mi aggirò, evitando la scia di sangue che riempiva i canali di cemento. Alzò una mano per grattarsi il naso. Sussultai e non riuscii a evitare di ritrarmi. Crescere con Dempsey aveva significato che a volte le lezioni mi venivano impartite con pugno pesante oltre che con parole dure, e il mio corpo sembrava ricordarlo per istinto, anche se non ricordavo l’ultima volta che mi aveva colpito.

    Infilando le dita sotto la pelle tagliata, la separai dal corpo del cane nero, ignorando il dolore da bruciatura del sangue sulle mani. Essendo un elfo, sarei guarito dall’irritazione simile a quella dell’edera velenosa pochi minuti dopo aver estratto le mani dalla carcassa, ma faceva comunque male. I guanti erano più un fastidio che altro. Il lattice si scioglieva e si incollava alla carne, mentre i guanti di pelle erano troppo costosi per poterli sostituire ogni volta che si scuoiava un cane. Persino Dempsey, quando si degnava di aiutarmi a scuoiare le carcasse, preferiva lavorare a mani nude.

    Tolta la pelliccia in un unico pezzo, cominciai a smembrare la carcassa. La ricompensa per un cane nero si pagava a spanne, accuratamente misurate dagli impiegati del Post. La ricompensa non era solamente per la pelle, ma anche per l’uccisione. Ricucire una pelle che era stata tagliata significava dover aspettare il denaro mentre il Post stabiliva se la pelliccia proveniva da un unico animale o se era stata ricavata da bestie diverse per ottenere la ricompensa. Cercare di far passare i controlli alle pelli di cane tagliate in maniera strana e prive di una gamba o di una coscia in genere significava la sospensione della licenza.

    Un vero Stalker conosceva tutti i trucchi, ma non li usava mai. Avere una solida reputazione ed essere considerati affidabili e onesti era importante quasi quanto avere una buona mira. Dempsey poteva anche essere uno stronzo, ma non aveva mai ingannato nessuno né aveva mai abbandonato un lavoro a metà. Aveva abbandonato la Caccia a testa alta, e la gente parlava ancora delle missioni che aveva svolto lungo la costa. Oltre a una donna

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