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La miglior fragranza
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E-book380 pagine

La miglior fragranza

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Dopo il successo di In fragranza di reato e Un’indagine fragrante, Raffaella Bossi torna con un’altra esilarante e intricata commedia poliziesca.

Tutti vanno in vacanza, anche i cinque del B&B L’Essenza, soprattutto se c’è da accompagnare Agata, maître parfumeur e padrona di casa, ad Antibes perché candidata a un prestigioso premio. La serata all’albergo più glamour della Costa Azzurra, l’Hotel du Cap Eden Roc, affollata da celebrità, nasi rinomati e produttori di essenze da tutto il mondo doveva essere un momento di trionfo e invece… invece un uomo viene ucciso e Agata incolpata. Il commissario Di Stefano e la PM Burigana si mettono immediatamente all’opera ma, essendo fuori giurisdizione, dovranno accettare l’aiuto dello psichiatra Tiresia, dell'architetto Brambilla e del formidabile Fracas, uniti nel grido tutti per uno uno per tutti. La situazione si complica ulteriormente quando un secondo delitto viene commesso, forse collegato al primo, o forse no. In un'ambientazione da sogno, tra ville sfarzose e mare scintillante, i cinque incontreranno spie al servizio del tricolore, produttori di essenze, i nasi delle maison più famose al mondo e si troveranno coinvolti in situazioni alcune esilaranti, altre estremamente pericolose, nel tentativo di aiutare, seppur non ufficialmente, le autorità francesi che paiono brancolare nel buio.
Mentre il sole d'inizio estate splende su un angolo leggendario della Costa Azzurra, riusciranno i nostri investigatori a svelare gli intrighi e i segreti di un passato lontano che s’intrecciano con il fascino di Antibes?
La miglior fragranza, una commedia poliziesca che vi lascerà con il fiato sospeso fino all'ultima pagina e l’olfatto pienamente appagato.
LinguaItaliano
Data di uscita22 gen 2024
ISBN9791280324405
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    Anteprima del libro

    La miglior fragranza - Raffaella Bossi

    RAFFAELLA BOSSI

    LA MIGLIOR

    FRAGRANZA

    Immagine che contiene design Descrizione generata automaticamente con attendibilità bassa

    EDIZIONI IL VENTO ANTICO

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    About This Book

    Dopo il successo di In fragranza di reato e Un’indagine fragrante, Raffaella Bossi torna con un’altra esilarante e intricata commedia poliziesca.

    Tutti vanno in vacanza, anche i cinque del B&B L’Essenza, soprattutto se c’è da accompagnare Agata, maître parfumeur e padrona di casa, ad Antibes perché candidata a un prestigioso premio. La serata all’albergo più glamour della Costa Azzurra, l’Hotel du Cap Eden Roc, affollata da celebrità, nasi rinomati e produttori di essenze da tutto il mondo doveva essere un momento di trionfo e invece… invece un uomo viene ucciso e Agata incolpata. Il commissario Di Stefano e la PM Burigana si mettono immediatamente all’opera ma, essendo fuori giurisdizione, dovranno accettare l’aiuto dello psichiatra Tiresia, dell'architetto Brambilla e del formidabile Fracas, uniti nel grido tutti per uno uno per tutti. La situazione si complica ulteriormente quando un secondo delitto viene commesso, forse collegato al primo, o forse no. In un'ambientazione da sogno, tra ville sfarzose e mare scintillante, i cinque incontreranno spie al servizio del tricolore, produttori di essenze, i nasi delle maison più famose al mondo e si troveranno coinvolti in situazioni alcune esilaranti, altre estremamente pericolose, nel tentativo di aiutare, seppur non ufficialmente, le autorità francesi che paiono brancolare nel buio.

    Mentre il sole d'inizio estate splende su un angolo leggendario della Costa Azzurra, riusciranno i nostri investigatori a svelare gli intrighi e i segreti di un passato lontano che s’intrecciano con il fascino di Antibes?

    La miglior fragranza, una commedia poliziesca che vi lascerà con il fiato sospeso fino all'ultima pagina e l’olfatto pienamente appagato.

    Serie

    Delitti & Profumi

    Questo libro è un'opera di finzione e, tranne che nel caso di fatti storici, qualsiasi somiglianza con persone reali, vive o morte, è puramente casuale. È stato fatto ogni sforzo per ottenere le autorizzazioni necessarie con riferimento a materiale protetto da copyright, sia illustrativo che citato. Ci scusiamo per eventuali omissioni al riguardo e saremo lieti di rendere i riconoscimenti appropriati in qualsiasi edizione futura.

    A Roberta,

    che tu possa tornare a sorridere

    come quella notte nei mari del Sud.

    Non prendiamoci troppo sul serio.

    Nessuno di noi ha il monopolio sulla saggezza

    Queen Elizabeth II

    PROLOGO

    L’uomo era uscito dal grande salone affollato, con un’occhiata distratta alla terrazza deserta si era diretto a destra, lungo un sentiero che si perdeva nel lussureggiante giardino. Il vociare festoso si era affievolito fino a zittirsi del tutto e allora erano rimaste solo la voce del mare e il frinire dei grilli. La notte era tiepida e l’aria portava il sentore dei fiori che il suo naso esperto aveva riconosciuto, distinguendoli uno per uno. L’iris delicato, la rosa decadente, la lavanda aggressiva e a suo parere troppo simile a un volgare sapone, il glicine evanescente, il pino marittimo resinoso, il gelsomino esuberante e, appena distinguibile, il frangipane evocativo di spiagge assolate. L’uomo, che era solo un’ombra nel buio circostante, aveva guardato l’orologio e constatato con disappunto che l’ora dell’appuntamento era trascorsa da cinque minuti. Aveva sospirato e alzato gli occhi, verso le migliaia di stelle che lo fissavano gelide e brillanti nel cielo terso. Senza che l’animo fosse neppure sfiorato dal mistero celeste, aveva cercato le costellazioni conosciute. L’Orsa Maggiore, quella Minore, la cintura di Orione, Cassiopea, Draco e un rumore di passi leggeri sul ghiaietto del sentiero lo aveva distratto. Si era girato e aveva riso, una risata di scherno, cattiva e insolente.

    Allora, cos’hai da dirmi?

    Vai all’inferno e il colpo era arrivato improvviso.

    Le stelle lo fissavano sempre gelide e brillanti nel cielo terso e il suo ultimo pensiero era stato: forse, dopotutto mi sono… e la sua anima si era dileguata, come una stella cadente nel buio dell'eternità.

    1 IL PRINCIPIO

    Villa Carlotta si ergeva nel mezzo di una proprietà di oltre quattro ettari. Bianca, imponente e maestosa, ma al contempo intima e accogliente, rappresentava l'essenza di un'epoca perduta.

    Era stata il sogno di Augusto Belfiore, nato negli anni Settanta del milleottocento, uomo ambizioso, tanto ambizioso che, fosse nato un secolo dopo, sarebbe stato un caso clinico di ossessione al successo.

    Figlio di un operaio in una piccola tessitura, all'età di cinque anni aveva visto passare una carrozza con a bordo una famiglia di ricchi milanesi diretti alla residenza di campagna dove avrebbero trascorso i mesi estivi. La voglio, aveva esclamato a voce alta e la madre, che lo teneva per mano onde evitare che il suo primogenito venisse arrotato, l’aveva sgridato con veemenza dicendogli che certi grilli era meglio che se li levasse subito dalla testa. Ma Augusto, testardo come un mulo, aveva ripetuto che la voleva, la voleva e la voleva, fino a che gli era arrivato uno schiaffone. Allora se n'era stato zitto, ma aveva continuato a pensare che un giorno avrebbe avuto anche lui una carrozza.

    Nel giro di trent'anni il sogno si era avverato e, oltre ad avere diverse carrozze, aveva perfino un'automobile, una moglie, figlia unica del notaio Pallavicini, cognome che attaccò al suo, e due figli, maschio e femmina, in cui riponeva grandi ambizioni. Qualche anno prima che il secolo diciannovesimo tirasse le cuoia aveva comprato un terreno coltivato a viti e ortaggi. Varese aveva pensato che i signori Belfiore Pallavicini volessero mangiare cibo da loro prodotto, ma nella testa d'Augusto un progetto era già bello che pronto, doveva solo farlo disegnare. Aveva contattato l’architetto più quotato dell’epoca, Giuseppe Sommaruga, l’aveva rivestito d'oro, e Villa Carlotta, chiamata così in onore dell'amata sposa che aveva trascurato per tutta la vita essendo lui in primis sposato col lavoro, aveva emesso il primo vagito.

    Più che un vagito era stata un'orchestra di dieci elementi che a suon di valzer e quadriglie aveva inaugurato quella che era stata definita la più bella villa del tempo.

    Alla morte di Augusto negli anni Trenta, la casa era passata nelle mani del figlio Rodolfo per arrivare alla sua unica figlia, chiamata Carlotta in onore della nonna. Erede di un'industria tessile che dava lavoro a più di trecento operai e fatturava l'equivalente moderno di un centinaio di milioni l'anno, la giovinetta era stata il bersaglio di corteggiamenti spietati e tentativi di raggiro spudorati, che lei aveva dribblato con l'eleganza di Pelé e la supervisione di un avvocato messo a lavorare, su ordine di suo padre, proprio sui curriculum degli aspiranti mariti.

    Infine, il candidato perfetto era arrivato, un notaio milanese che s'intendeva di patrimoni, avendone ricevuto lui stesso uno in eredità. A metà del ventesimo secolo, dopo che Villa Carlotta era stata ristrutturata da cima a fondo, la coppia vi si era trasferita e lì aveva vissuto felicemente per una lunga e proficua vita. Violetta, l'adorata figlia unica, però, non aveva alcuna intenzione di seguire la strada già tracciata per lei, voleva viaggiare, conoscere altre culture. Così, dopo la laurea in lingue era partita per Londra dove aveva incontrato Carlo Alberto Cristiani, se n’era innamorata e lo aveva sposato, seguendolo in giro per il mondo mentre il giovane diplomatico scalava la gerarchia. Mogadiscio, Nuova Delhi, Istanbul, dove era nata Agata, la loro unica figlia, poi Giacarta, Città del Messico, Dar El Salam, Londra, Washington e Singapore, dove l'ambasciatore attualmente risiedeva.

    Carlotta Belfiore Pallavicini aveva continuato a vivere nella villa omonima anche dopo la morte del marito e, giunto il momento di fare testamento, da donna pratica e dispotica, aggettivo che nessuno avrebbe mai osato attribuirle a voce alta, decise che a Violetta, la figlia che non aveva alcuna propensione a una vita stabile, soprattutto in provincia, avrebbe lasciato il patrimonio. La villa, invece, sarebbe andata all’amata nipotina.

    Il giorno dell’apertura del testamento il notaio aveva letto testuali parole.

    Agata, non potrai sempre lavorare per altri, prima o poi dovrai tornare in Italia e aprire la tua maison, quindi avrai bisogno di una casa. Per questo ti lascio Villa Carlotta e un fondo per gestirla. Quando tua madre morirà, e a quel punto la sofisticata e poco diplomatica moglie dell'ambasciatore aveva fatto gli scongiuri, riceverai il resto. Ricordati che nel tuo sangue scorre il sangue dei Belfiore Pallavicini e noi non perdiamo mai.

    Illustrazione D'annata Disegnata a Mano Della Bottiglia Di Profumo Di ...

    A quel tempo Agata Cristiani, maître parfumeur diplomata all'Isipca, l'università del profumo parigina, aveva già lavorato sei anni per Dior e altri tre per Hermès ed era in procinto di cambiar vita. Era stanca di fare il secondo violino, nel suo caso il secondo naso, voleva decidere da sola quali essenze usare, come abbinarle e, soprattutto, voleva che i profumi che creava portassero il suo di nome, non quello di un altro.

    Aveva lasciato Parigi, comprato un cucciolo di boxer che aveva chiamato Fracas, in onore dell'omonimo profumo creato da Germaine Cellier per la Maison Robert Piguet, e si era trasferita a Varese, a Villa Carlotta. Una sostanziale ristrutturazione aveva assottigliato il fondo lasciatole dalla nonna. Poiché Agata si considerava una donna che viveva di risparmi in attesa di realizzare il proprio sogno, aveva adibito il giardino d'inverno a laboratorio, tenuto per sé un salotto, due camere e due bagni e il resto, vale a dire quattro camere e rispettivi servizi, cucina, salone e parco lo aveva trasformato in un bed and breakfast.

    L'idea le era stata suggerita dal titolare dello studio Brambilla e associati che aveva seguito i lavori di ristrutturazione. L’architetto, deciso a cambiare aria e allontanarsi, ma non troppo, dalla sua amata Milano, in quel momento faceva il pendolare, avanti e indré, diceva lui, che col traffico era una guerra tutti i giorni.

    Signora Cristiani, le aveva detto un po' per ridere e un po' sul serio, se fa un bed and breakfast, di sicuro guadagnerà quanto basta per mantenere la villa in condizioni ottimali. Intanto io mi propongo come primo cliente.

    Difatti, un mese dopo che le pratiche burocratiche, sanitarie e salamadonna cos'altro, erano state espletate dal Brambilla in persona, il suddetto era arrivato con le proprie valigie e si era installato nella camera blu dell'Essenza, un nome non proprio originale, ma di certo adatto ad Agata.

    Dopo una settimana, era arrivata Roberta Burigana, sistemata nella camera rosa. La donna, giudice in carriera, aveva lasciato il tribunale di Firenze pur di allontanarsi dal coniuge che codardamente le aveva scritto su un post-it sai, non sono certo di amarti come prima. Lei, da donna decisionista, si era organizzata e dopo tre mesi aveva risposto con lo stesso mezzo: io invece sono certa di disprezzarti profondamente.

    Poi la camera verde era stata occupata da Nicola Di Stefano, commissario di polizia che, dopo aver girovagato per le questure di metropoli dove il crimine non dormiva mai, aveva deciso di chiedere il trasferimento dove la mala vita non soffriva d'insonnia.

    Infine era arrivato Giacomo Tiresia a prendere possesso della camera gialla dopo aver vinto il concorso per il posto di primario in psichiatria all’ospedale di Varese. Romano da generazioni, ne aveva piene le tasche della capitale, del rumore costante, delle orde di turisti e anche dei romani stessi, quindi si era deciso a cambiare aria e a salire al nord.

    Gli inquilini dell'Essenza avevano in comune solo il fatto che la permanenza nel bed and breakfast sarebbe stata limitata al tempo di trovarsi una casa dove andare a vivere.

    Col senno di poi si può ragionevolmente affermare che i quattro non avessero le idee ben chiare. Difatti, nonostante nel servizio fosse prevista solo la colazione, dopo due mesi si erano ritrovati a cenare insieme tutte le sere, dopo tre mesi trascorrevano le domeniche a casa e dopo quasi quattro anni erano a tutti gli effetti una grande famiglia. Agata, che nel frattempo aveva aperto la Maison Cristiani e prodotto profumi che erano diventati dei successi, non avrebbe più avuto bisogno di gestire un bed and breakfast, ma non poteva più nemmeno immaginare una vita senza i suoi inquilini.

    2 LA CANDIDATURA

    Maggio si era fatto attendere tra acquazzoni, temporali e giornate uggiose che avevano nascosto i preparativi. Poi, era arrivato di soppiatto. Le magnolie e gli oleandri si erano ricoperti di boccioli, l’erba del prato si era infoltita tra le pozzanghere e il fango, il gelsomino aveva allargato il suo dominio e le ortensie si erano gonfiate pronte a esplodere in un tripudio di corolle colorate. Quel giorno, se i raggi del sole avessero potuto suonare, avrebbero di certo eseguito una marcia trionfale per avvertire la natura che era il gran momento, si poteva fiorire, germogliare e infestare in pompa magna.

    Fabrizio Brambilla guardava il parco e la piscina dai vetri della serra di Agata. In realtà era un giardino d’inverno, attrezzato a laboratorio di un naso. Infatti, tra due palme di banane alte quasi due metri, era piazzato l’organo. Non quello da chiesa, ovviamente, ma quello dove essenze e oli essenziali erano disposti come le canne del suddetto strumento musicale così che il maître parfumeur le potesse prendere a colpo sicuro, come un musicista trovava le note senza bisogno d’occhi.

    «Agata» chiamò l’architetto e quella per poco cadde dalla sedia.

    «Fabrizio, che spavento! Stavo provando un nuovo connubio. Secondo te il muschio bianco, il sandalo e lo zafferano andrebbero d’accordo con un pizzico di verbena?»

    Agata viveva con la testa tra i profumi, niente poteva distoglierla per più di qualche momento dal suo mondo, nessuna vicenda umana sembrava riuscire a richiamarla sulla terra sufficientemente a lungo per scalfirla. Non era mancanza di sensibilità, perché la donna provava empatia per qualunque essere vivente, dalle piante in su. Era genio, puro e semplice genio. L’avevano riconosciuto Christine Nagel, naso di Hermès, Jean Claude Ellena, il suo predecessore, e François Demachy, capo della Maison Dior. Quell’italiana nata a Istanbul e cresciuta in giro per il mondo al seguito dei genitori in carriera diplomatica aveva un olfatto superbo e una creatività senza confini. Va da sé che quando seppero che la Maison Cristiani era nata non poterono che dirsi: Maintenant c'est la galère!

    Ovvero: mo’ so’ cazzi!

    «Agata, cosa vuoi che ne sappia? Per me un sandalo e quello che ti metti ai piedi, ti puoi immaginare che odore mi venga in mente?»

    «Fabrizio, sei di coccio? Agata ce lo ha detto mille volte che il sandalo è un albero originario dell’India dal cui legno si ricava un olio essenziale» lo istruì la Burigana che portava un vassoio con tazze da tè.

    «Brava, Roberta!» Il Naso batté le mani entusiasta. «Lo estraggono anche dalle radici, decisamente più potente, ma difficile da miscelare.»

    «Come il nostro architetto con il politically correct» se la rise lo psichiatra che tallonava la PM con la teiera.

    «Frega niente del correct, dutur, il Brambilla ti dice le cose come stanno, anzi, metti giù l’ambaradan che oggi è la giornata giusta per aprire le vetrate e mi serve una mano.»

    Il Tiresia sospirò e si preparò di buon grado a essere schiavizzato dall’architetto che quando diceva facciamo intendeva subito, anzi per ieri.

    Fracas si alzò dal cestone e iniziò ad abbaiare furiosamente un attimo prima che il citofono suonasse.

    «Vado io» si offrì la Burigana e quasi si scontrò con Di Stefano appena arrivato.

    «Lascia stare, Roberta, andiamo io e Fracas, così ci facciamo due passi che devo sbollire.»

    «Giornata pesante?» la PM ormai procuratore capo di Varese.

    «Conosci il questore, quindi puoi immaginare», il commissario a capo della Sezione Omicidi.

    «Dai, dai, vai a ritirare la posta che poi vieni qui ad aiutarci che apriamo una delle vetrate», lo schiavista.

    «Ottimo, se sei di cattivo umore, mi dai una mano col postino», il cane.

    Il postino aveva pensato bene di svignarsela dopo aver lasciato una busta infilata nella cassetta delle lettere.

    Di Stefano la prese e se la rigirò tra le mani: era per Agata e arrivava da New York.

    «Pare una cosa ufficiale» disse a Fracas che annusava come un forsennato il cancello.

    «Cosa vuoi che me ne freghi? Qui è passato di nuovo quel bastardo del gatto» e giù un’altra sniffata.

    «Dai, torniamo su che ci aspettano» e tornò alla serra, rimirando la busta gialla, di carta pesante e all’apparenza costosa.

    Fracas sparì seguendo quell’odore che lo mandava su tutte le furie.

    «Tieni, Agata, per te» e si chinò per baciarla sui capelli approfittando dell’assenza del boxer che non vedeva di buon occhio quelle smancerie. Di norma, per poterlo fare avrebbe dovuto mollargli almeno un paio di biscotti.

    «Grazie, Nicola» e il Naso gli accarezzò una guancia. Con questo, di sicuro, gli avrebbe abbaiato fino a che non si fosse allontanato.

    «Dai, allora, vieni qui o no?» l’architetto lo chiamò al dovere, ma il commissario riuscì a fare solo un paio di passi prima che l’urlo lo fece precipitare al fianco della donna del suo cuore.

    «Che hai? Non ti senti bene?»

    «È successo qualcosa?» la Burigana.

    «Agata, respira profondamente», lo psichiatra.

    «Uè, fa minga scherzi, devo chiamare l’ambulanza?» l’architetto.

    Il Naso li guardò, occhi spalancati e lettera stretta al petto. Fracas, appena rientrato dalla caccia, capì immediatamente la gioia della sua padrona e le saltellò intorno abbaiando festoso.

    «Non posso crederci, non posso crederci» ripeté.

    «Allora, ti decidi a dirlo o dobbiamo fare richiesta in carta bollata?» Il Brambilla non era uno dotato di grande pazienza, in più si era pure spaventato e questo peggiorava il nervosismo.

    «Sono stata candidata a uno dei TFF Awards!» quasi urlò.

    «Bravissima, Agata», la Burigana fu la prima a congratularsi ma anche a esprimere il pensiero collettivo. «Che cos’è il TFF Awards?»

    «Non lo sapete?» e il Naso rise, la sua risata argentina che metteva allegria e riduceva Fracas e il commissario in uno stato di demenza. «The Fragrance Foundation, la fondazione più influente al mondo per quel che riguarda i profumi. Mi hanno candidata con L’Assassin al premio miglior profumo delle nuove maison, non è meraviglioso?»

    Alla notizia, i coinquilini dell’Essenza, che avevano vissuto in prima persona la ricerca spasmodica delle note di testa, di cuore e di coda della prima creazione di Agata, non poterono che gioire con lei.

    «Quando si terrà la premiazione?» chiese il Tiresia.

    «Il sette giugno ad Antibes» rispose sognante la maître parfumeur.

    «Giugno ad Antibes?» ripeté la Burigana con occhi brillanti.

    Ci fu un giro di sguardi e, come se la convivenza li avesse resi veggenti dei pensieri gli uni degli altri, sorrisero.

    «Veniamo anche noi» risposero tutti, Fracas compreso, all’unisono.

    «Davvero? Fareste questo per me?» Il Naso si commosse.

    Di Stefano le mise un braccio intorno alle spalle, il boxer s’intrufolò, ma lui riuscì a baciarla sulla guancia. «Siamo una squadra, no?»

    «Ci penso io!» l’architetto aveva già il cellulare in mano. «Ci prendiamo quindici giorni di vacanza, dal cinque al venti giugno, affittiamo una villa, so già chi chiamare, e tac! Portiamo a casa il premio e ce la spassiamo.»

    Agli altri non restò che segnare le date sul calendario con la dicitura: Costa Azzurra.

    3 LA PARTENZA

    A dieci giorni dal ricevimento della candidatura di Agata e a cinque giorni dalla partenza tutto era stato perfettamente organizzato. Il Brambilla si era fatto carico di tutto e non perché glielo avessero chiesto, ma semplicemente perché lui era fatto così. Nonostante in apparenza fosse completamente privo di diplomazia, fissato con la velocità del fare e passare ad altro, chiassoso, irruento e incline a rabbie tanto improvvise quanto effimere, l'architetto aveva un cuore grande come una magione, con dependance, campi da tennis, piscina, spa e scuderie.

    Per prima cosa aveva chiamato una cliente che aveva una casa proprio ad Antibes, le aveva detto che sarebbe stato lì in vacanza. Quella, che aveva visto cosa lo studio Brambilla aveva realizzato con la serra di Agata Cristiani, lo aveva praticamente costretto ad accettare la proposta di stare proprio a casa sua, così avrebbe avuto tutto il tempo che voleva per buttar giù due progettini perché era tempo che cambiassero qualcosa. Ma non sarò solo, aveva obbiettato lui. Porta chi vuoi, basta che mi progetti un giardino d'inverno come quello dell'Essenza, aveva risposto lei. Per premiare tanta buona volontà, l'architetto le aveva promesso che Agata in persona avrebbe scelto le piante con cui arredarlo.

    Quindi, archiviato il problema dell’alloggio, era passato al mezzo di trasporto. Cinque persone e un boxer riuscivano a infilarsi solo nella Range Rover della padrona di casa, a meno che Fracas viaggiasse in braccio, ma tenuto conto che pesava oltre quaranta chili accantonò l'ipotesi. Restavano i bagagli. Quelli non ci sarebbero stati, a meno che tutti portassero solo lo spazzolino da denti, dentifricio da dividere fraternamente. Ma il Brambilla non era diventato quell'architetto di successo che era se non fosse stato un uomo in grado di risolvere ogni problema che capitava sulla sua strada. Le complicazioni lo mandavano in bestia, perché rallentavano la tabella di marcia e lui non aveva tempo da perdere, boia! Il tempo è denaro e non è che uno può sprecarlo in quisquiglie quindi ci pensò per un pomeriggio, chiamò un corriere e tac! Problema risolto. Il giorno prima della partenza, una ditta di trasporti internazionali sarebbe passata a recuperare i bagagli di tutti e li avrebbe consegnati alla villa ad Antibes. Il portinaio avrebbe provveduto a riceverli, del resto, uno può avere una villa in Costa Azzurra e non avere un concierge? Per la cronaca, il titolare dell'azienda era un soddisfatto cliente dello Studio Brambilla, va da sé che il costo del trasporto sarebbe stato pagato con una visita dell'architetto alla sede perché avevano bisogno di un suo parere professionale su come abbellire dei capannoni.

    Per finire parlò con Anna e Anna, che non era una donna con problemi di gestione dell'ego, ma due ragazze che in cambio dell'affitto di una piccola serra, costruita dal nonno di Agata per coltivare orchidee, si occupavano delle pulizie all'Essenza. Era stato lui a fare da tramite tra le due, che avevano il sogno di aprire un negozio specializzato in composizioni floreali, e la padrona di casa, che invece cercava qualcuno di fidato cui affidare la gestione spicciola del bed and breakfast. Un ottimo scambio che aveva lasciato tutti soddisfatti. Anna e Anna furono felicissime di occuparsi di ogni cosa, comprese le preziose piante del Naso.

    Quando tutto fu pronto, l’architetto mise al corrente gli altri e attese di sapere cosa ne pensassero.

    «Vuoi venire a lavorare in procura per organizzare il lavoro?» aveva commentato la Burigana che pure a organizzazione non scherzava.

    Di Stefano, Agata e Fracas, le cui crocchette avrebbero viaggiato con lui, lo fissarono a bocche e barbogie spalancate fino a che il Naso gli buttò le braccia al collo e gli scoccò un bacio su una guancia.

    «Tu es magnifique, mon cher ami

    Il commissario e il boxer borbottarono in silenzio.

    Lo psichiatra gli mollò una manata sulla spalla e sogghignò. «Oh, ma sei un talento dell'economia di scambio! Fosse per te potremmo pure stracciare i soldi.»

    «Bravo, dutur, va che il favore è la moneta di scambio migliore.» Si fermò come se un pensiero improvviso gli avesse attraversato la mente. «La moglie di un mio cliente è un po' esaurita, così dice lui, ma per me è sempre stata una cacagazzo. Comunque, gioca a golf, per cui la puoi incontrare facilmente.»

    «E che devo farci, scusa?»

    «Non devi farci niente, Giacomo» e roteò gli occhi impaziente. «Devi suggerire dall'alto della tua scienza che un progetto di ristrutturazione della casa le farebbe bene e le risolleverebbe il morale.»

    «Fabrizio, non credo sia professionale» commentò la Burigana.

    «Forse nemmeno legale» aggiunse Di Stefano.

    «Uè, testine, è il marito che vuol ristrutturare, non è che l'ho costretto io e poi non si dice mica che quando uno è depresso deve trovarsi qualcosa da fare?»

    «Te, Brambilla, ne sei la prova vivente» rise il Tiresia, primario di psichiatria e docente di cattedra della materia. «Se la depressione t'incontra, scappa a nascondersi. Ma va bene, dimmi come si chiama e se la incontro sul campo da golf ci faccio due chiacchiere, ma non ti prometto nulla.»

    Il Brambilla era fatto così, conosceva tutti, faceva favori a tutti e da tutti ne riceveva.

    Illustrazione D'annata Disegnata a Mano Della Bottiglia Di Profumo Di ...

    La mattina della partenza la sveglia suonò alle sei. Tempo di un caffè, e di una pipì in giardino, ed erano pronti. La macchina era di Agata, quindi si mise lei alla guida, il Brambilla al suo fianco. Dietro, da destra a sinistra, Di Stefano, la Burigana e il Tiresia.

    «Io non farei guidare la mamma, si distrae troppo» abbaiò Fracas, felice di avere vicino un sacco delle proprie crocchette.

    Dopo dieci minuti, non erano ancora usciti da Varese. Il Naso, che pensava alle serre di Grasse dove avrebbe comprato alcune essenze, aveva sbagliato strada due volte.

    «Ve l’avevo detto» sottolineò il boxer.

    Imboccata l'autostrada, tirarono dritti senza intoppi fino a Gallarate, ma non presero l'uscita giusta e dovettero tornare

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