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CARENE AD ARIA

Ridurre i consumi, migliorare le prestazioni: le soluzioni per perseguire questi obiettivi su una barca sono molteplici.Tra queste, la soluzione di interporre dell’aria fra la superficie di carena e l’acqua, al fine di ridurre la resistenza d’attrito, è uno degli espedienti più intuitivo e conosciuto ma, al tempo stesso, di non facile realizzazione pratica. Prima però di esaminare alcune delle soluzioni ideate per questo scopo, iniziamo con il capire perché, interponendo l’aria fra l’acqua e una superficie, l’attrito viene ridotto. L’aria, oltre ad essere un fluido circa 1.000 volte meno denso dell’acqua, è anche un fluido molto meno viscoso dell’acqua, caratteristica fisica che permette un più facile scorrimento di un oggetto attraverso il fluido stesso.Tale facilità di scorrimento è tecnicamente indicata come minor attrito o, più precisamente, minor attrito viscoso, cioè quel particolare tipo di attrito che caratterizza il moto dei fluidi (vedi box di approfondimento). Per meglio comprendere il fenomeno basta immaginare uno stesso oggetto immerso non nell’acqua ma nel miele, un fluido dolce e gradevole ma molto più denso e viscoso dell’acqua: è facile intuire che sarà molto difficoltoso farlo scorrere poiché l’attrito dovuto alla elevata viscosità sarà enorme. Se allora, tornando alla nostra carena, cioè la parte dello scafo a diretto contatto con l’acqua, in qualche modo si inserisce dell’aria tra superficie e acqua, lo scorrimento di quest’ultima sulla superficie di carena sarà facilitato e si otterrà quello che in gergo è definita una “lubrificazione” ad aria. D’altronde la lubrificazione altro non è che l’interposizione di una sostanza “lubrificante” che riduce l’attrito tra due superfici che scorrono reciprocamente. Precisiamo però una cosa: comunemente, quando si parla di attrito, le superfici che scorrono reciprocamente sono quelle di due corpi solidi. Nel caso di fluidi il fenomeno è un po’ più complesso ma possiamo semplificarlo ed

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