SOCIAL delle nostre brame
e giovani generazioni non hanno memoria storica, perché non hanno nulla da chiedere al passato. I nativi digitali hanno tutto e ogni aspetto della loro vita è attentamente studiato,, un documentario del regista Jeff Orlowski prodotto per Netflix. In pieno secondo lockdown e con le sale cinematografiche chiuse, vi raccontiamo perché dovreste vederlo. Orientato su due binari paralleli, narrazione filmica e interviste documentaristiche a personalità del mondo della progettazione social, il film del regista americano si configura come una denuncia al ruolo dei social nel vivere quotidiano. Nulla di nuovo, se non fosse per le personalità chiamate in causa. Questa volta a raccontare i pericolosissimi meccanismi di programmazione, basati sulla manipolazione dell’individuo con lo scopo di generare profitti, sono proprio coloro che hanno dato il via a questa preoccupante evoluzione tecnologica, e che oggi non riescono più a controllare. Da una parte le dinamiche di una famiglia americana irrimediabilmente compromessa dall’uso quotidiano dei social, dall’altra le interviste ai maestri della persuasione, ci restituiscono un quadro decisamente inquietante. Orlowski ha il merito di soffiare sul fuoco delle accuse a chi genera profitto servendosi delle debolezze della psicologia umana. Ma c’è anche l’altro lato della medaglia da tenere in considerazione. I temi affrontati in riguardano le implicazioni etico-sociali sull’utilizzo fuori controllo delle tecnologie in ogni aspetto della vita quotidiana. Non solo marketing, quindi, ma un vero e proprio bombardamento di informazioni attraverso cui veicolare messaggi volti a manipolare le decisioni di milioni di cittadini. È così che si alimenterebbero le macchine di propaganda; è così che si influenzerebbero le scelte elettorali; è così che l’uomo diventerebbe acquirente e merce di scambio allo stesso tempo. Spazio quindi a privacy, cyberbullismo, condizionamento sociale. Gli spunti sono infiniti e quanto mai attuali, ma è proprio in questa sovrabbondanza di grandi “dilemmi” del mondo contemporaneo affrontati con parziale superficialità che risiede il difetto della pellicola di Orlowski. Nonostante tutto, sempre meglio una voce critica in più.
