Pochi giorni prima che il mondo entrasse in lockdown, Willow Smith si era chiusa per 24 ore in una scatola di sei metri nel Museo di Arte Contemporanea di Los Angeles. Lo aveva fatto in nome della performance art, invitando gli ospiti a guardare silenziosamente attraverso un vetro ciò che lei e Tyler Cole, suo consueto collaboratore musicale, attraversavano descrivendolo come gli: «Otto stadi dell’ansia». Molti ricorderanno la pandemia di COVID-19 come il momento in cui la nostra salute mentale collettiva è stata sconvolta. Ma per la più giovane e unica figlia femmina degli attori Will Smith e Jada Pinkett Smith, l’inaspettato periodo di caos che ha definito il 2020 sarà stato il momento cruciale in cui finalmente ha imparato a gestire efficacemente i diversi aspetti delle sue ansie.
L’installazione di Smith al MoCA ha coinciso con l’uscita di un album insieme a Cole, intitolato “The Anxiety”, uno sforzo lungo dieci canzoni in cui il duo ha lavorato sulle rispettive storie personali in rapporto al disordine. Con quella exhibition la cantante ventenne voleva aumentare la consapevolezza in merito all’ansia; eppure non aveva idea di quanto quell’esperienza sarebbe stata personalmente catartica. A un anno di distanza riflette oggi su quel giorno di “subbuglio emotivo”. La dilatazione del tempo