Elia Bonacina curvature in giunco, design e ecologia, ‘le cose non si buttano, si aggiustano’
«Faremo un viaggio a ritroso» dice Elia Bonacina – sono le due del pomeriggio, siamo in macchina, appena usciti da un ristorante dell’alta Brianza, quella che si conosce meno, capace di far convivere produzione, artigianato, industria, ma anche paesaggio, natura e borghi storici – «per farti vedere il futuro». Non c’è architetto che non intercetti il patrimonio di arredi in giunco di Bonacina. Non ero mai venuto a vedere dove li producevano, e come – in un capannone industriale appena acquistato dall’azienda di famiglia. In uno spazio centrale campeggiano poltrone e divani in midollino freschi di produzione. Un ordine che stanno portando a termine per un albergo in Francia. «Sono differenti da quelli che trovi in catalogo, nascono apposta per quella struttura. Cinquecento pezzi unici. Cinque mesi di lavoro, mettendo a regime almeno cinquanta persone».
Non capisco perché questa ex fabbrica metalmeccanica si possa considerare il futuro. Per ora vedo solo che vi state allargando, il che è ovviamente una buona notizia. . Mi mostra uno spazio sulla sinistra. Otto postazioni attrezzate. mi spiega Elia . Un. Trasmettere la propria conoscenza la nobilita. È quella cosa che io chiamo l’intelligenza delle mani: la cultura è anche tecnica del corpo, artigianato, prodotto finito, non solo elaborazione teorica.
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