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Quei soliti idioti
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E-book101 pagine1 ora

Quei soliti idioti

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“Quei soliti idioti” è un’ironica intervista sulla professione di "stylist", colei che spoglia e riveste gli attori, narrata attraverso i retroscena, con aneddoti e informazioni utili sul magico mondo dello spettacolo. Un dietro le quinte dissacrante e irriverente che svela trucchi e segreti del mestiere. Il titolo è un omaggio alla commedia all’italiana, rappresentando in modo satirico e grottesco la vita quotidiana di un italiano normale su un set, tratteggiando stereotipi e debolezze, angherie e discriminazioni. Uno squarcio su un ambiente protetto, quello della creazione d’immagini, che in realtà ci circonda: per strada, in tv, al cinema, su internet, ovunque. Nella seconda parte L’ABBECEDARIO DELLO STYLING analizza in modo non solo tecnico le figure professionali, i ruoli, le conoscenze, insomma come funziona il mestiere di stylist.
LinguaItaliano
EditoreNobook
Data di uscita30 gen 2012
ISBN9788890668708
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    Anteprima del libro

    Quei soliti idioti - Desirée Sibiriu

    designer.

    ANTEFATTO

    LEI – Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra.’ – IO – Che stai a dì? Mangia come parli, anzi, parla come mangi, eheh. – IO – È il Gattopardo, me lo sono scritto sul telefono per ricordarmi che ‘tutti quanti amma murì (Ndr: www.napoletano.info traduttore) ‘. Corri che perdiamo il verde. Ecco. Come non detto. – Ci blocchiamo al semaforo ansimanti, la mattinata non si presenta delle migliori. Vedersi tra amiche per finire nella filosofia spicciola sui grandi sistemi e lamentarsi delle solite disgrazie lavorative. IO – Ecco, una merda. – LEI – Dove? Scherzo, la situazione è triste. – IO – Ti offrirei un cappuccino, se avessi i soldi, ma sai come va... – LEI – So come va, anche per me. A furia di tirare la cinghia prima o poi si spezza. – IO – Cosa, la cinghia o la schiena? – E mentre il verde per due solite idiote come noi non arriva mai ecco, l’apparizione: DUE CULI ENORMI. LEI – No! – Vedo la mia cara amica sbiancare. IO – Ehi, tutto bene? – LEI – Quei due deretani sono loro, i miei Styling! – IO – Ma cosa dici? Quali culi? Quel regalo sociale alle nuove coppie così tanto odiate dai fan della chiesa? Un culo tira quanto un pelo... Sai che circuito e che leccate? – LEI, senza ascoltarmi – Ti giuro! Intramontabile mercatino di Sinigallia del sabato la giacca blu il doppiopetto Ottanta in fresco lana con bottoni dorati, simbolo del faccio-ma-non-sono, variante del vorrei-ma-non-posso. I pantaloni erano suoi, scelti insieme (dei chino color cammello per accentuare la sensazione del frequentatore di nightclub che crede di essere elegante-sportivo sdrammatizzando la giacca importante ammiraglia con un pantalone dal senso non troppo jeans ma neanche gelataio, no a quelli quasi ghiaccio, troppo capitano di marina)... E quel gilet... porta Ticinese prima che Surplus chiudesse. Un dramma, Ticinese assediata e sconfitta dai franchising e dai kebab. E i jeans? Per forza, stesso storico negozio, uno stile. Importante diventa saperlo prevedere, lo stile. Anche la camicia, la stessa! – Quei due sederi spiaccicati sulla fiancata del tram scorrono, noncuranti e strafottenti, di sicuro contenti di esibirsi a tutta la city. La famigerata visione se ne va e restiamo impalate al semaforo. IO – E quindi? – LEI – Quindi? – IO – Quindi pensavo che certe cose bisogna avere il coraggio di dirle, perché a volte risulta vitale proprio dirle le cose. Per non rischiare di ammalarsi! Lo sai che si somatizzano le robe brutte? Se non affronti il rospo, ti resta sul groppone e poi ti si ingrossano le tonsille, chiamiamole così, e esplodi e ti viene il cancro. – LEI – Non ce le ho più, le tonsille. E spero di non ereditare il cancro. – IO – Già... già esplose? –

    Vivere i set, lo ami, o lo odi. E col rimpianto che LEI ha, sono sicura che non lo odia. Sicura... sapevo a che chiederglielo non mi avrebbe detto nulla, quindi, quale arma migliore dei ricordi? M sbaglio e gliela vendo male: – E se raccontassi la cosa, che ne so, la scriviamo... così elabori il lutto – LEI – No. – IO – Ti faccio qualche domanda e tu mi dai qualche risposta, come Marzullo, di che hai paura? – LEI – Dovrei? – IO – Forse, tuttavia devo preparare un esame per... sociologia, la prof è una persona super carina ma io non so da dove iniziare... e forse non faccio più neanche in tempo a consegnare... Tanto non ti conosce, dai... Non devi apparire per forza. – LEI – Ma io cosa c’entro? Non ho capito... – IO – La professoressa mi ha chiesto di analizzare dei mestieri, e la Stylist mi sembra fico e mi sbatto poco, mi racconti tu del mestiere. Un manuale, o intervista, un vademecum forse, chiamalo come preferisci. Cosa ti costa? Non preoccuparti, mi fai un favore, tanto i meriti me li prendo io, eheh! – LEI – Stai per caso cercando di convincermi non offrendomi dei soldi? Ottima strategia. – IO – Eccerto! Mica sono Marzullo! Ma figurati. Ma senti, come mai vuoi chiudere con il mestiere della Stylist, o Costumista, o come si dice? – LEI – Se parti col confondere i mestieri, non ci siamo. E poi non ne voglio parlare. – Come dice la psicologa, bisogna saperle tirare fuori le cose. E la parola aiuta, la scrittura peggio. Se penso a Virginia Woolf a Dostoevskij, Agota Kristof e Ian McEwan, Stephen King no? E a qualsiasi scrittore, e scrittorucolo, genio e aspirante, come la maggior parte, che hanno i famigerati libri nel cassetto nel loro blog, la scrittura come la miglior cura e ogni libro autobiografico, ovvio, perché tratta di cose proprie conosciute, di necessità, mostri, apparenze, punti di vista, buchi neri, siano di fantasia che d’esperienza. Si vive in realtà parallele che sono sempre traduzione di altro e quindi non lo stesso. Noi non siamo mai lo stesso ma siamo sempre uguali, in fondo. Ho sempre pensato fosse una domanda idiota, come quei soliti idioti che te la fanno. E sono sicura che avrei risposto in modo idiota, idiota quale sono. IO – Mi sento un poco idiota. – LEI – Anche io – IO – Siamo quelle solite idiote, non trovi? Che ne dici se salgo da te? Giusto per farmi ingannare dal tempo... Fa un freddo porco. – LEI – Ok, ma non ho in casa niente da bere... – IO – L’acqua del comune? Un rubinetto va benissimo. – LEI – Certo. – IO – Ti ricordi quando abbiamo fatto quel lavoro insieme, quello del parco? – LEI – Quale? Quale? Ah si! quello quando è piovuto e eravamo senza permessi nonostante fosse una pubblicità seria, come si chiamava la casa di produzione? Ti ricordi? Con la scena in quel cesso sotto la pioggia con il Runner costretto a morire di puzza dentro e loro che lo facevano stare dentro apposta a tenere chiusa la porta in plastica scardinata... Ma chi era il Regista? –

    Scatta l’ennesimo verde, attraversiamo.

    DOMANDA 1

    Si congela. Finalmente entriamo in casa e la temperatura è migliore, certo, fa solo freddo. IO – Sarebbe stato bello intervistarti in un caffè, alla parigina, però dalla tua finestra si vedono i tetti e non è male, non trovi? – LEI – Sì, questo luogo è una malattia. Odio e amore. – IO – Sarà, ma questa città non è più quella che si beveva una volta... – LEI – Sarà... vado a caccia di caffè, aspettami. LEI esce e torna poco dopo trionfante. – Eureka! – LEI inizia a cercare la caffettiera. IO – Da dove partiamo? – LEI – Io non voglio partire da nessuna parte. – IO – Io partirei subito invece, per i tropici, perdonami la battuta triste. Insomma, hai fatto la Stylist, giusto? Perché adesso fai la disoccupata, giusto? – LEI – Anche. Un lavoro carico di soddisfazioni e di tempo libero. Puoi fare quello che vuoi, ma senza mezzi. – IO – E la Costumista,

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