«Unguento, unguento, mandame a la noce de Benevento supra acqua et supra ad vento et supra ad omne maltempo»
Già, anche questa formula magica venne riportata nel testo, redatto dal notaio Novello Scuderij da Vassano, a corollario di una requisitoria senza precedenti e destinata a segnare un confine storico ben preciso. È il 20 marzo 1428 quando il Tribunale dei Malefici, presieduto dal Capitano di Giustizia Lorenzo De Surdis e osservando le leggi degli Statuti del comune di Todi, giudica una donna colpevole di stregoneria. La condanna non concede sconti e rappresenta, in tal senso, una novità assoluta in Europa: morte sul rogo!
I capi di imputazione, trascritti in un atto tuttora custodito nell’archivio comunale della città umbra, sono addirittura trenta, e spaziano dalle accuse di infanticidio a quelle di commercio di filtri d’amore, passando per le invocazioni sataniche e la celebrazione di rituali magici. L’imputata? Si chiama Matteuccia di Francesco di Ripabianca, ma per gli abitanti del borgo in cui vive, e ai più, è ormai nota come Matteuccia da Todi. Il processo fu condotto da un tribunale laico, tuttavia, trattandosi di tematiche che sconfinavano nell’eretico, la condanna incontrò il benestare del mondo ecclesiastico. Proprio in quegli anni – soprattutto nel 1426 per quanto riguarda l’Italia centrale e alcune città umbre, tra cui Todi – il teologo francescano Bernardino da Siena (1380-1444) aveva a lungo predicato contro la stregoneria, perseguendo in particolar modo le