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La calà della forca
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La calà della forca
E-book92 pagine1 ora

La calà della forca

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Ha il fascino perduto del racconto da ascoltare raccolti intorno al fuoco, questa storia fatta di mille storie, che narra un mondo insidioso e seducente, in cui le cronache e le leggende si intrecciano, si confondono, si riflettono le une nelle altre.
È il Polesine del Seicento, nebbioso e sinistro territorio al confine tra la Serenissima di Venezia e i possedimenti degli Estensi, a celare nel suo cuore le tracce di una vicenda affascinante.
Piagato dalla peste tanto quanto dalla miseria, lo sperduto borgo di Pissatola fa da rifugio per una famiglia di catari giunti dai lontani Pirenei, fuggendo dalla caccia delle inquisizioni cattoliche. Ines e Alfonso, sapienti erboristi e guaritori, sanno assecondare una natura dal potente respiro ancestrale, e lontani dagli occhi indiscreti dei persecutori desiderano un angolo dove vivere in libertà e crescere la figlia Mariele.
Ma le loro abilità in un primo momento e la bellezza della ragazzina poi non passeranno inosservati. Saranno allora le porte di un mondo nuovo e pericoloso che gli si apriranno, e la loro vicenda, in un incalzare di accadimenti, si tingerà di violenza e di sospetto, di crudeltà e di disperazione.
La sorte finirà per unirli a quelle vicissitudini dai tratti oscuri di cui un territorio antico e ammaliante è costellato, dove memoria storica e superstizione compongono un racconto animato dalle eco di una enigmatica sensibilità animistica che si perdono nella notte dei tempi.
Tra suggestive digressioni ed episodi toccanti, si dispiega l’incanto di una narrazione sapiente ed evocativa.
LinguaItaliano
Data di uscita27 set 2023
ISBN9791254572863
La calà della forca

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    Anteprima del libro

    La calà della forca - Paolo Celin

    Prologo

    Herbarie, segnaresse, medichesse, ostetriche…

    Secondo le più comuni credenze popolari, la strega è una persona speciale, principalmente donna, spesso anziana, dotata di particolari virtù e straordinari poteri di cui si serve per aiutare il prossimo, oppure per nuocergli. Anche le fiabe e i racconti popolari la presentano come una vecchia arcigna e cattiva, vestita di nero, sporca e spettinata, che si aggira di notte per le campagne solitarie raccogliendo erbe velenose e tramando perfidi malefici. Di lei si narra che si trasformi in gatta, preferibilmente nera, che comandi le tempeste, che regga i destini altrui.

    Da ciò l’uso di fatture, incantesimi, sortilegi, malocchio, filtri, orrende pozioni, nell’intento di asservire al proprio volere quello del prossimo e le forze della natura con l’aiuto del maligno.

    Gli esorcisti cattolici e gli inquisitori sostennero a lungo che la stregoneria fosse una vera e propria religione, un culto organizzato i cui membri si riunivano durante i sabba, adunanze notturne, sacrileghe e orgiastiche presiedute dal demonio, a cui le streghe giungevano anche in volo trasportate da animali o da demoni; la strega sarebbe dunque un’adepta di Satana, una creatura malvagia che ha stretto un patto con il diavolo, ottenendone in cambio lussuria, ricchezza e potere.

    Alcuni studiosi hanno interpretato la stregoneria come espressione residuale di antichissimi e assai diffusi culti pagani, rimasti vivi in zone e presso popolazioni culturalmente più arretrate e perciò maggiormente resistenti alla penetrazione della religione cristiana: in questo caso le streghe altro non sarebbero che povere donne di campagna incolte e superstiziose, che perpetuano antichi culti di fertilità.

    Non sono mancati anche i tentativi di dimostrare l’assoluta irrealtà del sabba, del volo e delle metamorfosi delle streghe, riconducendo questi fenomeni a semplici allucinazioni provocate probabilmente da cause naturali: denutrizione e condizioni sociali ed economiche insufficienti a garantire un naturale equilibrio psicofisico potevano provocare alterazioni dello stato di coscienza, allucinazioni, sogni fantastici.

    Nessuna di queste ipotesi è stata finora dimostrata adeguatamente, che cosa in realtà fosse la stregoneria, non siamo in grado di dire e nemmeno chi, o cosa fossero, in realtà coloro che asserivano di praticarla.

    La figura della strega avanza, infatti, da epoche remote, la credenza nella stregoneria si può dire che è universalmente diffusa ed è sempre esistita: a volte tollerata, altre esecrata, in alcuni casi asservita al potere costituito.

    Per un lungo periodo di tempo la Chiesa adottò un atteggiamento tollerante nei confronti dei numerosi culti pagani preesistenti all’evangelizzazione cristiana; la magia, i filtri d’amore, gli incontri con esseri fantastici furono ritenuti per secoli dal clero semplici superstizioni, frutto di fantasie malate, niente altro che residui di arcaici riti della fertilità e della terra, tramandatisi attraverso innumerevoli generazioni di plebe rozza e credulona.

    Il clero, pur nella consapevolezza della persistenza di resistenze pagane alla conversione e all’abbandono degli antichi culti, soprattutto femminili, mantenne tuttavia per lungo tempo un atteggiamento improntato più al disprezzo per tali credenze che alla condanna.

    Ma all’inizio dell’era moderna e fino al XVIII secolo, la linea ufficiale della Chiesa su questo argomento subì un cambiamento drastico, per cui divenne un’eresia credere che le streghe volassero, che comandassero le tempeste, che provocassero la morte con un filtro o con uno sguardo.

    È l’inizio della grande caccia alle streghe che prese avvio nel Quattrocento, si intensificò nella seconda metà del Cinquecento e raggiunse il suo apice intorno al 1620, per poi declinare lentamente fino all’Età dei lumi.

    L’Abbazia di Santa Maria della Vangadizza di Badia e i suoi misteri

    L’Abbazia, la cui origine è fatta risalire alla seconda metà del decimo secolo, in particolare grazie alle donazioni dei marchesi di Mantova, Almerico e Franca, ebbe successivamente tra i suoi protettori Alberto Azzo II d’Este e la moglie Cunegonda di Altdorf, capostipiti degli Estensi, dei duchi di Baviera e di Sassonia nonché della attuale casa regnante inglese; nella piazza antistante sono presenti due sarcofagi che custodiscono proprio le loro spoglie.

    In una donazione del 961, si parla per la prima volta di un abate e in una del 993 di un monastero benedettino in costruzione, tre anni più tardi ottenne l’indipendenza feudale e intorno all’anno Mille, sotto il pontificato di Silvestro II, divenne diocesi soggetta alla Santa Sede.

    Nel 1213 l’Abbazia iniziò a seguire l’ordine camaldolese; all’inizio del XV secolo perse il potere temporale e la gestione fu affidata in commendam, ossia a personale ecclesiastico esterno; fra gli abati commendatari si ricorda il cardinale Pietro Ottoboni, divenuto Papa con il nome di Alessandro VIII nel 1664.

    Nei secoli il territorio dell’Abbazia è stato sotto la dominazione degli Estensi, degli Scaligeri e dei Carraresi, per poi passare nel 1482 sotto il dominio della Serenissima Repubblica di San Marco.

    L’Abbazia fu soppressa nel 1789.

    Si sa, le storie misteriose necessitano sempre di luoghi magici che possano ospitarle. Una vecchia casa, una villa isolata, un bosco fitto o un laghetto placido e, di notte un luogo buio e terrificante. In questo caso l’Abbazia di Santa Maria della Vangadizza offre uno spaccato unico, quello di un luogo che di notte acquista ancora più magia e sinistrosità.

    Anni fa si narrava che, a notte fonda, specialmente nelle notti autunnali avvolte nella nebbia, una misteriosa luce di candela appariva e scompariva, da una finestra che dà sul chiostro, dalla stessa finestra provenivano anche misteriosi lamenti e stridere di catene.

    Il racconto

    Ogni sera dopo cena, mentre le tenebre stavano scendendo non saprei dire l’ora precisa, il nonno come sempre ci prendeva per mano e ci accompagnava in quella stanza col camino vicino alla stalla.

    Le mie cuginette e io lo seguivamo in fila indiana come fanno gli anatroccoli con la loro mamma anitra; mentre la nonna, la mamma e la zia seguivano qualche passo più indietro chiacchierando del più e del meno.

    Il babbo e lo zio invece di lì a poco, indossate le sgalmare1 di legno entravano nella stalla a rassettare la mora, la gina, la gloria e la tedesca – le mucche di famiglia –, che ci davano tanto buon latte e con il quale le donne di casa facevano burro e formaggi.

    La stanza del camino veniva usata principalmente come lisciaia2 per pulire le lenzuola con la cenere e farle diventare belle bianche, la nonna diceva: "Bianche

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