Meta Platforms
POSIZIONE 71
PAESE U.S.A.
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prendeva d’assalto i gradini del Campidoglio degli Stati Uniti il 6 gennaio 2021 al grido di ‘Stop the steal!’, brandendo cartelli che inneggiavano alle teorie complottistiche QAnon, gran parte del mondo assisteva ammutolito. Anche negli uffici di Facebook era calato il silenzio. Per settimane, prima del 6 gennaio, ingegneri, esperti di debunking e dirigenti all’interno dell’azienda avevano combattuto una battaglia persa per contenere il dilagare della disinformazione alimentata da gruppi che diffondevano affermazioni false su presunti brogli elettorali. Già nel mese di novembre avevano chiuso il principale account Stop the Steal sul social e, nei giorni immediatamente precedenti il 6 gennaio, riferisce Facebook, il team aveva bannato centinaia di gruppi militarizzati di destra e rimosso decine di migliaia di pagine QAnon. Ma non è riuscito a impedire che altri continuassero a ripetere a pappagallo gli stessi messaggi. Uno dei maggiori problemi di Facebook: l’account forse più influente apparteneva al presidente in carica degli Stati Uniti, Donald Trump. L’azienda si trovava ad affrontare una crisi che avrebbe potuto infliggere un colpo mortale alla sua già malconcia reputazione. Quella sera, poco prima delle 19 ora di Washington, mentre le forze dell’ordine difendevano il Campidoglio e Trump invitava via Twitter i suoi supporter a tornare a casa “con amore e in pace” e a “ricordare quel giorno per sempre”, Mark Zuckerberg riuniva i suoi più stretti collaboratori. Della call facevano parte Sheryl Sandberg, Coo di Facebook; Joel Kaplan, vicepresidente responsabile delle public policy negli Stati Uniti; l’ex vicepremier britannico Nick Clegg, vicepresidente per gli affari globali, un acquisto relativamente recente, al suo terzo anno in azienda. Il quartetto decise di sospendere per 24 ore l’account di Trump. Nella tarda serata e durante la notte si sentirono altre volte in call per discutere i passi successivi. Clegg emerse come una voce calma ma decisa. Aveva un piano chiaro, anche se si sarebbe rivelato controverso: Facebook avrebbe dovuto bannare Trump dalle sue piattaforme a tempo indeterminato. Era convinto che il rischio che Trump sostenesse la violenza avrebbe giustificato la scelta. Zuckerberg accettò, e Clegg stabilì i punti chiave che il Ceo avrebbe utilizzato per spiegare la decisione in un post sul blog, la mattina successiva. È stata una scelta drammatica in un momento di crisi. Ma nei mesi seguenti, quello che avrebbe potuto essere uno spartiacque nella lotta contro la disinformazione si è trasformato in qualcosa di più ampio. Clegg ha spinto affinché Facebook riferisse la sua decisione in merito a Trump al nuovo ‘Oversight Board’, un organismo indipendente che lui stesso aveva creato.