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Il mondo sotto le nubi
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Il mondo sotto le nubi
E-book305 pagine

Il mondo sotto le nubi

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Info su questo ebook

Esistono due mondi magici che, invisibili agli occhi umani, sono agli antipodi.
Celestia si trova sopra le nuvole, mentre Oscuria sotto l'oceano. Gli abitanti di queste due realtà sono nemici fin dagli albori del mondo, in quanto Oscuria osteggia l'umanità, mentre Celestia la protegge con tutte le sue forze.
Nonostante le regole e i divieti costruiti ad arte per tenere i due popoli il più lontano possibile l'uno dall'altro, una ragazza di Celestia ha il coraggio di sfidare la sua comunità e trasgredire alla regola più importante, il divieto di uscire dall'oasi protetta e silenziosa che chiama casa.
Durante la fuga, il destino le fa incontrare un ragazzo di Oscuria.
Lui appartiene ad un mondo opposto al suo, libero da dogmi e imposizioni.
Nonostante tutte le loro differenze culturali e sempre ad una certa distanza, in quanto non si possono toccare per non provocare la morte di lei, riescono a stabilire una sorta di rapporto.
Prima scontrandosi, poi abbattendo lentamente distanza e pregiudizi.
Quando però si accorgono di non poter più fare a meno l'uno della presenza dell'altra, scoprono l'esitenza di una leggenda che fa della ragazza una predestinata a provocare una guerra tra i loro due mondi.
Terrorizzata all'idea di distuggere la sua comunità, la ragazza deve lottare per soffocare i sentimenti che prova e la sua ostinata inclinazione alla ribellione, fino a quando si rende conto che non sempre le cose vengono risolte con un atteggiamento di rifiuto, a volte basta solo assecondare il destino.
E la soluzione sembra più facile di quello che tutti, compresa lei stessa, potevano pensare.
LinguaItaliano
EditoreLara Aral
Data di uscita31 ott 2014
ISBN9786050325096
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    Anteprima del libro

    Il mondo sotto le nubi - Lara Aral

    Intorno a me c’è il vuoto. Il vento, freddo, mi frusta con violenza il viso. Sopra, l’azzurro del cielo, sotto di me  il blu del mare. 

    Il mio corpo attraversa strati soffici di vapore. Sento le nuvole, le tocco. Ci navigo dentro, dolcemente, circondata da spuma fredda.

    Riesco a vedere poco altro, adesso. Osservo le mie ali spostarsi lentamente, con movimenti fluidi. Metto a fuoco le piccole piume bianche che le ricoprono. Si muovono freneticamente, sospinte dal vento.

    Allargo le braccia, frenando la mia corsa verso l’infinito. Le mie dita sfiorano il vapore bianco, scomparendo.

    Chiudo gli occhi. Ascolto il sibilo dell’aria che si insinua senza essere invitata nelle mie orecchie.

    Minuscole gocce d'acqua si infrangono sul mio viso, sul mio corpo. Si allargano velocemente, fino a scomparire, per  lasciare il posto alle successive. Così, all’infinito.

    Apro gli occhi e sono in un altro posto.  Il cielo è terso, e secco. Sotto di me, sento il calore del fuoco. Un incendio immenso, accecante, senza fine. Le mie ali sono diventate grigie, ricoperte di fuliggine scura. Ho la gola riarsa, gli occhi mi bruciano. Sono costretta a chiuderli, un'altra volta.

    Un rumore assordante. Non vedo niente. Vorrei tornare indietro, ma so che non posso farlo.

    Poi un urto, improvviso, devastante, mi fa precipitare in una spirale perfetta

    Non riesco a reagire. O non voglio, non lo so. Continuo a lasciarmi cadere.

    Il fuoco si sta avvicinando velocemente. Ne sento il calore sulla pelle, ma non guardo verso il basso.

    Fisso le mie ali abbandonate, senza forza, con le bellissime piume bianche, che iniziano a bruciare. Il terrore si impossessa di me, ma non riesco a reagire.

    E mi sveglio.

    Capitolo I

    E' l'alba. Tranquillità, silenzio, come sempre, qui dove vivo.

    Nessun rumore di passi, nessun chiacchericcio in strada, nessun gallo che annuncia il nuovo giorno. Solo silenzio, ovattato e surreale.

    A quest'ora, solo una debole luce rende il giorno diverso dalla notte.

    E' solo un'altra mattina, per tutti gli altri, ma non per me.

    Oggi non è una ricorrenza speciale, non ho scelto un numero che mi portasse fortuna sul calendario o cose simili, ero pronta, tutto qui.

    Da settimane ho pianificato ogni piccolo dettaglio, ogni minuto, ogni secondo, di questa alba.

    Mi sono alzata, attenta ad evitare i rumori. Non dovevano sentirmi, non avrei più avuto il coraggio di riprovarci.

    Sto facendo una cosa inconcepibile per una ragazza della Comunità. In questi giorni ho spesso pensato di rinunciare, ma stamattina, non appena i miei occhi hanno percepito la luce abbagliante del sole e si sono aperti su una nuova giornata, gli ultimi ripensamenti sono scomparsi.

    Ho ignorato completamente il senso di colpa che mi stritola lo stomaco, o perlomeno ci ho provato.

    Con un piccolo balzo ho afferrato lo zaino blu dall’ultimo ripiano dell’armadio. Ci ho  messo dell’acqua, un panino, il cellulare. E la fotocamera, un regalo dei miei genitori per il mio decimo compleanno. A volte ho l'impressione che sia l'unica cosa che mi fa mantenere la lucidità mentale. E' soltanto un oggetto, inutile per tutti gli altri, ma è l'unico modo che ho io per urlare, in un luogo dove non si può alzare la voce. L'unico modo per sentirmi libera, in un luogo dove lo spazio per la libertà individuale è assoggettato al bene comune.

    So che non potrà mai diventare qualcosa di più, ma mi rende felice. Nella Comunità le ragazze non possono diventare fotografe. Veramente nessuno lo può, soltanto un membro ufficiale designato dal Consiglio, che esercita il suo compito solo in occasioni pubbliche o ricorrenze comuni.

    I miei genitori, per il momento, mi assecondano. Forse hanno deciso di non intervenire fino a che non finisco la scuola. Ho ancora un pò di tempo, prima di raggiungere l'età adulta. E tutte le imposizioni che l'età adulta comporta. Non vogliono discutere. Sanno che non è facile farmi accettare le regole. Ma sanno anche che prima o poi sarò obbligata a farlo.

    Ho soltanto sedici anni adesso e posso permettermi ancora un pò di capricci. Anche perchè sono la più piccola di casa. Avere sette fratelli maschi a volte è un vantaggio. Ed è anche stato divertente. Fino ai dieci anni, forse. Poi però sono cresciuta, e ora mi capita di desiderare di essere figlia unica.

    Credo di essere la sola ragazza della mia età che ancora viene accompagnata a scuola. I miei familiari hanno radicata una mania di protezione nei miei riguardi che rasenta la persecuzione.

    Forse per questo mi sento sempre spinta nella direzione dove non dovrei nemmeno guardare.

    E adesso, oggi,  voglio soltanto uscire dai confini, e in fretta, prima di avere dei dubbi, prima di farmi sopraffare dalla paura. Non penso di poter combinare grossi pasticci per qualche ora fuori da Celestia, se tutto va come ho programmato.

    All’ultimo momento ho tolto dallo zaino il cellulare. Se scoprissero la mia fuga continuerebbero a chiamarmi fino alla nausea. Finirei comunque in grossi guai, con o senza telefono.

    Ho tenuto il pigiama, infilandoci sopra una vestaglia pesante. Sono uscita dalla finestra, di soppiatto. Ho nascosto lo zaino tra i rami più alti del vecchio oregon, in giardino, lo avrei ritrovato più tardi. Una volta rientrata in casa, mi sono rimessa a letto velocemente.

    - Moi! ….. Moiiiiiii!!! Svegliati. Sono le nove! -

    Cai. A diciannove anni, mio fratello ancora non si è stancato di fare scherzi scemi. E' molto strano però, visto la sua pigrizia da bradipo, che si sia svegliato così in anticipo solo per darmi fastidio. Magari ho fatto più rumore di quello che pensavo.

    Sono solo le sette, ho tutto il tempo, ma mi alzo senza protestare, per una volta. Tanto comunque non potrei più chiudere occhio.

    Dopo la doccia, mi guardo allo specchio. Sto crescendo troppo in fretta. Chissà se i ragazzi mi trovano carina? No, probabilmente sono un po’ troppo strana per attirare le attenzioni dei maschi di Celestia. Meglio così. Mi interessano altre cose, per il momento. La fotografia, la musica, la Terra Estesa.

    Devo stare attenta. Tenere la mente ben chiusa. La mamma si infurierebbe se mi ascoltasse. Per papà, forse sarebbe anche peggio. Lui si occupa delle leggi di Celestia e della protezione dalla gente di Oscuria. Fa parte del Gran Consiglio. E’ una posizione molto ambita ed è grazie a lui che tutti i miei sette fratelli hanno potuto diventare controllori. Ogni ragazzo di Celestia farebbe carte false per poter avere quello che loro hanno ottenuto senza il minimo sforzo.

    Prima o poi darò una grande delusione a mio padre, ne sono sicura.

    - Perché hai la mente chiusa, Moi? A cosa stai pensando di così segreto? -

    Sento la voce della mamma che entra telepaticamente nella mia testa, senza essere invitata. Mi chiama dalla cucina, al piano di sotto.

    - Mamma! Smettila. Perché soltanto io in questa casa non posso chiudere la mente. A voi tutti è permesso. Adesso sono grande! Voglio la mia privacy -

    - Va bene, va bene …Scusa. Volevo soltanto sapere dov'eri. Vieni a fare colazione ora -

    Per fare un dispetto alla mamma ho messo il solito pantalone largo con le grosse tasche sulle cosce che lei odia, e per esagerare anche una maglietta non stirata.

    Sono scesa a fare colazione senza nemmeno pettinarmi, raccogliendo i capelli nella solita treccia.

    Mia madre non voleva farsi vedere, ma avevo notato lo stesso il suo scuotere piano la testa, rassegnata, mentre rimestava nella pentola sul fuoco.

    A tavola c’erano già Cai, Brus e Marus, con papà. Gli altri quattro fratelli, Pirs, Fulk, Aman e Dovis, sono già sposati ed abitano negli isolati vicini.

    Come al solito, ho bevuto tutto il latte con il cioccolato e poi mi sono preparata per uscire.

    Oggi sarebbe toccato a Marus accompagnarmi. Lui è il mio fratello preferito. Non parla, non giudica, ride spessissimo. E’ positivo, per natura, sempre. La sua allegria è contagiosa. Ha ventun'anni ormai e fra poco sarà fidanzato e anche lui lascerà la casa paterna. Anche se so che mi dispiacerà enormemente perderlo, in questo momento la sua presenza mi irrita.

    Non capisco assolutamente perché io debba avere bisogno di un accompagnatore. Sono molti anni ormai che non ci sono incidenti. Da prima della mia nascita.

    Non ne so molto,  tranne quello che si vocifera a scuola. Gli adulti tendono ad essere poco approfonditi quando si tratta di Oscuria.

    C'era stata un'incursione dei Rossi, diversi anni prima, sembra su dei mezzi volanti, ma non ho ancora capito di quale tipo. Avevano provocato diversi danni alla Comunità, fortunatamente senza vittime. Si era pensato all'inizio di una guerra, anche se non era mai successo nel corso della storia della nostra comunità. Le battaglie venivano sempre combattute giù, comunque, sulla Terra Estesa. Poi si era arrivati alla conclusione che era stata soltanto una provocazione, affinchè li attaccassimo. Ma non erano seguite battaglie.

    Quelli della mia età non possono conoscere i particolari con esattezza, non l’abbiamo vissuto. E chiedere ai genitori spiegazioni o qualsiasi tipo di informazione sui Rossi è considerato offensivo. Da parecchio comunque c’è un ambiente sicuro a Celestia. Ci sono stati dei trattati di pace e si è intensificato il lavoro dei controllori. Praticamente non si sarebbero più potuti verificare incidenti. A me però toccava comunque di venire accompagnata a scuola tutte le mattine e riaccompagnata a casa tutti i pomeriggi.

    Quella mattina, arrivati sul tetto della scuola Marus mi ha salutato dall’alto e, come consuetudine, ha aspettato di vedermi entrare nell’istituto prima di proseguire.

    La scuola di Celestia è un edificio a due piani, di forma circolare. Nel mezzo del padiglione si apre un bellissimo giardino, dove passiamo l’intervallo dopo il pranzo nella stagione calda.

    E’  un edificio molto antico. Già i miei bisnonni lo frequentavano.

    Sono scesa dalla larga scala di pietra che  mi avrebbe portata nei corridoi. Ho chiuso la mente, come tutti dentro l'istituto. Arrivata a metà scala, in corrispondenza dell’unica finestra presente, mi sono fermata. Ho aspettato che passasse un gruppo di studenti chiassosi, fingendo di cercare qualcosa nello zaino. Mi hanno salutato disinteressati e hanno proseguito.

    Quando anche l’ultimo di loro è sparito dietro l’angolo, ho aperto la finestra, controllando se Marus se ne fosse effettivamente andato. Poi ho spiccato il volo.

    Dapprima mi sono diretta il più lontano possibile dalla scuola e da casa mia. Non volevo correre rischi. Mi sono fermata quando anche le ultime case di Celestia erano lontane  e sono atterrata nel bosco vecchio, nascondendomi sotto i rami frondosi dei candidi queer.

    Ho aspettato così per un paio d'ore, le gambe indolenzite a furia di camminare avanti e indietro, i battiti accelerati, le mani che non riuscivano a stare ferme. La mente lavorava incessantemente, e i secondi scorrevano più lentamente che in qualsiasi altra parte del globo.

    Finalmente, era arrivata l'ora di muovermi. La mamma esce sempre a metà mattina. Non avrei trovato nessuno a casa. In giardino, lo zaino blu era dove l‘avevo lasciato.

    Mi sentivo malissimo. Mentire alla mia famiglia è una cosa che mi costa fatica, oltre ad essere oltraggioso per tutta la Comunità. Se andrà tutto bene, cercherò di dimenticare tutto, sarà come se non fosse mai successo. Lo giuro.

    Ho agganciato lo zaino sulle spalle e, dopo un’ultima occhiata furtiva intorno, mi sono alzata  in volo, scomparendo velocemente nel cielo indaco.

    Capitolo II

    Le mie ali non sono ancora come quelle di un adulto. E non sono allenata sulle grandi distanze.

    Conoscevo un passaggio sicuro, attraverso il Bosco del Confine Settentrionale, che non era pattugliato come tutto il resto della zona intorno a Celestia. Così in alto, non lo consideravano un’entrata probabile in caso di incursioni nemiche.

    Nessuno aveva mai pensato alla possibilità contraria. A quale Alato sarebbe mai venuto in mente di usarlo come via di fuga verso l’esterno?!.

    Controllori pattugliavano costantemente, giorno e notte, i nostri confini, ma avere in famiglia gente del mestiere mi aveva permesso di conoscere segreti e punti deboli della nostra difesa, come per esempio i pochi minuti di tempo che passano per il cambio turno, nei quali la postazione rimane scoperta.

    Il Bosco del Confine Settentrionale è il punto più in alto di Celestia. Più su c’è l’oscurità. E il punto più elevato del bosco è il Monte Alto. Più che una montagna veramente è un picco scosceso, che si eleva dal bosco per qualche centinaio di metri. Sufficiente comunque da considerarlo un ostacolo per gli eventuali nemici, che avrebbero scelto una via meno ardua da superare. Non riesco a capire tutta questa preoccupazione degli attacchi nemici, in effetti, tenendo anche conto che i Rossi, gli abitanti di Oscuria, non sanno volare.

    Attraversai il Bosco del Confine Settentrionale, quindi. Con un rapido volo raggiunsi la vetta del Monte Alto, e mi guardai attorno.

    Era la prima volta nella mia vita che arrivavo fin lì. Ci sarebbero state tante prime volte quel giorno.

    Il panorama era decisamente mozzafiato. Potevo scorgere l’intera Comunità, fino al suo limitare più a Sud, il Bosco del Confine Meridionale. Da lontano la città sembrava un’enorme torta ricoperta di panna montata e zuccherini colorati. Celestia è perfettamente tondeggiante, le sue case hanno tutte più o meno gli stessi toni di colore, che vanno dal panna all’azzurro tenue, con tetti candidi. Le strade sono ricoperte da sottile ghiaia bianca e i nostri giardini sono generalmente colmi di aiuole di fiori bianchi.  Da lontano quindi non si distinguono i particolari, tranne che per tutti quei puntini colorati, gli Alati che si muovono attraverso le vie strette della città. Il non-colore qui da noi va decisamente di moda, ma soprattutto è considerato simbolo di purezza interiore.

    I miei genitori raccontano sempre che, al tempo dei miei nonni, anche i vestiti degli Alati dovevano essere completamente bianchi, delle tuniche candide che ricadevano fin sulle caviglie.

    Per fortuna le usanze sono cambiate. Cosa avrei fatto senza i miei adorati jeans?

    Guardando all’esterno, dall’alto del picco, non si vede granchè, soltanto cielo, all’infinito. E’ bellissimo.

    Più in basso, una spessa coltre di nubi nasconde tutto il resto. Ci sarei dovuta passare attraverso, per la prima volta nella mia vita, per vedere finalmente con i miei occhi il mondo che c'è al di sotto di esse. Ero spaventata, ma a chi non fa paura l’ignoto?

    Non proprio completamente sconosciuto per me, va bene. So tutto della Terra Estesa. O almeno credo. E’ un argomento che mi affascina moltissimo. Ho preso da papà in questo. Lui adora gli Uomini, e non ha mai perso occasione per parlarmene con occhi estasiati. Mi ha trasmesso la sua passione per la Terra Estesa e quindi è anche colpa sua se ora mi trovo qui, a precipizio sul nulla, rischiando una punizione severissima, pur di vedere al di là dello strato di nubi.

    Mi sono lasciata cadere. Nella mia testa avevo programmato tutto teoricamente, ma sarebbe stata la prima volta che mettevo in pratica la cosa. Non ero particolarmente spaventata. Anzi, l’esperienza era piuttosto eccitante.

    La prima emozione fu la sorpresa. Mi ritrovai a girare vorticosamente su me stessa. Dovetti fare un grande sforzo per riprendere il controllo della situazione. Quando ci riuscii però iniziai a gustarmi il riposante volo verso il basso. Avevo una velocità inconcepibile per i canoni adottati normalmente a Celestia. Mi sentivo forte. E libera. Come nel mio sogno di quella notte.

    Attraversai in pochi secondi le nubi bianche e spesse e di colpo lo vidi.

    Ciò di cui avevo fantasticato per tutta la vita. Il mare. Mi fermai. Non mi aspettavo fosse così grande. Un'enorme, immensa distesa blu.

    Guardando in lontananza, vedevo anche la terra degli Uomini, ma non mi ci sarei avvicinata, avevo già rischiato abbastanza. Non possiamo farci vedere nella nostra forma naturale. Loro non devono sapere della nostra esistenza, ne sarebbero sconvolti. Li aiutiamo senza che ne sappiano nulla. E' questo che ammiro in papà, nei miei fratelli, in tutti i controllori che abbiamo a Celestia, non si aspettano di essere ringraziati, vogliono soltanto aiutare l'Uomo, questa razza così affascinante, ma così fragile e insicura, così debole e facilmente influenzabile.

    Ora che mi stavo abbassando di quota, avvistavo diversi isolotti sotto di me, qualche grosso scoglio deserto, con spiagge chiare e fitta vegetazione.

    Per il resto acqua. Blu, verde, infinitamente in movimento. L’oceano.

    Sarei potuta scendere usando l’invisibilità, o nascondendo le mie ali, l’unica parte del nostro corpo che ci rende davvero diversi dagli Uomini.

    Tutti noi non saremmo così al sicuro se anche gli abitanti di Oscuria avessero potuto essere invisibili all'occhio umano. Fortunatamente non è così. Devono farsi vedere se vogliono spargere il loro veleno sulla Terra Estesa. E spesso lo fanno, a giudicare da quanti crimini avvengono tra gli Uomini.                                  

    Veramente so poco dei Rossi. Da noi è un argomento tabù, e questo naturalmente accentua la mia curiosità. Nella Comunità ci sono regole precise riguardo ad Oscuria. Non possiamo avvicinarci ai suoi confini, anche se non capisco come possiamo esserne sicuri, visto che nessuno sa esattamente dov’è Oscuria. Non possiamo avere contatti con i Rossi, anche se fino a 21 anni è impossibile, visto che non possiamo lasciare Celestia, a meno di non essere sposati o fidanzati, e i Rossi sicuramente non si avvicinano a noi visto che non sanno volare, né comunicare telepaticamente, sanno solo uccidere, e disorientare gli Uomini fino a renderli malvagi.

    Se incontrassimo mai un Rosso, cosa molto rara anche per i controllori, non potremmo avvicinarci, pena l’incolumità personale. I Rossi bruciano tutto ciò che toccano.

    L’unica possibilità che avrei avuto di incontrarne uno comunque era scendendo sulla Terra Estesa, cosa che non avrei fatto, quindi non correvo nessun pericolo.

    Volevo soltanto stare in alto a fare qualche fotografia, niente di più pericoloso o incosciente.

    Mi spostai più vicino al mare, ammirandone le increspature bianche. Il mio popolo non può nuotare.  Affogheremmo subito, perché le nostre ali bagnate sono troppo pesanti.

    Il mio più grande desiderio, mi ucciderebbe. E' così ingiusto.

    - Ehi, attenta! Dietro di te –

    Mi sembrò di sentire la voce nella testa, ma probabilmente non era stato così. Mi guardai intorno, ma non vidi nessuno. Improvvisamente mi accorsi del pericolo. Un aereoplano si stava dirigendo velocemente nella mia direzione. Feci appena in tempo a scattare verso l'alto, sbattendo le ali con tutta la forza che avevo, un attimo prima che l'aereo mi falciasse.

    Mi ritrovai scagliata lontano dall’onda d’urto e il frastuono del motore mi rese sorda per alcuni secondi.

    Ma come avevo fatto a non accorgermi prima di quello che stava arrivando! Che stupida! Ero troppo concentrata a guardare il mare. Eppure so che quelle macchine alate circolano spesso sotto Celestia, e so anche che sono molto pericolose. Ma dove ho la testa?  Sciocca, sciocca, sciocca.

    - Stai bene? –

    Ancora la voce. Improvvisamente mi ricordai del mio salvatore. Con le mani sulle orecchie doloranti mi guardai intorno con più attenzione. Ad un certo punto, a circa mezzo chilometro più in basso, notai un'isolotto. Una sagoma scura stava in piedi su di un alto scoglio a picco sul mare.

    Ma era un umano? Mi aveva vista volare! Cosa avrei detto ora? Era la cosa più stupida che avesse mai fatto un Alato in tutta la storia della nostra razza! Farsi scoprire.

    Ma no, non poteva essere un Uomo. Lì, in mezzo all'oceano, senza barca,  su un pezzo di terra disabitato. E soprattutto senza il minimo cenno di stupore nell’avermi vista volare.

    Di colpo, fu tutto chiaro. Mi aveva parlato telepaticamente. Cavolo! Beccata. Uno di noi. Ma cosa ci faceva un controllore così in basso? Proprio oggi, che sfortuna! E doveva proprio avvistarmi quando quasi combino un disastro aereo!

    Scesi velocemente, avvicinandomi almeno per ringraziare, sperando di addolcirlo, ma, man mano che scendevo, la mia sicurezza vacillava. Non riuscivo a capire. Lo stavo mettendo a fuoco, ma quello che vedevo mi lasciava sconcertata. Sembrava un ragazzo, ma era troppo scuro di carnagione per essere uno dei nostri, in effetti, e capelli scuri, lunghi e spettinati, mi nascondevano il suo viso. Ma allora era davvero un Umano. E adesso cosa avrei potuto fare per fargli dimenticare tutto quello di cui era stato testimone? Scesi un altro pò, esitando.

    Mi fermò con una mano.

    - Non ti conviene -

    Mi sentivo ancora intontita, la mia mente non ragionava con lucidità. Perchè mi voleva tenere a distanza? Perchè non aveva una qualche reazione incontrollata nel vedermi? Una fuga precipitosa, un attacco isterico. 

    Improvvisamente si alzò in volo. Le ali, che fino a quel momento non avevo notato, si aprirono e rimasi senza fiato.  Erano ali senza piume, e rosse.

    Fui presa dal panico. Mi misi in maniera sconclusionata a volare all’indietro e quasi lasciai cadere la fotocamera. Tutta la mia educazione è incentrata sulla paura atavica dei Rossi.. E quello era decisamente un abitante di Oscuria.

    Dopo qualche centinaio di metri, riacquistai un minimo di autocontrollo. Cercai di stabilizzarmi e di ragionare. Non mi spiegavo le ali, la telepatia, e neanche perché mi avesse salvato la vita.

    La gente di Oscuria è stata creata solo per fare del male, come noi per fare del bene, quindi non poteva essere un Rosso. E neanche un Umano. Ma allora chi avevo davanti?

    - E’ inutile che surriscaldi il tuo piccolo cervellino. Voi non ci capirete mai. Comunque non ti avvicinare se hai paura di scottarti. Comunichiamo lo stesso, anche se sinceramente non capisco come sia possibile -

    Già, gli altri popoli non hanno il dono della telepatia.

    - Certo che ce l’abbiamo. Non siamo sicuramente inferiori a voi, che credi! Solo che, …. per quanto ne sapevo, funziona soltanto tra di noi, esseri superiori -

    Lo disse con tanta sprezzante ostilità che indietreggiai involontariamente.

    - Non avere paura. Non ti ucciderò, almeno per oggi. Mi incuriosivi, tutto qui. Non avrei mai dovuto farmi vedere da te, soprattutto non dovevi vedere le mie ali. Poi però ho pensato che se sei qui, sicuramente lo stai facendo di nascosto. Sei ancora troppo giovane per poter andare dove vuoi, giusto? Quindi non pubblicizzerai la notizia, immagino -

    Già, purtroppo ci aveva preso in pieno.

    - Ti ho vista dall’alto e mi sei sembrata così strana con lo zaino e la macchina fotografica in mano. Sembri una turista! Ma che cosa cavolo stavi facendo per non accorgerti neanche dell’aereo che stava arrivando! Non mi dire che voi di sopra siete sordi? -

    Adesso stava esagerando. Feci per replicare stizzita, ma mi interruppe.

    - Bè, io vado. Non siete così interessanti visti da vicino! -

    - Aspetta -

    Perchè l'avevo fermato, perchè non lasciavo che si allontanasse il più possibile da me? Rischiavo in ogni istante di essere ferita o uccisa, stavo abusando della mia buona sorte.

    - Ah, ma allora non sei anche muta! -

    Finsi di non aver notato la nota di sarcasmo nella sua voce, volevo cercare di essere gentile.

    In fondo, nonostante tutto quello che posso pensare dei Rossi, se non fosse stato per lui sarei sicuramente morta.

    - Senti, scusa se non mi sono presentata. Sono Moi. Sono scesa per scattare qualche foto, è un mio passatempo. Ero qui e mi sono distratta guardando il mare, è …. è bellissimo. Comunque, grazie. Ti devo la vita -

    Non rispondeva, sembrava non avermi sentita. Ad un tratto spiccò il volo verso di me.

    Se non fosse incredibile, sembrava quasi non volermi spaventare. Alzava le grandi ali dolcemente, con movimenti aggraziati e mi chiesi come mai su da noi circolasse

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