Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Strano forte: (So, That Got Weird)
Strano forte: (So, That Got Weird)
Strano forte: (So, That Got Weird)
E-book349 pagine

Strano forte: (So, That Got Weird)

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Una storia d'amore dolorosamente imbarazzante.Goffa in modo incomprensibile, Elizabeth Wilde è alla disperata ricerca dell'amore. Di un legame. Di intimità. Dopo una vita di fallimenti romantici, la gamer ventunenne si rende conto di aver bisogno d'aiuto. Le serve...Un sex tutor.L'atleta Austin Jacobs, sexy in modo sconvolgente, è proprio l'uomo giusto. Come dio del sesso in carica del campus, conosce alla perfezione la parte del playboy. Ma sotto quegli addominali a tartaruga batte un cuore spezzato. Austin non si fida delle persone, e di sicuro non crede all'amore.La strana coppia fa un accordo. Quattro settimane di “tutoraggio” per cinquemila dollari.Quando Austin persuade Elizabeth a uscire da dietro lo schermo del suo computer, l'attrazione che provano l'uno per l'altra è innegabile. Sono entrambi un po' spezzati, ma in qualche modo i loro bordi seghettati combaciano. E quando il mondo crolla loro addosso, devono entrambi decidere se per questa strana cosa chiamata amore valga la pena lottare.
LinguaItaliano
Data di uscita17 mag 2022
ISBN9781802501162
Strano forte: (So, That Got Weird)
Autore

Amelia Kingston

Amelia Kingston is many things, the most interesting of which are probably California girl, writer, traveler, and dog mom. She survives on chocolate, coffee, wine, and sarcasm. Not necessarily in that order. She’s been blessed with a patient husband who’s embraced her nomad ways and traveled with her to over 30 countries across 5 continents (I’m coming for you next, Antarctica!). She’s also been cursed with an impatient (although admittedly adorable) terrier who pouts when her dinner is 5 minutes late. She writes about strong, stubborn, flawed women and the men who can't help but love them. Her irreverent books aim to be silly and fun with the occasional storm cloud to remind us to appreciate the sunny days. As a hopeless romantic, her favorite stories are the ones that remind us all that while love is rarely perfect, it’s always worth chasing.

Autori correlati

Correlato a Strano forte

Commedia romantica per voi

Visualizza altri

Categorie correlate

Recensioni su Strano forte

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Strano forte - Carmelo Massimo Tidona

    Libri di Amelia Kingston pubblicati dalla Totally Bound Publishing

    So Far, So Good

    So, That Got Weird

    This is So Happening

    So Wrong, it’s Wright

    So Not My Type

    Fin qui, tutto bene

    STRANO FORTE

    AMELIA KINGSTON

    Strano forte

    Titolo originale: So, That Got Weird

    ISBN # 978-1-80250-116-2

    ©Copyright Amelia Kingston 2019

    Copertina di Erin Dameron-Hill ©Copyright Dicembre 2019

    Tradotto da Carmelo Massimo Tidona 2022

    Interior text design di Claire Siemaszkiewicz

    Totally Bound Publishing

    Questa è un’opera di fantasia. Tutti i personaggi, luoghi ed eventi derivano dall’immaginazione dell’autore e non devono essere confusi con fatti reali. Qualunque somiglianza con persone, viventi o vissute, eventi o luoghi è puramente accidentale.

    Tutti i diritti riservati. Nessuna porzione di questa pubblicazione può essere riprodotta in qualunque forma materiale che sia a mezzo di stampa, fotocopia, scansione o altro, senza l’autorizzazione scritta dell’editore, Totally Bound Publishing.

    Le richieste devono essere indirizzate per iscritto in prima istanza alla Totally Bound Publishing. Azioni non autorizzate o limitate relative alla presente pubblicazione potranno dare atto a cause civili e/o penali.

    L’autore e l’illustratore hanno fatto valere i propri diritti sulla base del Copyright Designs and Patents Acts 1988 (e successive modifiche) di essere identificati come autore del presente libro e autore delle illustrazioni.

    Pubblicato nel 2022 dalla Totally Bound Publishing, United Kingdom.

    Nessuna porzione di questo libro può essere riprodotta, scansionata o distribuita in qualunque forma stampata o elettronica senza autorizzazione. Vi preghiamo di non praticare né incoraggiare la pirateria di materiale protetto da copyright in violazione dei diritti d’autore. Acquistate solo copie autorizzate.

    La Totally Bound Publishing è una sussidiaria della Totally Entwined Group Limited.

    Se avete acquistato questo libro privo di copertina dovreste essere informati che si tratta di proprietà rubata. È stato segnalato come invenduto e distrutto all’editore e né l’autore né l’editore hanno ricevuto alcun pagamento per questo libro spogliato.

    Libro primo della serie

    Fin qui, tutto bene

    Una storia d’amore dolorosamente imbarazzante.

    Goffa in modo incomprensibile, Elizabeth Wilde è alla disperata ricerca dell’amore. Di un legame. Di intimità. Dopo una vita di fallimenti romantici, la gamer ventunenne si rende conto di aver bisogno d’aiuto. Le serve…

    Un sex tutor.

    L’atleta Austin Jacobs, sexy in modo sconvolgente, è proprio l’uomo giusto. Come dio del sesso in carica del campus, conosce alla perfezione la parte del playboy. Ma sotto quegli addominali a tartaruga batte un cuore spezzato. Austin non si fida delle persone, e di sicuro non crede all’amore.

    La strana coppia fa un accordo. Quattro settimane di tutoraggio per cinquemila dollari.

    Quando Austin persuade Elizabeth a uscire da dietro lo schermo del suo computer, l’attrazione che provano l’uno per l’altra è innegabile. Sono entrambi un po’ spezzati, ma in qualche modo i loro bordi seghettati combaciano. E quando il mondo crolla loro addosso, devono entrambi decidere se per questa strana cosa chiamata amore valga la pena lottare.

    Dedica

    Al mio meraviglioso marito.

    Sei il mio compagno, la mia altra metà, il vento sotto le mie ali e tutta quella roba sdolcinata.

    Grazie di essere te. E grazie di amarmi.

    Riconoscimento dei marchi

    L’autrice riconosce i marchi commerciali e i relativi detentori dei seguenti elementi menzionati in quest’opera di fantasia::

    AMD: Advanced Micro Devices, Inc.

    Apple: Apple, Inc.

    Barbie: Mattel, Inc.

    Casablanca: Warner Bros. Entertainment Inc.

    Crudelia De Mon: Dodie Smith

    Disney: The Walt Disney Company

    Facebook: Facebook, Inc.

    Attrazione fatale: Paramount Pictures Corporation

    Forrest Gump: Winston Groom

    Google: Google, Inc

    GQ: Condé Nast Inc.

    Hold Me, Thrill Me, Kiss Me: Harry Nobel

    Instagram: Facebook, Inc.

    James Bond: Ian Fleming

    Jason Bourne: Robert Ludlum

    Il signore degli anelli: J. R. R. Tolkien

    Maxim: Biglari Holdings Inc.

    Michelin: Compagnie Générale des Établissements Michelin SCA

    Nvidia: Nvidia Corporation

    Perrier: Nestlé S.A.

    Photoshop: Adobe Inc.

    Pop-Tarts: The Kellogg Company

    Post-it: 3M Company

    Pretty Woman: Walt Disney Studios Motion Pictures

    Scarface: Universal Pictures

    Sharpie: Newell Brands Inc.

    Solo Cup: Dart Container Corporation

    Sports Center: ESPN Inc., The Walt Disney Company, Hearst Communications

    Stand By Me: Ben E. King, Jerry Leiber, Mike Stoller

    Star Wars: The Walt Disney Company

    L’esorcista: Warner Bros. Entertainment Inc.

    Lo Hobbit: J. R. R. Tolkien

    Il silenzio degli innocenti:

    Top Gun: Orion Releasing LLC

    Trojan: Church & Dwight Co., Inc.

    Uber: Uber Technologies, Inc.

    Harry, ti presento Sally: Columbia Pictures Industries, Inc.

    Wired: Condé Nast Inc.

    YouTube: YouTube, LLC

    Capitolo Uno

    Elizabeth

    Fuori dal ristorante dopo cena, Jeremy sembra timido quanto me, e batte un piede sul marciapiedi tenendo le mani in tasca. Va bene, forse non quanto me. Lui riesce a guardarmi negli occhi senza arrossire. È timido del tipo oh, guarda che dolce, mentre io sono più il tipo oh, ha dei problemi a interagire in società. Sembra andare alla mia stessa velocità. Lento. Lento come una tartaruga a tre zampe su un ghiacciaio. È anche gentile. Non minaccioso. Sicuro.

    La cena è stata imbarazzante solo un pochino, un trionfale successo nei termini relativi dei miei appuntamenti. Ma è la fine della serata e questa è la parte che odio.

    Che facciamo adesso?

    Un abbraccio?

    Un bacio?

    Una stretta di mano? No, sarebbe strana.

    «Sono stato bene stasera», cinguetta lui con un sorriso innocente sulle labbra. Nel frattempo, il mio stomaco sta cercando di capovolgersi dall’interno. Calmati, Elizabeth.

    Lui è ben lontano dall’essere il mio uomo ideale, essendo a stento più alto di me coi suoi centocinquanta centimetri e uno sputo. Lo si può considerare in forma solo se si intende rotonda. Non comparirà mai sulla copertina di GQ, o nemmeno di Wired. Non mi importa. Voglio che lui, o chiunque in effetti, mi faccia perdere la testa. Voglio provare qualcosa, qualunque cosa, a parte questa paura paralizzante.

    Ho le mani sudate. Il cuore mi batte più forte che se avessi corso la maratona. Il mio cervello purtroppo ha attivato l’ipervelocità.

    E se avessi qualcosa incastrato tra i denti?

    E se il fiato mi puzzasse di cipolla?

    E se il mio deodorante avesse smesso di funzionare?

    E se fossi pessima a baciare?

    E se pensassi che lui si sta avvicinando per un bacio, ma in realtà si sta avvicinando solo per un abbraccio, e facciamo quell’imbarazzante balletto avanti e indietro, finendo per urtare testa contro testa?

    Il mio stomaco continua le sue acrobazie, annodandosi su sé stesso. Mi stringo le braccia attorno al corpo, implorandolo silenziosamente di assestarsi. Sono ignara dell’espressione sofferente che la mia faccia deve aver assunto fino a quando lui mi domanda con sincera preoccupazione: «Stai bene?»

    Non posso dirgli che sto dando di matto, perciò mento. Senza dubbio non una cosa in cui sia particolarmente brava.

    «Sì, sto bene». Cerco di fare spallucce con nonchalance e dico la prima cosa che mi passa per la testa. «Solo un po’ di aria. Sai, il cibo messicano…»

    NON puoi averlo detto davvero!

    Il dolce sorriso di Jeremy si spegne in una smorfia disgustata.

    «Giusto», dice. Guarda verso la sua auto nel parcheggio, senza dubbio ansioso di allontanarsi dalla mia disastrosa personalità.

    «Anche io sono stata bene», tento di recuperare.

    Mi rivolge un sorriso forzato. Ora chi è che sembra avere problemi di aria? Quest’uomo ha ufficialmente perso interesse. Non posso dire di biasimarlo.

    «Beh, si sta facendo piuttosto tardi». Indietreggia facendo un gesto con la mano, chiaramente evitando qualunque contatto fisico a questo punto. «Ti auguro la buonanotte, Elizabeth».

    «Anche a te, Jeremy». Ricambio il goffo saluto con la mano e mi dirigo verso casa, la testa bassa per la vergogna per tutto il tragitto.

    Nell’istante in cui la mia porta d’ingresso si chiude alle mie spalle, vado dritta al computer. Indosso le cuffie e fisso la finestra della videochat aspettando che Jackie risponda. Jackie è la mia migliore, e unica, amica. Coi suoi capelli rosso acceso e l’anello al naso, è anche diametralmente opposta a me. Lei è una donna impetuosa e risoluta, l’equivalente umano di un chihuahua. Piccola ma prepotente, è davvero decisa a conquistare il mondo. Proprio. Non. Da. Me. Io odio essere notata e cerco di tenermi fuori dai radar. Lei ama essere al centro dell’attenzione e finisce col comandare a bacchetta chiunque abbia vicino. Conto su di lei per la brutale, completa onestà.

    «¿Qué pasa, chica? È come butta, ragazzina? in spagnolo. Ho pensato potesse servirti un po’ di cultura nella vita». Il sorriso a qualche megawatt e i ciuffi rossi fiammeggianti di Jackie illuminano il mio schermo. Il sorriso svanisce quando vede la sconfitta stampata sul mio volto. Oppure ho fallita scritto in fronte? O magari vergine ventunenne?

    «Ehi, cos’è quella faccia triste?» La sua voce trascina via la mia mente dal contemplare tatuaggi facciali per commemorare i miei fallimenti e la riporta nel mondo reale.

    «Stasera sono andata al mio appuntamento con Jeremy».

    Lei mi fissa senza espressione. «Chi cazzo è Jeremy?»

    «Lo sai, CommanderUxorious?» Lo username fa comparire una scintilla di comprensione nei suoi occhi.

    «Oooohhhh, quel noob geekalizioso con cui chattavi da…» Fa una pausa, inspirando in modo eccessivamente teatrale prima di aggiungere: «Seeeeeempreeeee?»

    «Taci. Non è stato così tanto. Solo sei mesi».

    «È il triplo dell’aspettativa di vita di una delle mie relazioni. Allora, era sexy?»

    Cerco di pensare a un modo carino per descrivere Jeremy. «È piuttosto dolce. In un modo un po’ hobbitesco».

    «Hobbitesco? Che cazzo significa? Tipo piedi pelosi e un feticcio per la seconda colazione?» chiede Jackie con una risatina.

    «Beh, è un po’ basso. E peloso. E cicciotto. Mi ricorda un hobbit. Non in senso brutto. O forse un porcellino d’india?»

    «Santo Gesù Bambino, fermati. No. Proprio no. Non si può essere hobbitesco in un senso buono. Nessuno vuole scoparsi Frodo. Riesci a immaginarti di urlare: Più forte, Baggins, più forte!»

    Fa folli versi sessuali, gemendo e battendo le mani sulla scrivania in stile Meg Ryan in Harry, ti presento Sally. Vorrei disperatamente trattenere un sorriso, ma non ci riesco. Nell’istante in cui mi vede cedere, ingrana la quarta.

    «Oh, i tuoi piedi sono così grossi e pelosi. Dammelo, baby! Portami a Mordor. Distruggi quell’anello!» Scoppiamo entrambe a ridere. Io rido finché non mi fanno male i fianchi e mi lacrimano gli occhi.

    «Il mio tesoro! Il mio tesoro!» conclude Jackie con un gesto plateale, poi si appoggia allo schienale della sedia e fuma un’immaginaria sigaretta post-coitale. «Allora, che è successo? Gli hai mostrato la tua tana da hobbit?»

    «Non proprio».

    Jackie mi conosce abbastanza bene da sentire l’imbarazzo nella mia voce. E, in puro stile Jackie, lo fa notare.

    «Lizzy, che cos’hai fatto?» usa il diminutivo che sa che odio solo per infastidirmi. Come se fossi il cane di famiglia che ha scavato nella spazzatura. È delusa, magari un tantino arrabbiata, ma per nulla sorpresa.

    Non è stato il mio primo disastro colossale di appuntamento. I fallimenti epici sono un po’ la mia specialità.

    «I… Io…» balbetto, pensando a come spiegarlo. «Potrei avergli detto di avere problemi di aria». Nascondo la faccia tra le mani, certa di star diventando più rossa dei capelli di Jackie. Sta ancora ridendo quando alla fine sbircio tra le dita. Piegata in avanti per le risate isteriche, per poco non si ribalta dalla sedia. Per fortuna, rischiare di spaccarsi la testa la fa tornare un po’ più seria.

    Con qualche profondo respiro, si ricompone. «E allora? Agli hobbit non piace? Immagino che non si farà risentire molto presto».

    «Sul serio, Jackie, che c’è di sbagliato in me?»

    «Tante cose, figlia mia. Davvero tante cose».

    «Dico sul serio. Avevamo così tanto in comune. Abbiamo passato due ore a confrontare AMD e Nvidia».

    «Oh, cielo. Schede grafiche. Da far cadere le mutande».

    «Pensavo fosse perfetto. Rispettoso. Dolce. Mansueto…» Il fastidioso finto russare di Jackie mi interrompe. «E anche con lui, do di matto e rovino tutto? Perché sono così patetica?» Mi passo le dita tra i capelli e li tiro alla radice fin quasi a farmi male.

    «Non sei patetica», mi rassicura Jackie, anche se con derisione e frustrazione nella voce. «Hai passato sei mesi a costruirti questo tizio incredibilmente noioso nella testa e ti sorprendi che non fosse all’altezza delle aspettative? Il doppio senso è voluto».

    «Perché non posso incontrare un bravo ragazzo e non dare di matto quando si arriva alla parte fisica? Non riesco nemmeno a baciarne uno». Batto la testa contro la scrivania nel classico modo dei bambini in crisi.

    «Cara, dolcezza, bellezza, luce della mia vita, lo sai che ti amo, vero? Intendo strettamente nel senso di migliore amica. Non faccio Giovedì dei Taco».

    «Anche io ti amo. E che schifo».

    «Lizbit, ascolta mamma Jackie. A te non serve un bravo ragazzo. A te serve un uomo sexy e sporcaccione che non si limiterà a prendere la tua verginità… la disintegrerà. Hai bisogno di essere scopata. Poi non sembrerà più chissà cosa».

    Scuoto la testa, quasi perdendo le cuffie nel farlo. «Non è così semplice».

    «Sì. Lo è eccome». Jackie forma un cerchio con indice e pollice di una mano e muove l’indice dell’altra avanti e indietro attraverso di esso. Che classe.

    «Non lo è. Non per me. Mi impiccio nella mia testa e penso troppo alle cose. Vado nel panico e dico qualcosa di stupido che rovina tutto. Come ho l’aria

    Jackie si fa sfuggire una rapida risatina a questo promemoria della mia inettitudine. «Questo perché esci con gli hobbit! Però sì. Non dirlo di nuovo. Hai bisogno di qualcuno così bollente che per una volta spegnerai il cervello e penserai con la passera».

    «E che cazzo significa?»

    «Significa vestiti da troia, vai in un bar, trova un tipo che ti fa venire un’erezione da signorina e cavalcalo fino a prosciugarlo». Fa una scrollata di spalle. «Facile».

    «Non è affatto da me. Non succederà mai». Rabbrividisco, il panico che mi risale lungo la schiena a quell’idea.

    Non sono da abbigliamento da troia.

    Non sono da bar.

    Non sono da cavalcate.

    «Beh, immagino che resterai vergine per sempre allora. È troppo tardi per cambiare corso da introduzione a medicina a studi religiosi? Saresti una splendida suora».

    * * * *

    Odio Jackie. Voglio dire, la amo, ma al momento rimpiango il giorno in cui ho accettato la sua stupida richiesta di amicizia. «Tu vai in un bar e trova un tizio». Così semplice. Posso andare dritta al bancone e ordinarne uno. Prendo un margarita e un surfista sexy. Birra e un atleta muscoloso. Whiskey sour e un ragazzo della confraternita. Proprio no. Prenderò un rum e cola, senza rum, e un sempre crescente senso di inadeguatezza. Ci sono un bel po’ di ragazzi qui, d’accordo, ma stanno tutti andando dietro alla biondina sexy con la minigonna. Nessuno sbava per i miei sorrisi imbarazzati e il mio agitarmi per il nervosismo.

    Mi si è addormentato il sedere per essere rimasta appollaiata su questo stupido sgabello nell’ultima ora. Sono una fallita totale seduta da sola in questo bar sovraffollato del campus a bere la mia bibita gassata e aspettare che qualcuno mi inviti a una cavalcata. Gli sguardi che ricevo non sono del tipo invitante. Sono più da ma che ha quella?

    Chi viene in un bar da solo di venerdì sera? Gli strani. E i serial killer, che presumo siano strani per definizione. Una specie a parte, ma stessa famiglia. Il punto è che nessuno si avvicina all’inquietante solitario a meno che voglia essere fatto a pezzettini e seppellito nel deserto. È questo il livello di stranezza con cui sto flirtando. Sto seduta da sola. Primo strike. Indosso jeans e T-shirt, non una canotta corta e dei leggings aderenti. Secondo strike. Sono venuta qui per conoscere gente, perciò Jackie mi ha fatto promettere di non stare a fissare il mio telefono. Niente selfie per questa ragazza. Terzo strike. Strana totale.

    Un gruppo di ragazze prende residenza accanto a me al bancone. Rivolgo loro il mio simbolico saluto con la mano da giuro che non sono una psicopatica e ottengo un tiepido gesto del mento in risposta. Triste a dirsi, è l’interazione più positiva che abbia ricevuto da qualcuno stasera. Cosa non darei per teletrasportarmi davanti al mio computer in questo istante, fasciata al sicuro nella mia tutona pigiama.

    Passa qualche altro minuto e sto cercando di non farmi notare troppo mentre origlio per cercare un appiglio nella loro conversazione. Riguarda le Kardashian. Non il mio forte. Mi oriento verso di loro in modo che la gente possa pensare che faccio parte del gruppo figo. Parte di un gruppo qualunque.

    Mi si secca la bocca, il cuore mi si ferma e il fiato mi si mozza in gola quando l’impensabile accade. Un ragazzo, un ragazzo sexy, mi si avvicina a passo deciso, indica il mio petto e dice: «Forte la maglietta». Sta parlando con me! Sta davvero parlando con me. Di tutte le ragazze in questo bar, ha scelto me. Un’ondata di idiota, vertiginoso orgoglio mi investe.

    Arrossisco, sorrido e abbasso lo sguardo sulla mia T-shirt con scritto Ci sono solo 10 tipi di persone in questo mondo. Quelle che capiscono il binario e quelle che non lo capiscono. Jackie mi ha detto di mettere qualcosa di sexy. Il nero è sexy, giusto? Anche essere divertenti è sexy. Questa maglietta è due al prezzo di uno.

    I suoi occhi non lasciano il mio petto mentre sorseggia una birra. Deve essere uno che legge lentamente. «L’hai capita?» gli domando, cercando di mantenere un tono non offensivo. Non deve per forza essere un genio. Sto cercando la mia prima volta, non la mia anima gemella.

    Lui mette un braccio sul bancone dietro di me e si sporge abbastanza vicino perché possa sentire l’alcool che gli trasuda dai pori. Ho l’impulso di urlare Invasione dello spazio personale! ma mi mordo un labbro e resto in silenzio. Mi si irrigidisce la schiena, e mi spingo indietro quanto più posso finché non urto il bancone alle mie spalle. Lui mi infila un pollice nella manica della maglietta, massaggiandomi intimamente il bicipite.

    Il suo alito caldo è sul mio orecchio quando ansima: «Sai cosa la renderebbe migliore? Essere sul pavimento accanto al mio letto».

    Mi risale la bile in fondo alla gola e il panico mi inonda il corpo. Certo, questo tipo è sexy, ma io non voglio questo. Mi porto le mani al petto. «No, grazie?» Ho la voce tremante e mi esce come fosse una domanda. Questo sembra solo incoraggiarlo.

    Sposta l’altra mano sul mio ginocchio. La condensa della birra che tiene stretta tra due dita mi filtra nei jeans. Mi sento violata dalla sensazione fredda, umida e indesiderata.

    «Che ragazza educata. Mi piacerebbe sentirti dire per favore. In ginocchio», l’estraneo mi cantilena all’orecchio.

    Vorrei dirgli di andare a fare in culo. Vorrei spingerlo via. Non ci riesco. Sono paralizzata sul posto. Lui mi sposta la mano sulla coscia. Tutto il mio corpo si irrigidisce e sgrano gli occhi. Guardo la ragazza accanto a me, implorando silenziosamente il suo aiuto.

    Lei vede il terrore sul mio viso e scatta: «Ehi, verme! Lascia in pace quella povera ragazza».

    «Sto solo facendo amicizia», risponde il tipo. Si stacca da me, un ghigno lascivo che gli attraversa la faccia.

    «Perché non vai a fare amicizia con la tua mano sinistra? Penso si stia ingelosendo», ribatte lei.

    Il tipo si limita ad alzare le mani in segno di resa, scuotere la testa e allontanarsi.

    Quando sono di nuovo in grado di respirare, mi giro verso la santa patrona delle donne senza speranza e la ringrazio per essere intervenuta.

    Lei mi rivolge un sorriso teso. «Sai, se non rispetti te stessa, nessun altro ti rispetterà».

    «Ah, va bene», rispondo, non capendo bene perché essere importunata da uno stronzo in un bar debba essere in qualche modo colpa mia. Cercando di non sembrare scortese, aggiungo: «Grazie ancora». Le rivolgo un sorriso tremante e un rapido saluto con la mano. Lei annuisce e riporta la sua attenzione alle sue amiche. Butto giù il resto della mia bibita calda e sgasata prima di dirigermi all’uscita più vicina e salire su un Uber più in fretta di quanto riesca a dire fallimento del venerdì sera.

    «Jackie, sei un’idiota», dico alla mia migliore amica non appena arrivo a casa.

    Lei alza gli occhi al cielo e sospira.

    «No, io sono un genio. Sei tu che lo stai facendo nel modo sbagliato».

    «Oh, cielo, grazie. Non mi ero resa conto che ci fosse un modo sbagliato per essere molestata da uno sconosciuto in un bar!»

    Jackie inarca un sopracciglio. «Ce n’è sicuramente uno. E se non te lo stavi godendo, allora stavi proprio facendolo nel modo sbagliato. Era sexy?»

    «Sì, era sexy. Ed era anche grezzo, prepotente, ubriaco e con una seria incomprensione dei confini del mio spazio personale».

    «Gesù, tu e la tua vagina Riccioli d’Oro siete impossibili. Questo tizio è troppo timido. Quello è troppo aggressivo», mi prende in giro con una vocina acuta dal tono di epica condiscendenza. «Sono ragazzi, non scodelle di porridge. Prendine uno e dacci dentro».

    Non riesco a dar forma a una risposta. A parte l’inquietante analogia con la fiaba, ha davvero ragione. I ragazzi che mi piacciono sono troppo timidi per fare mai il primo passo, e quelli che lo fanno vanno troppo in fretta. È la stessa cosa ogni santa volta. O scappano via loro o lo faccio io. Fiasco o esplosione. Non riesco a trovare una via di mezzo. Il mio Quello Giusto… giusto.

    Sembra senza speranza. Sono condannata a vagare sulla terra intonsa e non amata per sempre.

    «Suppongo ci sia un’altra cosa che potresti tentare». Il tono di Jackie ha una familiare vena infida. Sta aspettando che abbocchi. E, dato che sono un’idiota, lo faccio.

    «E sarebbe?»

    «Assumere un escort».

    Un escort? È folle. Estremo. Ridicolo. Completamente fuori di testa. Non è vero?

    Apro il browser e scrivo escort uomo nella barra di ricerca. Grosso errore. Enorme. Ciclopico. Pulsante. Errore! Chiudo il browser e cerco di epurare gli ultimi trenta secondi di pop-up pubblicitari pieni di perizoma e fianchi ancheggianti dai miei banchi di memoria. Perché gli uomini credono che il leopardato sia sexy? Non voglio essere dilaniata dal tuo pene, grazie tante.

    Abbassando un po’ il livello, ho miglior fortuna cercando incontri universitari. I primi pochi link sono tutti articoli in stile Maxim che spiegano le cose da fare e da non fare in questi casi. Allerta spoiler: vomitare su un ragazzo rovina la serata. Metterò da parte questa gemma per utilizzo futuro. A metà della pagina, colpisco nel segno.

    Scoreyourscore.com.

    È un sito web pensato perché le persone votino i loro partner sessuali. Si possono ordinare per campus, età, genere, orientamento, perversioni, ecc. È uno Yelp sessuale. Gioca troppo coi capezzoli. Lingua agile. Baci acquosi. Resistenza ridicola. Micropene. Due botte e fine. Tende di carne. Non. Cercatelo. Su. Google! Va avanti e avanti. Sia uomini sia donne danno dettagli dei loro exploit. Questo comodo sito è una miniera d’oro di dati.

    Non so come leggere le persone, ma i dati li capisco. I dati mi parlano in una lingua che comprendo. Al momento, mi stanno dicendo che, da qualche parte in tutta questa paglia, troverò il mio ago. Quel qualcuno speciale a cui dare la mia verginità. Un’idea brillante, anche se un po’ malsana, inizia a formarsi nella mia mente contorta. Non mi serve un professionista, ma più un dilettante con esperienza. Apro un foglio di calcolo e mi metto al lavoro, più ottimista di quanto non lo sia mai stata in merito al fare il mio prossimo passo verso l’essere donna.

    Capitolo Due

    Elizabeth

    Ho sempre odiato lo studio di mio padre. È troppo grande e ha un odore di stantio. Mi fa sentire insignificante. Sono state prese decisioni sulla mia vita in questa stanza, e non sono mai stata io quella che le prendeva. Quando attraverso la soglia, torno ad avere dodici anni.

    «Smetti di agitarti, bambina», dice la voce severa di mia madre.

    «Richard, mi stai ascoltando? Tua figlia mi ha resa lo zimbello dell’Accademia Preparatoria Montgomery». Batte il piede in terra. È la sua coda da serpente a sonagli, che avverte che sta per colpire.

    «In che modo?» chiede mio padre, lo sguardo concentrato sui documenti che ha davanti.

    «Percilla Ellison mi ha teso un’imboscata davanti all’intero Consiglio dei Genitori Preoccupati! Afferma che nostra figlia sia una minaccia per gli altri bambini. Che abbia un’ossessione per ciò che è macabro e tetro».

    Nel laboratorio di biologia, ho detto a Becca Ellison che una testa mozzata può rimanere cosciente fino a dodici secondi, cosa sia accurata sia forte. Becca ha pensato fosse una minaccia. Non so come essere normale ma, per mia madre, ci provo.

    «Pensavo fosse interessante».

    «Silenzio, bambina». Odio quando mi chiama così, come se non fossi sua. «Perché è così strana?» chiede all’universo. Mi osserva con un sospiro, aggrottando la fronte con aria di disapprovazione. «Postura, Elizabeth. Vuoi diventare gobba?»

    Tiro su le spalle e mi raddrizzo.

    «Harriet, ho una conference call

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1