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La governante
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La governante
E-book234 pagine2 ore

La governante

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Info su questo ebook

Londra 1875. Rimasto vedovo, Leonard Lennox, conte di Moncrieff, ha bisogno di una governante che si occupi di Penelope, sua figlia, o meglio della figlia della sua defunta moglie, visto che non è certo di essere il padre della bambina.
A tale scopo assume Sidonie Tate, vedova a sua volta, una donna ancora giovane, avvenente, dal carattere forte e con un passato non proprio cristallino.
Spedire figlia e governante in una tenuta di campagna lontano da Londra pare la soluzione a tutti i suoi problemi. Pare...

«Che cosa faceva vostro marito?»
«Quando era sobrio era un ottimo avvocato. Quando non lo era, era un pessimo marito.»
Per la prima volta Mrs. Tate abbassò lo sguardo.
«E in questo anno come avete fatto a tirare avanti?»
«Mi hanno ospitata dei parenti, ma non voglio più vivere alle loro spalle, non sono ricchi.»
«Capisco. Vi ritengo un po' giovane per questo impiego. Quanto tempo siete stata sposata?»
«Troppo» rispose di getto la signora Tate, poi si corresse aggiungendo: «Cinque anni.»
Quindi non era l'unico ad avere avuto un pessimo matrimonio, forse quello della signora Tate era stato addirittura peggiore del suo.
La guardò a lungo. Non aveva l'aria di essere una donna affettuosa, sembrava soprattutto pratica e alquanto cinica. Forse Penelope avrebbe preferito qualcuno sensibile e sentimentale, ma non era opportuno che crescesse con fantasie assurde e si illudesse che le persone fossero buone e gentili.
La signora Tate sembrava onesta e leale, avrebbe accudito Penelope con rigore e buon senso senza farle credere sciocchezze che l'avrebbero solo delusa.
«Pensate di risposarvi?» le chiese alla fine. 
«Nemmeno se me lo chiedesse il Principe di Galles» rispose lei senza esitare.
Per la prima volta dopo diversi anni, lord Leonard Moncreiff scoppiò in una sonora risata.
 
LinguaItaliano
Data di uscita31 ago 2020
ISBN9788835886686
La governante

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    Anteprima del libro

    La governante - Rebecca Quasi

    la-governante-ebook-prova-nuova.jpg

    La Governante

    Copyright © 2021

    Rebecca Quasi

    Correzione di Bozze: Aina Sensi

    Impaginazione e copertina: VMgraphic design/ Valentina Modica

    Immagine in copertina: depositphotos.com

    Ogni riproduzione, totale o parziale, e ogni diffusione in

    formato digitale non espressamente autorizzata dall’autore

    è da considerarsi come violazione del diritto d’autore e

    quindi punibile penalmente

    Rebecca Quasi

    La

    Governante

    CURIOSITÀ

    Questo libro ha preso vita su Wattpad nel 2018 dove è rimasto per circa un anno. È grazie a lui se ho conosciuto Laura Nottari, per cui ho un motivo in più per essergli grata e volergli un gran bene.

    È nato una puntata alla volta, seguendo l’ispirazione del momento.

    Non ha pretese di verosimiglianza storiografica in senso stretto, si augura semplicemente di non essere ridicolo ma solo divertente.

    Dopo un anno di permanenza su Wattpad è stato pubblicato da un Casa Editrice digitale, e ora torna on-line in self publishing. Vi ho detto quanto amo il self?

    Soprattutto nel self, è fondamentale lo scambio con le beta reader; io sono fortunata perché le persone che leggono in anteprima i miei lavori sono straordinarie e complementari nel modo di leggere un’opera. Grazie di cuore a Paola Bianco, Marilena Boccola, Silvia Compagnoni, Paola Di Pea e Antonella Melillo.

    Amo questa storia nonostante le sue imperfezioni e in futuro, insieme ad Amalia Frontali, abbiamo intenzione di riscriverlo in chiave epistolare.

    Ringrazio infine chi lo ha già letto e chi sta per leggerlo.

    Questa versione non contiene sostanziali modifiche rispetto all’opera uscita nel 2018.

    Alla prossima storia.

    Rebecca Quasi.

    1

    Vedovo

    Lord Leonard Lennox, conte Moncrieff, ci pensò molto bene e giunse alla conclusione che la morte della moglie non lo aveva rattristato affatto.

    In senso ampio il decesso di una donna di ventinove anni era un’enorme disgrazia ma, nello specifico, la scomparsa di colei che gli aveva reso la vita un inferno per una decina d’anni era una liberazione.

    Il fatto, poi, che fosse precipitata dalle scale di un palazzo in cui si teneva una festa di dubbio gusto alla quale lui non era presente (e circa trecento persone potevano confermarlo) era un ulteriore segno della benevolenza del destino.

    A questo si era concesso di pensare il conte di Moncrieff dopo il funerale, quando finalmente se n’erano andati tutti coloro con i quali aveva dovuto sostenere un credibile e ipocrita contegno compatibile con una grave perdita.

    Dunque, cosa restava del loro matrimonio? Certo la figlia che Penelope aveva avuto. Da chi? Forse era addirittura sua. Quando era rimasta incinta non si era ancora accorto che andava a letto con altri due uomini, e la bambina era la copia identica della madre; dal padre, chiunque fosse, non aveva preso nulla. Penelope stessa aveva dovuto ammettere che nemmeno lei sapeva con certezza chi fosse.

    Per il mondo, naturalmente, la bambina nata nel sacro vincolo del matrimonio era figlia di lord Moncrieff, ma lui, una volta appurato di dover contendere la paternità con altri due gentiluomini, l’aveva posta ai margini della propria esistenza disinteressandosene del tutto; aveva lasciato che la piccola crescesse con la madre e con le bambinaie. Soprattutto con le bambinaie.

    La scoperta aveva decretato anche la fine della relazione con la moglie: aveva smesso di vivere con lei e di passare anche una sola notte nel suo letto. Se fosse rimasta incinta di nuovo, non avrebbe avuto dubbi. Ma non accadde.

    Era una giornata propizia per un funerale: quasi diluviava. Leonard smise di fissare la pioggia che scrosciava violenta sui marciapiedi di Londra e chiese alla governante di far venire lady Penelope, la figlia di sua moglie, nello studio.

    La bambina arrivò poco dopo accompagnata dal Miss Potter, la sua istitutrice.

    «Vorrei parlare da solo con mia figlia» disse il conte; Miss Potter mormorò qualcosa alla bambina e poi uscì. Che ricordasse era la prima volta che rimaneva solo con lei, sicuramente era la prima volta che la mandava a chiamare e che le si riferiva dicendo mia figlia.

    «Come stai, Penelope?» le chiese.

    «Bene, e voi?»

    Le si era seduto di fronte. Era proprio il ritratto di Penelope, una versione in scala della madre. Biondissima, con due occhi così blu da far spavento e una fossetta, una sola, sulla guancia destra. Di una bellezza mozzafiato e senza nessuna traccia dei geni paterni.

    «Bene. Grazie.»

    Forse é meglio così, pensò Leonard.

    «Non è che ci conosciamo molto, noi due, vero?»

    «Direi di no» ammise Penelope. Non é timida, ma nemmeno maleducata. Bene.

    «Mi spiace per la mamma.»

    «Anche a me… non conoscevo tanto nemmeno lei, però.»

    Leonard se lo immaginava.

    «E chi conosci bene?»

    «Miss Potter e anche Molton, la governante di questa casa. Mrs Smith, la cuoca, mi fa i biscotti al limone.»

    Tirata su dai domestici come una figlia illegittima. Leonard sospirò; ci sarebbe voluto un uomo migliore.

    Si avvicinò e le prese le mani. Non l’aveva mai toccata, nemmeno quando era piccolissima. Il giorno che era nata si era tenuto alla larga. Solo la settimana successiva, quando era stato chiaro che sarebbe sopravvissuta, le aveva dato un’occhiata per capire a chi somigliava. Solo alla madre.

    «Ho una bellissima casa in campagna. Ha un parco enorme e un grazioso laghetto con tanti pesci. Ti piacerebbe andarci per un po’?»

    «È lontana da Londra?» chiese la bambina.

    «Non molto. In carrozza ci si arriva in poche ore.»

    «Volete mandarmi lì da sola?»

    «No, verrà con te Miss Potter.»

    «Perché non posso stare a Londra?»

    Perché non voglio vedere niente che mi ricordi mia moglie. Ma non lo disse.

    «Ai bambini piace la campagna. Sono sicuro che ti farebbe bene. E se non ti piace, Miss Potter mi scriverà e ti riporterà a casa.»

    A casa. Qui.

    «Quando volete che me ne vada?»

    Se non fosse stata così uguale a sua moglie l’avrebbe abbracciata.

    «Oh, beh… ci vorrà un po’. La casa è chiusa da tempo. Voglio renderla carina per te. E trovare una governante. Per ora ci sono solo un vecchio maggiordomo e qualche domestica.»

    Penelope annuì rassegnata.

    Scivolò giù dalla sedia e, senza aspettare il congedo formale, uscì in silenzio dallo studio di suo padre.

    In un altro momento, un uomo meno arrabbiato si sarebbe comportato in modo diverso.

    2.

    La signora Tate

    All’annuncio per il posto di governante a Moncrieff Park risposero tre donne.

    Le prime due a Leonard sembrarono molto qualificate sul piano professionale, ma avevano l’aspetto di orsi. Si mise nei panni di Penelope e pensò che non le sarebbe piaciuto essere accudita da una donna-orso.

    Si augurò che la terza candidata fosse più graziosa.

    Trovò riduttivo definirla graziosa. La terza candidata era proprio bella.

    Mrs Tate entrò nello studio con passo deciso; era piuttosto alta e austera, tuttavia in lei vibrava qualcosa di caldo.

    Leonard non avrebbe saputo dire cosa e dove fosse, ma era ammaliante.

    L’abito grigio che indossava, dimesso e liso sui gomiti, con il colletto e i polsini un po’ sfilacciati, aveva di certo visto tempi migliori, ciò nondimeno era lindo e in ordine come se fosse stato l’esito della toletta di una duchessa.

    Un cappellino sformato che conservava l’ultimo barlume di leziosità grazie a un nastro di velluto blu Cina copriva solo in parte i capelli castani, quasi rossi, raccolti con severità sulla nuca.

    Doveva essere una donna singolare. Ammaliante e singolare.

    «Lei è la signora Tate?» domandò il conte.

    «Sì, sono io, milord. Sidonie Tate»Le fece segno di accomodarsi e lei occupò la poltrona di fronte alla scrivania.

    Sedeva eretta e impettita con gli occhi chiarissimi fissi su di lui, aveva gli zigomi alti e un naso lungo e sottile, perfetto su quel viso affilato rifinito in modo bizzarro da due labbra rosse e carnose che sarebbero state perfette per…

    «Mi occorre una persona che mandi avanti questa casa e si occupi di una bambina» disse, cercando di mostrarsi austero quanto lei.

    «Vostra figlia?»

    «Beh non sono sicurissimo che sia mia figlia. Mia moglie non era una fanatica della fedeltà coniugale.»

    Perché glielo stava dicendo?

    Dopotutto sarebbe stata una domestica, e alle precedenti candidate non lo aveva certo fatto presente.

    In ogni caso la donna non reagì in nessun modo, rimase impassibile aspettando che il conte fornisse ulteriori informazioni.

    «La bambina si trasferirà qui con la sua istitutrice appena la casa sarà riaperta» proseguì, sperando di mantenersi su argomenti più neutri. «Quanto tempo pensate che ci voglia?»

    «Per accogliere un paio di persone basteranno due giorni. Se intendete ricevere e dare feste, allora…»

    «No, no. Nessun ricevimento. Solo Penelope e Miss Potter.»

    «In questo caso potete farle arrivare già venerdì o sabato.»

    «Siete molto giovane…» insinuò. Un altro argomento da evitare.

    «Ho ventisei anni.»

    «Siete vedova?»

    «Credo di sì» rispose Mrs Tate senza esitare. Lui si accigliò divertito.

    «È una risposta un po’ vaga.»

    Il conte, a differenza di lei, era tutt’altro che indifferente alle stramberie familiari; alzò il sopracciglio invitandola a chiarire quella strana circostanza.

    «Mio marito è finito nel Tamigi durante una rissa. Era ubriaco e quelli che erano con lui non sono riusciti a tirarlo fuori… Il corpo non fu mai trovato e lui fu dichiarato morto».

    «Quando accadde l’incidente?»

    «Un anno fa.»

    «Che cosa faceva vostro marito?»

    «Quando era sobrio era un ottimo avvocato. Quando non lo era, era un pessimo marito.»

    Per la prima volta Mrs Tate abbassò lo sguardo.

    «E in questo anno come avete fatto a tirare avanti?»

    «Mi hanno ospitata dei parenti, ma non voglio più vivere alle loro spalle, non sono ricchi.»

    «Capisco. Vi ritengo un po’ giovane per questo impiego. Quanto tempo siete stata sposata?»

    «Troppo» rispose di getto la signora Tate, poi si corresse aggiungendo: «Cinque anni.»

    Quindi non era l’unico ad avere avuto un pessimo matrimonio; forse quello della signora Tate era stato addirittura peggiore del suo.

    La guardò a lungo. Non aveva l’aria di essere una donna affettuosa, sembrava soprattutto pratica e alquanto cinica. Forse Penelope avrebbe preferito qualcuno sensibile e sentimentale, ma non era opportuno che crescesse con fantasie assurde e si illudesse che le persone fossero buone e gentili.

    La signora Tate sembrava onesta e leale, avrebbe accudito Penelope con rigore e buon senso senza farle credere sciocchezze che l’avrebbero solo delusa.

    «Pensate di risposarvi?» le chiese alla fine. Non che c’entrasse molto con la faccenda di fare la governante.

    «Nemmeno se me lo chiedesse il Principe di Galles» rispose lei senza esitare.

    Per la prima volta dopo diversi anni, lord Leonard Moncreiff scoppiò in una sonora risata.

    Dopo essere stata assunta come governante, Mrs Tate scomparve dalla vista del conte per essere sostituita da un’efficienza degna di Victoria Station all’ora di punta. Tutta la casa marciava come se fosse sui binari: il conte non faceva in tempo a desiderare un tè che appariva una domestica a portarglielo e quando pensava che fosse il caso di far accendere un camino, s’accorgeva che qualcuno lo stava già accendendo, per cui non riusciva a trovare nessun pretesto per convocare Mrs Tate e chiederle di persona di fare qualcosa.

    Si domandava addirittura se fosse ancora in casa o se avesse solo impartito una serie di ordini millimetrici per poi dileguarsi.

    Venne fuori che non si era affatto dileguata, infatti ricomparve dal nulla al momento dell’arrivo di Penelope.

    Quando la carrozza della bambina e della sua istitutrice giunse davanti alla porta della residenza, la signora Tate era lì in piedi ad attenderla.

    Come aveva fatto a sapere dell’arrivo, se lui non gliel’aveva comunicato?

    Penelope scese aiutata da un valletto e si guardò intorno stupita.

    Non aveva mai lasciato Londra e l’immensità della residenza di campagna non poteva che ammaliarla.

    Col nasino puntato su tutta l’ampiezza della facciata della casa, si diresse verso l’ingresso seguita da Miss Potter, che le suggerì di non camminare senza guardare dove metteva i piedi.

    «Benarrivata, lady Penelope. Sono Mrs Tate, la governante; potete chiamarmi Tate.»

    «Buongiorno» rispose la bambina.

    «Benarrivata anche a voi, miss Potter. Le vostre stanze sono pronte e fra poco potremo prendere il tè. Venite, vi accompagno.»

    Senza esitare, Mrs Tate tese la mano a Penelope e la bambina la strinse.

    Ora il suo viso latteo osservava con curiosità e abbandono il volto della governante, che le sorrideva.

    Non era un sorriso affettato, certo non era affettuoso; era solo un onesto benvenuto, qualcosa su cui si poteva contare.

    «Vostro padre è stato molto occupato in questi giorni, ha lavorato parecchio per rendere accogliente la casa. Penso che lo incontrerete più tardi» spiegò Mrs Tate.

    La bambina sorrise di più, incredula, ma se lo dicevano quelle labbra così sicure di sé, doveva essere vero.

    L’uomo, che in verità non aveva mosso un dito se non per capire dove diavolo fosse finita la governante, aveva spiato la scena dalla finestra dello studio, che aveva una buona visuale sull’ingresso principale della casa.

    Decise che quello fosse un buon motivo per convocare Mrs Tate.

    Poco dopo la governante bussò e lord Moncrieff le disse di entrare.

    «Mi avete fatta chiamare?» si presentò Mrs Tate.

    «Sì, prego.»

    Le indicò di sedersi; la donna si accomodò restando impettita sulla poltrona.

    Moncrieff si versò da bere.

    Mrs Tate lo guardò con quell’aria indecifrabile che cominciava a dargli fastidio.

    «Non vi concedete mai un goccetto, voi?»

    «Non bevo mai.»

    «Mai…»

    «Mio marito ha bevuto a sufficienza per entrambi.»

    Al conte passò la voglia di gustarsi il porto. Posò il bicchiere sul tavolo e si accomodò di fronte a Mrs Tate.

    Misurò la distanza tra loro con una lunga pausa, durante la quale si concesse di guardarla. Non era cambiata per nulla da quando l’aveva assunta. Anche l’abito doveva essere il medesimo. Stessa acconciatura, stesso atteggiamento rigido ma sicuro di sé.

    «Avete visto mia figlia.» Non era propriamente una domanda.

    «Sì, è arrivata pochi minuti fa, ora è…»

    «Come vi è sembrata?» la interruppe il conte.

    «Una bellissima bambina.»

    «È identica a sua madre. Difficile dire chi possa essere il padre, nel suo aspetto non ci sono tracce di nessuno se non quelle della mia defunta moglie.»

    Mrs Tate assunse una posizione di difesa.

    L’etichetta era piuttosto dettagliata e precisa e, per chi si dava la pena di studiarla, c’erano regole e soluzioni per ogni tipo di situazione imbarazzante, a patto che qualcuno non fosse tanto stupido da gettarsi volontariamente nei guai con dichiarazioni così esplicite e impossibili da ignorare.

    «Non ritengo questo dettaglio…» disse Mrs Tate rendendosi conto che il conte esigeva un commento.

    «Io non lo considero un dettaglio!» esclamò lui. «Comunque la bambina ha il mio nome. E mi aspetto che venga trattata con cura e rispetto. Conoscevate mia moglie?»

    «No, direi di no. Mi hanno detto che era molto bella.»

    «Sì, lo era. Vi urta sapere che Penelope non è…»

    «Non mi riguarda» si affrettò a dire Mrs Tate.

    «Siete sempre così fredda, Tate?»

    «Prego?»

    «Siete molto fredda, distaccata. Siete sempre così?»

    Sidonie alzò la testa e piantò gli occhi addosso a lord Moncrieff. Non era prudente lanciare certe occhiate al proprio datore di lavoro, ma Mrs Tate non era mai stata molto docile.

    «Capisco il

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