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Change Of Heart: Edizione italiana
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E-book315 pagine6 ore

Change Of Heart: Edizione italiana

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Info su questo ebook

Nelle Highlands scozzesi una finta relazione offrirà a due donne l’occasione di seguire il loro cuore.
Dall’abile penna di Clare Lydon una romantica storia che vi lascerà senza fiato.


Quando Erin Stewart assume una finta fidanzata perché l’accompagni alla festa di anniversario dei suoi genitori, ottiene molto più di quanto avesse immaginato. In primo luogo conosce Steph Mitchell, un’attrice professionista bella da morire. Secondo, si schianta contro un muro di stress familiare. Basta fare respiri profondi: sono solo cinque giorni, e con l’aiuto di Steph riuscirà di certo a superarli, giusto?
Il problema è che Erin non aveva messo in conto di cedere al fascino di Steph e non ha idea di cosa fare quando la tensione tra loro esplode, con conseguenze vertiginose per tutti. Cosa succede quando due donne fingono una relazione, si mettono insieme sul serio e infine si lasciano? Erin e Steph stanno per scoprirlo.
Preparatevi a una storia d’amore ambientata nelle Highlands scozzesi, con tanti paesaggi lussureggianti, attrazione rovente, un primo bacio da far tremare le ginocchia e sferzanti drammi familiari. Clare Lydon è la regina britannica delle commedie romantiche e vi garantiamo che in questa storia vi lascerà senza fiato.
LinguaItaliano
Data di uscita1 ago 2023
ISBN9791220705547
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    Anteprima del libro

    Change Of Heart - Clare Lydon

    1

    Presente

    «Non ci andò.» Erin trangugiò la marmellata rimasta nella coppa, poi si appoggiò allo schienale della sedia e chiuse gli occhi.

    «No? Non andrai alla festa per il quarantesimo anniversario dei tuoi genitori?» Morag aveva un’espressione incredula. «Io ci andrò eccome, a costo di farlo da sola. Le feste dei tuoi sono stratosferiche. Ricordi quella per i sessant’anni di tua mamma, con la scultura di vodka ghiacciata e il karaoke con band dal vivo?» Mosse il braccio, e la manica a pipistrello della sua felpa rosa confetto si impigliò nel pacchetto aperto di patatine facendolo girare sul tavolo. Lei lo afferrò al volo prima che il contenuto potesse cadere per terra e finire nelle fauci riconoscenti del cane del pub, un Labrador cioccolato di nome Freddo.

    Erin ricordava bene la festa in questione. Aveva bevuto troppa vodka gelata e, ubriaca fradicia, era caduta dal palco nel bel mezzo di un’eccitante interpretazione di The One And Only di Chesney Hawkes. Si era anche ripresa come una vera professionista, però, cominciando ad aggirarsi tra la folla con il microfono cordless. La sua famiglia non aveva ancora smesso di rinfacciarglielo. «Ricordo anche di aver pensato che fosse un po’ tragico non avere nessuno con cui andare.»

    Morag la guardò ancora più incredula. «Avevi me!» La sua bocca tonda e piena si curvò verso il basso e persino i riccioli rossi sembrarono indignarsi.

    Eric corrugò la fronte e le diede una pacca sul braccio. «Lo so, e sei la migliore. Allora avevo solo ventisette anni, però. Essere single prima dei trenta va bene, il problema è che sono passati dieci anni e non è cambiato nulla. Non ce la faccio ad affrontare gli interrogatori della mia famiglia allargata sulla mia condizione di single. Peggiorano di anno in anno. E poi conosci i miei genitori. Sono instancabilmente vivaci e decisi a dimostrare che va tutto a meraviglia. Perciò sì, preferisco andare in vacanza.» Ma dove? Lo decise sul momento. «Alle Seychelles. Soltanto io, il sole e il mio cuore solitario. Mi rifiuto di essere la classica trentasettenne patetica alla festa dei miei genitori.»

    La sua migliore amica gettò la testa all’indietro e rise con forza. Il loro locale, il Falcon, era piuttosto affollato. Dal tavolo vicino, due donne sulla cinquantina vestite da escursioniste si voltarono a guardarle e Morag le salutò con la mano.

    Erin si coprì il viso. Morag era sempre stata imbarazzante.

    «Ti prendo altro da bere o diventerai ancora più malinconica?» Sistemandosi una ciocca di riccioli dietro l’orecchio, Morag si alzò senza aspettare risposta ma si voltò a guardarla prima di allontanarsi. «Gin tonic con extra bitter per la regina dei drammi?»

    Erin gonfiò le guance e le fece una pernacchia. «Gin normale, grazie. Quello alla marmellata mi ha fatto venire voglia di tè e pane tostato.» Si accasciò in avanti. «So che devo andarci, ma non mi va. Perché non vieni anche tu e ti fingi la mia ragazza?»

    Morag arricciò il naso. «Se Patsy e Duncan non mi invitano solo per la mia personalità spumeggiante, mi riterrò offesa a morte.» Esitò. «E anche se il tuo piano è fantastico, tutti i tuoi amici e parenti mi conoscono. Sanno che sono etero. È un po’ improbabile che, dopo tanti anni, d’un tratto abbia deciso che sei irresistibile, no?»

    Erin sarebbe andata alla festa. Stava solo sfogando la frustrazione, e Morag lo sapeva. Ma perché la sua situazione sentimentale doveva diventare una questione di stato? Non bastava che avesse successo in ogni altro ambito della vita? Secondo sua nonna, no. «Prima di morire vorrei tanto vederti sistemata,» le aveva detto durante il loro ultimo incontro. Morag la accusava di essere drammatica, ma Erin aveva imparato dalla migliore. Sua nonna era sana come un pesce e parlava come se avesse un piede nella tomba.

    Morag tornò con i drink: gin per Erin, Sauvignon Blanc per lei. Si sedette inarcando un sopracciglio.

    Di colpo, Erin ebbe una strana sensazione. Quell’espressione sul volto dell’amica di solito preannunciava guai.

    «Sai, quello che hai detto mi ha fatto pensare. L’idea di fingermi la tua ragazza.»

    Erin sbatté le palpebre. «Lo farai?»

    «Certo che no, cazzo. Tanto per cominciare, Tim cosa direbbe?»

    «Siete usciti solo un paio di volte.»

    «Non mi fingerò la tua ragazza.»

    «Guastafeste.»

    «No, mi ha fatto pensare a un podcast che ho ascoltato qualche giorno fa. Quello sulle relazioni,» proseguì Morag. «Intervistavano questo tizio… non ricordo il nome. Stava parlando dell’agenzia che ha fondato per le persone che hanno bisogno di qualcuno che le accompagni a qualche evento.»

    «Non assumerò una prostituta per la festa dei miei genitori.» Erin aveva degli standard, e si rifiutava di metterli in discussione. Non era Richard Gere.

    «Non sto parlando di una prostituta!» Morag bevve un sorso dal suo bicchiere. «E poi, chi le chiama ancora prostitute? Oggi si dice escort.» Picchiettò il dito sul tavolo. «Torniamo al punto.»

    «Intendi al tuo consiglio di assumere una prostituta?»

    «No! ’Sto tizio gestisce un’agenzia dove puoi assumere attori professionisti perché fingano di essere i tuoi partner per queste occasioni. Senza impegno. Non è un servizio di escort, parliamo di attori disoccupati che si sono stufati di fare le comparse in EastEnders. Non devi andarci a letto, neppure baciarla. Questa tizia arriverebbe e si fingerebbe la tua ragazza per il weekend. È perfetto, se ci pensi.»

    «È da disperati.»

    Morag la guardò con aria eloquente.

    Erin batté le palpebre, poi si accigliò. «Io non sono disperata

    Le escursioniste sedute al tavolo vicino girarono di nuovo la testa. Era una sua impressione, o si stavano persino sporgendo per ascoltare meglio?

    Morag sbuffò. «No, certo, ti credono tutti. Del resto l’hai appena urlato all’intero pub, e questo è sempre il modo migliore per convincere la gente.»

    Erin alzò gli occhi al cielo. «Anche se assumessi un’attrice, come diavolo farei a convincere i miei che stiamo insieme? Ci sentiamo una volta a settimana.» Sapevano che era single. Non poteva presentarsi di punto in bianco con una donna.

    «Digli che l’hai incontrata un mese fa o giù di lì. In fondo, non sei mica dietro l’angolo. Loro vivono nelle Highlands; l’ultima volta che siamo andate a trovarli ci abbiamo messo quattro ore. A meno che ti abbiano installato delle telecamere di sorveglianza in casa, non possono sapere che non ti stai scopando una tizia diversa ogni giorno.»

    Erin ci ragionò su, poi fece una smorfia. «Non se ne parla. Abbiamo troppo da fare per prenderlo anche solo in considerazione.» La loro compagnia di interior design a Edimburgo, Female Flecks, era sommersa di lavoro. Quello della decorazione d’interni era un settore che non passava mai di moda, e uno studio di design al femminile aveva quel tocco di unicità che garantiva un flusso costante di clienti. «In più, non si tratta solo dei miei genitori. C’è anche Alex. Dovrei mentire pure a lui.»

    «E allora? Lui e Wendy sono troppo impegnati a correre dietro alle gemelline per preoccuparsi della tua vita sentimentale. E scommetto che sarebbero entusiasti di una distrazione. Una novità scintillante di cui parlare che non abbia niente a che fare con vasini e marmocchi che fanno i capricci.»

    Quello era vero. Erin si era sempre sentita offuscata dal fratello, che oltre a fare un lavoro da adulto, il dottore, aveva moglie e figli. Non importava che lei gestisse la sua azienda: per come la vedeva, Alex la stracciava.

    E poi, ovviamente, c’era Nadia.

    «So che sarebbero felici per me, ma forse sarebbe ancora peggio, sapendo che è solo una bugia.» Si cacciò in bocca una manciata di patatine al formaggio e cipolla, la mente che ronzava di possibilità. «È come se fossi sempre il pesce fuor d’acqua. Mamma e papà, Alex e Wendy. Persino le gemelline possono contare le une sulle altre.»

    «E allora cambia prospettiva. Che male c’è? Non hai mai portato a casa nessuno. Questa volta, prova un approccio diverso.»

    Erin aveva sempre pensato che a quel punto della sua vita avrebbe già incontrato una donna da presentare alla famiglia, ma non si poteva dire che avesse esattamente setacciato la città in cerca del vero amore. Assumere qualcuno perché interpretasse la parte della sua ragazza era davvero peggio che presentarsi da sola? In più, durante le occasioni speciali le tensioni nella sua famiglia schizzavano sempre alle stelle. Tutte le cose non dette. Forse una persona nuova avrebbe dirottato un po’ l’attenzione.

    «Che ne dici se mi informo? Parlo con quel tizio o uno dei suoi collaboratori, scopro i dettagli.» Morag inclinò la testa. «In fondo, non è che non puoi permettertelo. Non fai che ripetermi che sei piena di soldi, ma non sai come spenderli. Perché non lo consideri un modo per prenderti cura di te? C’è chi medita, chi va alle terme. Tu puoi assumere una bellezza mozzafiato per il weekend, così allenti la pressione e rendi il tutto più sopportabile.»

    Erin provò a visualizzare la scena nella sua mente. Entrare alla festa con una donna sottobraccio, invece che da sola. L’abisso di disperazione che le scavava lo stomaco sembrò riscaldarsi. Non sarebbe stato niente male. Cavolo, sarebbe stato un enorme cambiamento, e in quel modo zia Helena non avrebbe potuto avvicinarsi per darle una pacca sul braccio e dirle in tono complice che non c’era niente di male nell’essere una solitaria, proprio come lei.

    Raddrizzò la schiena. Forse assumere un’attrice era davvero la scelta migliore. Niente sentimenti da gestire. La tizia avrebbe fatto quello che le veniva chiesto. Lei avrebbe avuto il completo controllo, come si sforzava di fare da quando… be’, da quando la sua vita era cambiata.

    In più, Morag aveva ragione. Poteva permetterselo.

    «D’accordo. Informati, ma la vedo dura. Innanzitutto, mi servirebbe una persona queer. Oppure un’ottima attrice.»

    La sua migliore amica si accigliò. «Vuoi una finta ragazza queer? Non hai sentito quando ho detto che stiamo parlando di attori?»

    Erin si strinse nelle spalle. «Lo so, ma se fosse queer sarebbe più facile. Capirebbe meglio le pressioni della famiglia.»

    Morag le lanciò un’altra occhiata tagliente. «Le pressioni della tua famiglia esistono solo nella tua testa. Tuo fratello ti adora, e i tuoi genitori pure.» Si interruppe. «So che c’è anche il problema di Nadia…»

    «Smettila.» Erin si alzò, il cuore che martellava nel petto. Succedeva sempre, anche dopo tanti anni. «Il problema sono io e la mia incapacità di portare avanti una relazione.» Incontrò il suo sguardo. «Ma hai ragione, arrivare con qualcuno sarebbe carino. Informati e vediamo che ne esce fuori.»

    2

    «Prendi, Steph!»

    Steph alzò lo sguardo in tempo per vedere la bomboletta di Elnett dorata sfrecciare verso di lei, ma non abbastanza da chinare la testa prima che la colpisse sullo zigomo con un soddisfacente rumore metallico. «Cazzo, Jody!» Recuperò la bomboletta dal pavimento impolverato del camerino e si alzò massaggiandosi la faccia. «Perché diavolo mi hai lanciato addosso una bomboletta di lacca per capelli?» Abbassò lo sguardo sul proprio costume. Scandaloso body verde, corda verde intorno alla vita e foglie finte che la rivestivano dalle spalle ai piedi. Non certo un look da copiare per una serata fuori.

    «Perché ti serve per completare il tuo ensemble.» Jody pronunciò l’ultima parola come se stessero per sfilare sulle passerelle della fashion week di Parigi. «E poi, più che lanciartela addosso te la stavo lanciando e basta.» Le si fermò di fronte, vestita da decorazione natalizia. Il suo metro e ottanta di altezza era avvolto in una scintillante sfera cilindrica rosso rubino, aveva viso e capelli dipinti d’oro e delle lucine lampeggianti in cima alla testa. In tutta sincerità, appariva piuttosto ridicola.

    «Tra l’altro, posso sottolineare che sono alta cinque centimetri più di te e ancora non capisco perché non hanno dato a me il ruolo di pianta di fagioli?» Era oltraggiata.

    «Che posso dire? I fagioli sono il mio forte.»

    Jody le rivolse un sorrisetto. «Devi rifarti il verde sui capelli prima di usare quella lacca, tra l’altro.»

    Steph si toccò la testa, consapevole che l’amica aveva ragione. La sua sfolgorante carriera di attrice l’aveva portata a recitare nel coro del musical di Jack e la pianta di fagioli in scena al Croydon, dove interpretava tre ruoli diversi: l’abitante del villaggio, la mucca e la saggia pianta di fagioli parlante. Erano sul punto di lanciarsi nella prima grande canzone di gruppo della seconda metà dell’opera, il momento di gloria del suo personaggio. Sul palco, Jack stava cantando che era smarrito e non sapeva in che direzione andare. Steph si sbirciò nello specchio. Comprendeva il dilemma.

    «Passi a bere qualcosa da me, stasera?»

    Annuì. «Sì. Viene anche Michael, ha detto che ha un lavoro da propormi.»

    Jody inarcò un sopracciglio incrostato di trucco. «Ancora non ci credo che abbia smesso di recitare.»

    Steph, Michael e Jody si erano conosciuti all’accademia d’arte drammatica. Da quel momento in poi le carriere di Jody e Steph avevano proceduto di pari passo, ma Michael si era stancato della precarietà del mestiere e aveva avviato un’impresa tutta sua, offrendo i servizi degli amici attori alle persone in cerca di accompagnatori per qualche evento. Steph non lo vedeva da un paio di mesi, ma a giudicare dal suo profilo Instagram i nuovi affari andavano alla grande. Quella sera, l’amico aveva annunciato di doverle fare una proposta impossibile da rifiutare. Il che restava tutto da vedere. Aveva già provato a offrirle dei lavori, in passato, ma non erano mai riusciti a far combaciare i tempi. In più, Steph non considerava quelli di Michael dei veri e propri lavori di recitazione. Certo, da ragazzina il suo sogno non era di ritrovarsi a interpretare una pianta di fagioli a trentasette anni, ma almeno calcava un palcoscenico e aveva la tessera della federazione attori. L’agenzia di Michael, invece, cos’era se non una specie di costoso servizio di escort? Non era ancora così disperata.

    Aveva ancora qualche strada da battere, prima di ritrovarsi a battere per strada.

    «Non so cos’abbia in serbo, ma è stato molto insistente. Forse ha trovato il ruolo che darà una svolta alla mia carriera. Potrebbe essere il mio momento di splendere.»

    Jody annuì, facendo tintinnare il costume. «Per me lo è di certo.» Si premette un pulsante sulla coscia e le lucine che le ricoprivano il corpo si accesero in un lampo.

    Steph girò la testa, felice di non soffrire di emicranie. A sua madre venivano spesso: un musical l’avrebbe distrutta.

    «Ognuno ai suoi posti!» gridò Ron, il direttore di scena. Aveva una folta zazzera di capelli arancioni, lo stesso colore del succo di carota che Steph adorava ma non poteva permettersi spesso. Aveva anche una ruga così profonda sulla fronte da far pensare fosse uscito accigliato dal ventre materno. «Il pubblico ha adorato la prima metà dell’opera, a giudicare dalla quantità di gelato che sta mangiando. Hanno finito il cioccolato e la vaniglia, non era mai successo!»

    Finalmente qualcosa di cui andare fieri.

    L’uomo si voltò verso Steph e indicò gesticolando il suo costume. «Ti servono più foglie. Ne hai persa qualcuna nella prima metà?»

    Lei annuì. Ron aveva anche una memoria terribile: succedeva ogni sera. «Cadono nel numero di gruppo. Troppe piroette.»

    La ruga sul suo volto si contrasse. «E devi avere i capelli più verdi.» Ron si guardò intorno. «Marion! Dobbiamo rendere Steph verdissima, i marziani devono riuscire a vederla dallo spazio!»

    Marion comparve con altre foglie che schiaffò addosso a Steph con la delicatezza di un pugile amatoriale. Quindi afferrò la bomboletta di Elnett, le coprì gli occhi e spruzzò, per poi completare l’acconciatura con altro verde. Fece un passo indietro, ne aggiunse un altro po’ e infine sfoderò un ampio sorriso. «Pronta per i marziani.»

    «Sei la pianta di fagioli più sexy che abbia mai visto,» assicurò Jody, avviandosi con le altre palline natalizie. «Ricorda: stasera tequila da me!»

    Steph annuì mentre due alberi di Natale umani la superavano di corsa e Harry, l’attore che interpretava Jack, spuntava al suo fianco allacciandosi i pantaloncini dopo una puntatina nel bagno.

    Lei distolse lo sguardo.

    «Tre minuti e si va in scena, gente!» urlò Ron. «Ai vostri posti!» Indicò Steph, poi Harry. «Bene, siete insieme. Restate così, okay?»

    I pensieri di Steph tornarono al lavoro di cui Michael voleva parlarle quella sera. Qualunque cosa fosse, doveva essere meglio che interpretare una pianta di fagioli per il terzo anno di fila. Sì, era alta un metro e settantotto, ma era pericolosamente vicina a diventare uno di quegli attori scritturati sempre per gli stessi ruoli.

    «Te l’ho detto che il verde è il mio colore preferito?» chiese Harry mentre aspettavano dietro le quinte, gli altri membri della compagnia già sul palco a cantare e danzare come degli ossessi.

    «Me lo ripeti ogni sera da trentatré giorni,» rispose Steph. Harry era gentile, ma stancante.

    «Jack e Pianta di fagioli, pronti?» sussurrò Ron da dietro, facendola sobbalzare. Alcune foglie caddero a terra svolazzando. In un batter d’occhio, Marion arrivò e gliele riattaccò a tempo di record.

    Ron mostrò loro i pollici alzati e fece un sorriso a trentadue denti. Era il momento.

    Steph vide Michael appena arrivò alla festa. Non che fosse difficile scorgere un malese muscoloso e alto un metro e novanta. Oltre a mettere in piedi la sua agenzia di casting unica, l’amico si era installato una palestra in casa e trascorreva ogni minuto libero a sollevare pesi, con risultati evidenti. Non era mai a corto di attenzioni maschili, anche se gli uomini che frequentava tendevano a non durare mai troppo a lungo.

    Lei lo raggiunse e gli diede un abbraccio. Dopo l’incidente che aveva avuto quella sera sul palco, quando era scivolata sul bagnato rischiando di cadere nella buca dell’orchestra, era bello vedere un volto familiare. Anche se, purtroppo, meno familiare di quanto avrebbe voluto. Era quello il problema del lavorare a teatro: ogni volta che Steph era libera i suoi amici avevano da fare, e viceversa. Michael lo sapeva bene, avendo percorso la stessa strada fino a due anni prima.

    «Proprio la donna che stavo cercando!» Michael le scoccò un bacio sulla guancia e poi le tirò una ciocca di capelli un tempo castani. «Hai ancora i capelli verdi, sai?»

    «Rischi del mestiere.»

    Profumava di acqua di colonia costosa e fumo, e baciargli la guancia era come strofinare il viso contro un foglio di carta vetro. Steph non capiva come facesse la gente a baciare gli uomini.

    «Come sta la mia pianta di fagioli preferita?»

    «È sempre più alta.» Steph lo prese per mano e lo trascinò in cucina. Una volta lì, salutò un po’ di persone che conoscevano entrambi, prese due bottiglie di Sol da un secchio del ghiaccio posato sul bancone e uscì in giardino. Malgrado fosse dicembre, l’aria fresca fu un sollievo. Riempiendosi i polmoni, Steph fissò il cielo nero come l’inchiostro. Se solo fosse esistita davvero una pianta di fagioli magica e saggia a cui rivolgersi per ricevere consigli e indicazioni esistenziali. Invece doveva accontentarsi di Michael. Raggiunsero una fila di vecchie traversine ferroviarie schierate davanti a un muro di aiuole e si appollaiarono sul bordo.

    «Ricordami che esiste una vita dopo il teatro.» Steph stappò le bottiglie e ne passò una all’amico.

    Lui bevve un sorso prima di rispondere. «Te lo dico ogni volta che ci vediamo, ma sei determinata a non mollare. Lo ammiro. È una bella qualità. Ma a volte devi capire quando è il momento di gettare la spugna. Provare qualcosa di nuovo. Tipo la mia agenzia.» Estrasse un pacchetto di Marlboro Gold dalla tasca, ne accese una e inspirò. «Ed è di questo che volevo parlarti.» Considerando la sua nuova ossessione per il fitness, il fumo pareva un residuo del suo vecchio stile di vita.

    «Al telefono sei stato molto criptico.»

    «Ho ricevuto una richiesta molto specifica. Una cliente cerca una donna disposta a fingersi la sua ragazza per qualche giorno in occasione dell’anniversario dei genitori. Ha trentasette anni, è un’imprenditrice di successo. Il punto è che è gay e ha chiesto, se possibile, un’attrice queer.» Si leccò le labbra. «Non posso chiedere ai miei dipendenti di dichiarare il loro orientamento sessuale, e non ho intenzione di fare domande in giro per scoprirlo. Ma mi sei venuta in mente tu.»

    «Non sono una tua dipendente.»

    «Lo so. Ma l’hai detto anche tu che il teatro paga malissimo, e la mia agenzia no. Ho proposto a questa cliente un prezzo più alto se fossi riuscito a trovare un’attrice queer, e lei ha accettato senza battere ciglio. O meglio, l’ha fatto l’amica che mi ha chiamato al posto suo.» Alzò una mano. «So che hai rifiutato le mie offerte, in passato, ma stavolta è diverso. Mi faresti un favore personale, e il tuo fastidio sarebbe lautamente ricompensato. Guadagneresti in cinque giorni quello che sul palco racimoleresti in due mesi.»

    Steph drizzò le orecchie. «Due mesi? Non mi stupisce che i nostri colleghi parlino tanto della tua agenzia.»

    Michael le lanciò uno sguardo d’intesa. «Nella vita bisogna pur provare nuove esperienze.»

    «Non so.» Era davvero arrivata al punto di volersi arrendere? Lo diceva di continuo, sì, ma il teatro era stato il sogno della sua vita. «Non ho esperienza in questo genere di lavoro.»

    «Sei bravissima a inventare sul momento, non ti serve altro. Ricordi quella volta che hai stracciato tutti alla gara di improvvisazione? In più ti sei cimentata con la stand-up comedy, ed eri fantastica. Dovresti riprovare.»

    «E incassare qualche altro bel calcio nei denti? La stand-up è dura. Soprattutto per le donne.»

    «Mentre fare l’attrice sarebbe una passeggiata?» Non aveva tutti i torti.

    Steph avvertì un solletico sul collo e scattò in piedi, girando su sé stessa e colpendosi la nuca con la mano. Sentì un brivido lungo la schiena.

    Michael inclinò la testa, divertito.

    «Perché non la smetti di ghignare e controlli che non abbia un ragno assassino sulla schiena?» Steph stava dimenando le spalle e i fianchi come per far roteare un hula-hoop.

    Lui si alzò e le sfiorò il collo. «Non c’è niente, tranquilla.»

    Lei si controllò un’ultima volta con il palmo, poi tornarono a sedersi.

    «Non te lo chiederei se non pensassi che ce la puoi fare.» Michael la guardò implorante. «Dovrai fingere per cinque giorni di essere una persona che non sei. È tutta la vita che ti prepari a farlo. Hai un diploma in arte drammatica. E sei gay! In più, ho visto una foto della cliente e non è niente male. Fingerti la sua ragazza per cinque giorni non sarà difficile. Guardarla come se volessi saltarle addosso? Una bazzecola.»

    Steph si accigliò. «Perché vuole un’attrice gay, però? Anche una etero può recitare la parte della lesbica: guarda Suranne Jones in Gentleman Jack.» Si mise una mano sul fianco. «Non si aspetta che vada a letto con lei, vero?»

    «Certo che no! Te l’ho detto, è un semplice lavoro di recitazione. Forse vuole solo qualcuno che sappia cosa vuol dire essere gay e capisca le dinamiche complicate che possono crearsi in famiglia.»

    Steph ci rifletté un momento. «Giusto per essere super chiari, però. Non ci andrò a letto.» Aveva sempre avuto il

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