L’ARTE (E LA VITA) IN LOOP
ra dicembre. E non faceva neanche tanto freddo, calcolando che ci trovavamo ad una mezz’ora buona di macchina da Reykjavik. Ma eravamo all’aperto, su una piccola altura in una landa altrimenti piattissima, e nella luce opaca soffiavano folate di vento improvvise e taglienti. Lui, apparentemente impassibile al clima nonostante il naso e le guance lievemente imporporati, mi strinse la mano con aria mesta giustificandosi per il suo vestito – un completo nero che gli andava piccolo di quasi due taglie con cravattina texana in tinta – aggiungendo che gliel’avevano prestato per andare a un funerale da cui era appena tornato. Questo è stato il mio primo incontro con Ragnar Kjartansson, una ventina d’anni fa. Praticamente una scena di un film dei fratelli Kaurismäki se fossimo stati in Finlandia invece che in Islanda. Indimenticabile, per essere un incontro di lavoro: stavo girando la Scandinavia nel ruolo di guest curator di
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