C'ERA IL GAS CI SARÀ LA CO2
Considerati strategici nell'ambito della politica energetica europea, in quanto tecnologie utili nella fase di transizione verso la neutralità climatica, la cattura e lo stoccaggio dell'anidride carbonica - o Ccs, dall'inglese Carbon capture and storage - sono tema di dibattito. Nel sequestrata, da aggiungere al prezzo medio di un MWh di elettricità prodotta dal carbone, all'epoca di 180 dollari. In cinque anni lo scenario è completamente cambiato. Non nel listino, che nel caso della Direct air capture (Dac, la cattura del gas serra direttamente dall'atmosfera), per esempio, arriva addirittura a 500 dollari per tonnellata, ma sicuramente nell'approccio. L'anno scorso, il think tank internazionale Global Ccs Institute ha censito nel mondo circa 140 impianti. Di questi, 45 riguardano attività dimostrative ormai concluse. Tra quelli operativi, una cinquantina in tutto, i due terzi sono progetti pilota. Poco meno di 40 sono invece le unità in fase più o meno avanzata di sviluppo. La concentrazione maggiore si riscontra negli Usa, seguiti da Europa e Asia Pacifico. Nel Vecchio Continente si fa notare la Gran Bretagna, dove si contano due progetti pilota operativi e sette siti Ccs full-chain allo studio. Cinque sono quelli norvegesi, due hanno passaporto belga, mentre Francia, Irlanda, Islanda (vedere Quattroruote dell'ottobre 2020, pag. 18), Olanda e Svezia ne hanno uno ciascuno.
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