Volendo arrivare subito al cuore dei fatti, la questione si riassume in poche righe: verso la metà dello scorso secolo, a far data precisamente dal 1956, un monaco benedettino, Padre Pellegrino Ernetti, avrebbe messo a punto, con l’ausilio di una équipe di una dozzina di studiosi e scienziati, un’apparecchiatura in grado di captare qualunque tipo di onda visiva o sonora prodottasi nella Storia umana, trasformandola (ossia ricostituendola) in una immagine tridimensionale. Detto più semplicemente, una Macchina capace di “guardare” nel passato (quindi, virtualmente, da un secondo fa all’origine del mondo stesso) e di visualizzare ogni evento, ogni fatto intervenuto nella vita di ciascun individuo.
Una Macchina del Tempo, in buona sostanza, con potere di retrovisione, che consentiva la ricomposizione di luce e suono a formare qualcosa di simile a uno spettacolo televisivo o cinematografico. Più precisamente, un ologramma, con immagini, sonore, in movimento, che Ernetti descriveva come di non perfettissima