Rintracciare le origini dell’arte del tatuaggio è impresa disperata: di certo c’è solo che la pratica è antichissima e diffusa in tutto il mondo, con affascinanti variazioni in ogni cultura.
«Non vi farete incisioni sul corpo per un defunto, né vi farete segni di tatuaggio. Io sono il Signore» Levitico 19:28
Così è scritto nel Levitico, il terzo libro dell’Antico Testamento. Attribuito a Mosè, che l’avrebbe donato agli Ebrei durante il soggiorno nel Sinai (circa 1200 a.C.), fu redatto probabilmente intorno al V secolo a.C. e contiene norme per i sacerdoti e il culto. Come nasce questo divieto, che disorienta pure i giovani e disinvolti ebrei di oggi? Rashi, uno dei più autorevoli commentatori medievali della Bibbia ebraica, ricorda che praticare tagli sul corpo in segno di lutto era d’uso comune fra i pagani, come offerta propiziatoria agli dei-guardiani dell’ultima soglia. Gli Ebrei appresero l’usanza in Egitto e continuarono a praticarla dopo l’esodo. Anche i tatuaggi erano considerati pratica idolatrica, «segni di apostasia e, una volta fatti, erano ostacoli insuperabili al ritorno». Infatti, nell’Apocalisse, 13:16-17 è scritto:
«Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome»
Sia tatuare sia incidere il corpo, insomma, erano severamente proibiti dalla , e se la condanna ha pesato a lungo sulla nostra cultura di tradizione giudaico-cristiana, lo stesso vale per molti paesi musulmani. L’Islam, infatti, vieta i tatuaggi permanenti: consente solo quelli temporanei fatti con l’henna, il pigmento rosso-amaranto ricavato dalla pianta . Nella tradizione araba (come anche in quella indiana) sono le donne a decorare con raffinati merletti di henna mani e piedi, specialmente in vista delle nozze. Perciò nei paesi arabi, ma anche in Estremo Oriente, è opportuno che i viaggiatori coprano i loro tatuaggi, soprattutto se di soggetto religioso, per evitare