arantino ne ha disseppellito la memoria con il suo (1994), tuttavia poco abbiamo ereditato da Oltreoceano di questo antico genere giornalistico-letterario. Ne sopravvive qualche esempio imperituro (il settimanale , soprattutto negli anni Settantadi ogni natura nel Dopoguerra era impensabile in un Paese che doveva leccarsi le ferite e ripartire con grande morigeratezza. Altra musica era quella statunitense, dove il genere vedeva la luce già a partire da fine Ottocento. Il suo nome deriva dal termine “wood pulp”, cioè la polpa del legno da cui veniva ricavata la carta su cui erano stampati questi periodici. Al culmine della popolarità, tra gli anni Venti e i Quaranta del Novecento, queste pubblicazioni erano in grado di vendere un milione di copie per ogni uscita, contaminando e facendosi contaminare dai fumetti eroici e dai primi magazine per adulti nati sulla scia dell’ultra-classico . Pare che nel 1934 le riviste analoghe fossero ben 134. La sola Popular Publications editò oltre 300 uscite, con punte di 42 titoli al mese. Si spaziava dalla pura narrativa (soprattutto racconti brevi) alla cronaca, sempre alla ricerca morbosa del dettaglio “forte”, anche se nel carniere degli autori figuravano in una maniera o nell’altra tutti i grandi scrittori americani del Novecento, da Isaac Asimov a Tennessee Williams, da Rudyard Kipling a Mark Twain. Molto apprezzato era il genere , che dalla fiction si è allargato alla cronaca, assai prodiga negli anni del Proibizionismo nel fornire notizie del giusto tenore. Riviste come come o erano finestre nel sottobosco criminale capaci di impressionare con le loro storie incredibili, ma soprattutto un intrattenimento alla portata di tutte le tasche nel decennio in cui la crisi economica vivenda l'onda lunga del Wall Street Crash. A fiaccare l'esistenza del pulp, che negli anni Cinquanta si avviò verso un lento declino, furono i fumetti, i romanzi tascabili e, soprattutto, la televisione.
