Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell’acqua, si lavò le mani davanti alla folla: «Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!»
Vangelo di Matteo 27, 24
Sono tanti i personaggi che vengono ricordati dai Vangeli canonici, nei capitoli dedicati alla passione e morte di Gesù: dal sommo sacerdote Caifa al tetrarca Erode Antipa, dal rivoltoso Barabba ai buoni ladroni, da Simone il Cireneo che porta la croce verso il Calvario a Giuseppe di Arimatea che si fa consegnare il corpo di Cristo per seppellirlo, solo per ricordarne alcuni. Gli evangelisti non sempre li citano tutti, né tutti allo stesso modo o con gli stessi dettagli. Ma tutti e quattro tramandano senza ombra di dubbio il nome di uno di costoro, Pilato, come l’unico che in quel momento storico, nella sua veste di massima autorità romana in terra di Palestina, aveva il potere di emettere una condanna a morte. La condanna di Gesù.
Ora, teologi, biblisti ed esegeti hanno indagato e dibattuto a lungo circa la reale veridicità dei personaggi che appaiono nelle Scritture, alcuni dei quali rivestirebbero un ruolo puramente “simbolico” o, per così dire, strumentale.
E dunque di Pilato, che è certamente uno dei massimi protagonisti negativi di quel dramma, senza addentrarci in analisi troppo approfondite, cosa possiamo dire?
UN UOMO INFLESSIBILE
Ponzio Pilato fu il quinto governatore romano della Giudea, dal 26 al 36 d.C. circa. Era stato nominato dall’imperatore Tiberio in persona, che aveva bisogno di un suo emissario pronto a gestire con pugno di ferro quella provincia che si stava rivelando tumultuosa ma che per Roma era di grande interesse strategico.
Pilato, in effetti, non tradì le aspettative del sovrano, tanto da dover domare spesso proteste se non vere e proprie rivolte. Dato il suo incarico, doveva appartenere all’ordine equestre e in Giudea rivestì il titolo di Prefetto o quello