GIUNTO L’INVERNO, APPENA il lago del Central Park si è ghiacciato, ho preso il cappotto e mi sono diretto al parco. Siamo nel 2011, ho con me una copia in italiano de Il giovane Holden di J. D. Salinger (all’anagrafe Jerome David Salinger), libro che custodisco gelosamente e che ha condizionato la mia adolescenza. Il Central Park non è un posto qualsiasi. Venne costruito a metà dell’Ottocento mentre la Grande Mela cresceva inesorabilmente sulla spinta della rivoluzione industriale: si temeva che un tale sviluppo urbanistico l’avrebbe resa una città invivibile e senza spazi verdi.
Quella del parco è una trovata geniale di alcuni esponenti dell’élite dell’epoca, guidati da William Cullen Bryant, direttore del . Siamo in un periodo in cui i giornali hanno grande potere, anche perché unico mezzo di comunicazione in attesa dell’arrivo di radio e televisione. Sebbene il piano regolatore originale del 1811 non prevedesse quest’oasi, si decise di aggiungerla nel 1857. Visto dall’alto, Central Park è un rettangolo perfetto lungo quattro chilometri e largo 800 metri; un paradiso bucolico ispirato ai grandi giardini europei, con sentieri alberati, laghetti e posti romantici, come il Bow Bridge, la fontana