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Regé-Jean Page assorbe il silenzio finché può. La settimana prima del nostro incontro, camminava sul tappeto rosso alla Mostra del Cinema di Venezia, tutto sorrisi e foto per i paparazzi, come ospite di Armani. Ma ora è a Londra, a scusarsi per essere così senza fiato. Sta aiutando un amico a rinnovare casa. «Oggi è stato tutto cacciaviti e pale», dice. «Normalmente, sono viaggi aerei e biglietti e itinerari». Tra qualche mese, l’attore britannico tornerà in pista, in preparazione dell’imminente uscita di “Dungeons & Dragons: l’onore dei ladri”. Questi momenti di tregua sono diventati importanti per Page, specialmente negli ultimi due anni. Era dicembre 2020 giorno di Natale,, quando la percezione pubblica di Page è mutata. Il giorno prima era il protagonista inosservato di drammi televisivi americani di successo (“Radici”, “For the People”) e di soap opere britanniche (“Waterloo Road”). Il giorno dopo, non potevi muoverti senza sentire qualcuno pronunciare il suo nome, o il nome del suo personaggio, il Duca di Hastings in “Bridgerton”. La serie in costume, diretta da Shonda Rhimes, è arrivata su Netflix come un balsamo nel bel mezzo di una seconda ondata di Covid-19. Ardente, sensuale e intelligente, era un regalo per gli appassionati di serie tv piccanti. Così è successo che, in una reinventata Inghilterra dell’epoca della Reggenza, il Duca di Page, oggetto del desiderio di Daphne Bridgerton, sia diventato il fulcro carnale della storia: tanto idolatrato da appartenenti a tutte le generazioni da diventare un nome familiare. Si potrebbe supporre che il cambiamento sia avvenuto per “Bridgerton”, ma Page lo ricorda diversamente. Per lui le cose sono cambiate a Santa Monica Beach nel 2016. Malachi Kirby, al fianco del quale Page ha recitato in “Radici” un remake dell’amata serie degli anni ’70 che ripercorreva la genealogia di un uomo di colore fino ai suoi antenati schiavi era venuto a stare da lui. «Un tizio ci era passato davanti ed era tornato indietro per la sorpresa. “Hey, sono i ragazzi di Radici!”». Era surreale per il passante, ma per Page anche. «Ok, Bene», ha pensato. «Ora la mia faccia appartiene a lui in qualche modo». L’esperienza, forse insignificante per alcuni, è stato l’inizio di una nuova vita per l’attore. Ha realizzato un fatto: stai portando nella tua vita quotidiana un certo numero di persone (che ti guardano). Sei solo sullo schermo, ma hanno vissuto delle esperienze con te. Bridgerton” è diventato lo show di Netflix Original più visto sulla piattaforma in poche settimane dalla messa in onda (solo in seguito superato da “Squid Game”); Page e Rhimes si erano confrontati prima che la produzione della seconda stagione fosse annunciata. «Non ho mai particolarmente voglia di fare quello che ho appena fatto, che invece è sempre la tendenza del settore», afferma alla domanda se non fosse stato interessato a partecipare alla seconda stagione dello show. «Parte del motivo per cui sono diventato un attore è per espandere i confini nell’esperienza, essere in grado di andare in posti nuovi che non puoi visitare nella vita reale, ma poter condividere quell’esperienza con un pubblico che potresti non incontrare mai fisicamente finché non ti urlano dietro sulla spiaggia di Santa Monica». Il suo primo ruolo dopo “Bridgerton” l’ha mantenuto nell’area rassicurante di Netflix, ma è stato un brusco cambiamento di genere: un thriller di spionaggio “The Gray Man”, diretto dai fratelli Russo, celebri per “Avengers”. Questa volta ha interpretato Carmichael, un moderno arcicattivo con un tocco di vintage Bond, che dirige mercenari per uccidere un assassino corrotto. «I kitchen sink drama possono, se li fai bene, valere come la più epica Odissea greca perché è così quando ci sono grandi sentimenti», aggiunge. «E se fai bene il tuo dramma di Mike Leigh, è sconvolgente ad un livello che sembra costoso come “Avengers: Infinity War”». In “The Gray Man” ha recitato a fianco di Ryan Gosling, Chris Evans e Ana de Armas. Loro, come Page, sono tutti attori che si sono confrontati con lo status di sex symbol, qualcosa che può distorcere le ambizioni di un attore, riducendole interamente al proprio aspetto. Ha intravisto questo nelle sue co-star? Non ne hanno parlato sul set, dice, ma ha riconosciuto come si siano comportati senza vanità, evitando quell’incasellamento. «La cosa più intrigante di quel gruppo di attori è come riescano ad adattarsi a qualsiasi situazione». Forse questo si intreccia con la domanda che ho fatto, pensa: «Ma suppongo che l’unico aspetto che mi ha davvero colpito è stato il vedere quanta poca importanza abbia nella vita reale quello che si legge online». Il film è stato un successo e un sequel è già in preparazione. In “Dungeons & Dragons: l’onore dei ladri” ha lavorato con Chris Pine e Michelle Rodriguez. È un’altra produzione con mega budget che vedrà Page diventare il tipo di fantasy star di cui i bambini acquistano pupazzetti durante le riprese in Irlanda del Nord e Islanda durante quattro mesi, l’attore si è familiarizzato con il lavoro su green screen per la prima volta: «Era un miracolo quando vedevi un albero!» scherza. Il suo ricordo prevalente delle riprese epiche era di essere in quelle location della vita reale, fissando la bellezza della luce che filtra attraverso le fronde delle foreste. Non per nulla lo definisce: «Un film bellissimo per gli occhi». Tra i suoi progetti futuri anche una collaborazione televisiva con i fratelli Russo che avrebbe reinventato la storia di “Butch Cassidy”, con la partecipazione di Glen Powell di “Top Gun: Maverick”. Insieme a questo c’è un revival de “Il Santo”, un altro thriller di spionaggio per cui Page si prepara al ruolo principale. Si parla molto anche del fatto che Page sarà il prossimo James Bond. Page ama i mondi in cui si trova immerso, indipendentemente da quello che deve ancora venire. Paragona il suo lavoro all’essere un personaggio nella classica serie di fantascienza di viaggi nel tempo “Quantum Leap”, con nuovi ambienti e persone a portata di mano ogni volta che sale sul set. «Se c’è un privilegio in questo lavoro, è avere nuovi mondi che fluttuano davanti a te come sul nastro trasportatore del sushi, e arrivare a immergersi e apprezzare ed espandere te stesso e il tuo essere. A volte bisogna apprezzare le sfumature e i momenti tranquilli della vita», insiste, definendosi «Un intenditore di pace. Mi butto nel caos quando serve».

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