Il Camaleonte: La voce oltre il buio
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Ha prestato la voce a Tom Hanks in Cast Away, a Robert Downey Jr in Iron Man, a Bruce Willis ne Il Sesto Senso, a Hugh Grant in Notting Hill. Ma è anche il dott. Cox di Scrubs, l'agente Gibbs in NCIS e molti, moltissimi altri.
Dal rocambolesco esordio con il maestro dei maestri, Vittorio Gassman, fino a Toy Story e alla creazione "cicciotta" della voce inconfondibile del Commissario Winchester dei Simpson. Passando per il grande schermo con Sapore di mare e per tournée teatrali - con Albertazzi, Caprioli, Carotenuto - in ogni angolo del Paese.
Il racconto della vita di uno dei più versatili e straordinari doppiatori italiani diventa, dunque, l’occasione per vestire l’armatura di Iron Man, per giocare il doppio più incredibile della storia - Ugo Tognazzi-Vittorio Gassman vs Luciano Pavarotti-Paolo Villaggio - e contendersi il prestigioso Scolapasta d’Oro; per carpire i segreti della tecnica dei più talentuosi professionisti, ma anche scoprire curiosità su chi regala una seconda anima ai più grandi attori dello schermo.
Le luci si abbassano, tutto tace. Forse in lontananza, al di là del vetro, un click. Poi il fruscio leggero di un cursore spinto lentamente verso l’alto.
Il mondo si spegne. Signori, tendete l’orecchio: entra in scena il doppiaggio.
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Anteprima del libro
Il Camaleonte - Angelo Maggi
Angelo Maggi
Il camaleonte
La voce oltre il buio
Autobiografia
© 2022 Bibliotheka Edizioni
www.bibliotheka.it
I edizione, novembre 2022
e-Isbn 9788869348228
Tutti i diritti riservati.
Tutte le foto sono della collezione privata dell’autore
Angelo Maggi
Laureato in Scienze Biologiche e diplomato alla Bottega teatrale di Firenze diretta da Vittorio Gassman, debutta in Fa male il teatro con Vittorio Gassman.
Recita in importanti compagnie tra le quali quella di Albertazzi, di Caprioli, di Carotenuto e di Squarzina.
Dal 2016 porta in scena un originale one man show, Il DoppiAttore, molto apprezzato dal pubblico e dalla critica, unendo le sue due grandi passioni, il teatro e il doppiaggio.
Al cinema è nel mitico Sapore di mare dei fratelli Vanzina. È protagonista, tra gli altri film, di Zero in condotta e Mi faccia causa regia di Steno.
In tv, ha preso parte a varie fiction tra cui Questa è la mia terra, è stato Papa Pacelli in Paolo VI e il Cap. Tebaldi ne L’isola.
Nel doppiaggio è la camaleontica voce di grandi star del cinema tra le quali Bruce Willis e Robert Downey Jr. in tutta la saga di Iron Man
. Ma soprattutto da 25 anni è la voce italiana di Tom Hanks in moltissimi film da Cast Away fino ai recenti Elvis e Pinocchio.
È inoltre la voce di diversi protagonisti di serial televisivi di successo tra cui: Jethro Gibbs in NCIS, il Dott. Cox in Scrubs, Red Reddington in The Blacklist e il napoletanissimo Commissario Winchester de I Simpson.
Ha vinto numerosi premi tra cui il prestigioso "Nastro d’argento’’ per il film Stanlio & Ollio, 2 volte il Leggio d’oro’’, 3 volte il premio
Voci’’ come miglior protagonista maschile, il premio Vincenzo Crocitti international’’, il prestigioso Premio
Tonino Accolla alla carriera e infine il Premio
Gualtiero De Angelis".
Il Camaleonte è il suo primo libro.
Dedico questo libro a mia moglie Elisa, e ai miei figli Tommaso e Flavia.
Siete le persone più importanti della mia vita e vi amo più di quanto io possa esprimere con le parole.
Prefazione di Enrico Vanzina
Cos’è il doppiaggio?
È quello che si domanda e ci spiega Angelo Maggi in questo bellissimo libro, un po’ autobiografico, un po’ didattico, un po’ diario ma soprattutto un po’, anzi un bel po’, racconto e lezione di vita.
Dice Angelo: Il doppiaggio è una seconda madre che dà nutrimento… E non è forse questo che avviene quando doppiamo un film? Un personaggio che è stato nutrito di emozioni da una prima madre – l’interprete originale – viene affidato alle cure e al nutrimento da parte di una seconda madre: il doppiatore
.
Io che sono nato nel cinema e ho fatto il cinema per tutta la mia vita sono d’accordo con lui. Il doppiaggio è il mondo parallelo dell’immaginario cinematografico. Un mondo che nasce al buio, come il cinema, che si nutre di parole, come il cinema, e trasforma il cinema di altri paesi in qualcosa di nostro.
È stato il destino a farmi incontrare Angelo Maggi, tanti anni fa, sul set di Sapore di mare. A quel tempo nessuno di noi poteva immaginare che quel film ci avrebbe legati in eterno. Un’altra magia del cinema. Quel film ci ha regalato emozioni, ricordi condivisi e una grande amicizia. Quel tipo di amicizia che si regge sulle affinità elettive. Proprio per questo ho divorato la storia di Angelo con un pathos particolare. Un sentimento di ammirazione per la sua lucida esposizione di un’esistenza e di un sogno.
Il Camaleonte è la storia di un uomo. Che nasce nel cinema, immagina il cinema, vuole il cinema e lo ottiene, al massimo livello, diventando uno dei massimi esponenti del doppiaggio italiano. Naturalmente Angelo è doppiatore ma anche attore. E non solo. Angelo usa la sua intelligenza per aprire quasi tutti i cassetti dell’espressione artistica della recitazione. Tutto, o quasi tutto, nasce con l’imprimatur di Vittorio Gassman. Che benedizione salvifica. Un’intuizione che fa piombare Angelo nelle parole della poesia, del teatro, della dizione, dell’interpretazione, del mimetismo scenico. Dentro al sogno del quale parlavo prima.
Da Gassman parte una lunga galoppata, irrefrenabile. I suoi compagni di viaggio sono gli affetti famigliari, ma anche Giorgio Albertazzi, Vittorio Caprioli, Mario Carotenuto, Luigi Squarzina. E gli attori, i grandi attori del cinema mondiale, Tom Hanks, Bruce Willis, Robert Downey Jr.. E le serie tv. E i cartoni animati. E i supereroi. E le regie. E gli audiolibri (tre anche dei miei). E l’amore per La Roma calcio. Anche quella magia. E l’amore per Roma, per Giuseppe Gioachino Belli. E il tutto messo insieme in spettacoli che portano in scena la dualità dell’attore doppiatore: Il DoppiAttore.
Un sogno la vita incantata di Angelo. Un ragazzo che si è perso nei meandri degli schermi dell’immaginazione. Ma con i piedi ben piantati in terra. Uno che non improvvisa mai, ascolta.
Sentite cosa ci dice: "L’ascolto non soltanto di ciò che avviene in sala di doppiaggio, del lavoro che ha fatto l’attore prima di noi e delle indicazioni del direttore. Parlo dell’ascolto del mondo che ci circonda, dell’altro più o meno significativo; delle persone che parlano con noi e tra di loro, escludendo noi, quelle che riteniamo preziose e le sconosciute. Perché ognuna ha un colore, un tono, una caratterizzazione più o meno marcata. Parlo di ascoltare le sfumature di senso e d’intenzione, gli intercalari, i suoni. Il respiro più o meno pesante, più o meno affannoso di ognuno".
Voglio molto bene a questo Angelo Maggi artista. Al quale in fondo assomiglio un po’. Lui dice: "In un’altra vita mi sarebbe piaciuto essere la voce di Jack Lemmon".
Anche io, nel mio piccolo, avrei voluto essere lo scrittore di Jack Lemmon.
Tutti e due persi nel gioco del camaleonte
.
Essere altri per essere noi stessi.
E in questo libro Angelo ci spiega come si fa.
Premessa di Angelo Maggi
Può un uomo solo dar vita a centinaia di personaggi? Certo, è la prerogativa del grande attore. Ma può un uomo - e qui la sfida si fa più estrema - riuscire a essere a sua volta un caleidoscopio di altrettanti attori? Ebbene sì; soprattutto se si chiama Angelo Maggi.
Ha prestato la voce a Tom Hanks in Cast Away, a Robert Downey Jr in Iron Man, a Bruce Willis ne Il Sesto Senso, a Hugh Grant in Notting Hill. Ma è anche il dott. Cox di Scrubs, l’agente Gibbs in NCIS e molti, moltissimi altri.
Dal rocambolesco esordio con il maestro dei maestri, Vittorio Gassman, fino a Toy Story e alla creazione cicciotta
della voce inconfondibile del Commissario Winchester dei Simpson. Passando per il grande schermo con Sapore di mare e per tournée teatrali - con Albertazzi, Caprioli, Carotenuto - in ogni angolo del Paese.
Episodi emozionanti e grotteschi; ricchi di incontri, aneddoti, follie. Il fragore degli applausi e le porte chiuse. Il fascino del palcoscenico e le assurdità di un mondo attraente e misterioso.
È più difficile doppiare un gigante come Gary Oldman o un cane
dell’ultima soap sudamericana? Produrre suoni indistinti e brusii o trovare una chiave nuova e, insieme, fedele per dar voce a Woody di Toy Story, ereditato dopo la scomparsa dell’amico Fabrizio Frizzi?
Il racconto della vita di uno dei più versatili e straordinari doppiatori italiani diventa, dunque, l’occasione per vestire l’armatura di Iron Man, per giocare il doppio più incredibile della storia - Ugo Tognazzi-Vittorio Gassman vs Luciano Pavarotti-Paolo Villaggio - e contendersi il prestigioso Scolapasta d’Oro; per carpire i segreti della tecnica dei più talentuosi professionisti, ma anche scoprire curiosità su chi regala una seconda anima ai più grandi attori dello schermo.
Le luci si abbassano, tutto tace. Forse in lontananza, al di là del vetro, un click. Poi il fruscio leggero di un cursore spinto lentamente verso l’alto.
Il mondo si spegne. Signori, tendete l’orecchio: entra in scena il doppiaggio.
Una voce nell’ombra
Hollywood, 1927. Don e Lina sono due star. Lavorano insieme da anni e la gente li adora. Tutti sono convinti che siano una straordinaria coppia: sul grande schermo, ma anche nella vita. Tutti, tranne lo stesso Don. Don non sopporta Lina. Quella sua scostante presunzione, quei suoi capricci da diva… e, soprattutto, quell’aria di superiorità che le nasce dall’assoluta certezza che Don sia segretamente innamorato di lei.
Come non esserlo, d’altra parte? – si domanda.
I tentativi da parte dell’attore di dimostrare alla partner quanto si sbagli cadono nel vuoto. Lina sa di essere bella e amata dal grande pubblico: non ci sono ragioni per non essere infatuati di lei; e poco importa se la sua voce è acuta e sgraziata. Il cinema, nel 1927, è muto.
Ma il mondo sta evolvendo e con lui la richiesta del mercato. Il successo dei primi film sonori sembra essere travolgente; dunque, il produttore R.F. Simpson decide di trasformare l’ultima pellicola della coppia in un film parlato.
Disastro! Lina non solo ha una voce fastidiosa e petulante – che il pubblico fortunatamente non ha mai udito – ma non è nemmeno in grado di rivolgersi in direzione dei microfoni abbastanza a lungo da non spezzare le battute. Se non arrivasse Cosmo Brown, musicista e amico di Don, con una grande idea, la débâcle sarebbe inevitabile. Ecco la chiave, invece: trasformare il film in un musical. E, a sostituire l’inudibile audio di Lina, la voce calda e meravigliosamente intonata di Kathy Selden.
Attenzione, signori, perché qui stiamo assistendo alla nascita del doppiaggio.
La trama che vi ho appena raccontato – impossibile non riconoscerla – è quella di Cantando sotto la pioggia. Un film in cui le scene indimenticabili si susseguono straordinarie, una dopo l’altra, scrivendo la storia del Cinema.
Metacomunicazione, si chiama. E qui il Cinema che racconta il Cinema
raggiunge vette altissime. Tecniche ed emotive.
Indimenticabile il passaggio in cui Kathy (Debbie Reynolds), nascosta alle spalle di Cosmo (Donald O’Connor), canta "Good mornin’, good mornin’ to you" regalando all’uomo una sorprendente voce femminile perfettamente in sincrono; suggestivo e rivelatore l’accostamento nel buio della sala, tra la scena girata con la voce impossibile di Lina e quella rotonda di Kathy.
Epico il disvelamento finale.
Alla prima del film, infatti, il pubblico è in visibilio. A Lina, stella della serata, viene chiesto di cantare per i presenti. Don, Cosmo e R.F. la convincono a esibirsi in playback con Kathy dietro le quinte a prestarle la voce. Quando i tre uomini sollevano il sipario, alle spalle dell’ignara interprete, la sala esplode in grasse risate. Eccolo il doppio, ecco l’emozione, ecco dove finisce l’inganno e appare la verità!
Kathy fugge, ma ormai tutto è chiaro. Don prende il microfono e si rivolge alla gente: «Signori, fermate quella ragazza! È sua la voce che avete ammirato stasera: è lei la protagonista».
La voce: è lei la protagonista.
Perché nel 1927 nasce il Cinema come lo conosciamo noi: immagini, suono… e voci.
E, sempre quell’anno, allora, le major americane si pongono la questione di rendere il parlato esportabile come l’immagine.
La Metro-Goldwin-Mayer (vi ho sentiti: avete fatto "Roarrr!) sperimenta una
versione multipla del medesimo film. Mantiene sceneggiatura, ambientazione, troupe, ma varia regia e interpreti Paese per Paese, costruendo di fatto più versioni della medesima pellicola. Il tentativo – che produce film di qualità scarsa, sostanzialmente anonimi, come usciti da una catena di montaggio – viene abbandonato già l’anno successivo. Nel 1928, dunque, la Fox lancia un metodo nuovo che prevede che attori diversi prestino la voce agli interpreti originali, nell’idioma dei Paesi in cui il film dovrà essere esportato. Il mezzo per fare tutto ciò lo realizza uno scienziato, un fisico austriaco, Karol Jacob, a cui – eterna stima e riconoscenza! – dobbiamo il
dubbing".
La magia, allora, si compie. Immagine e voce si sovrappongono nuovamente, il più possibile in sinc, regalando un ulteriore bagno di colore a quanto l’interprete fisico aveva già donato al proprio personaggio.
Mai come in questo caso il termine scelto per indicare tale pratica – il doppiaggio, appunto – risulta adatto al significato profondo dello stesso. L’etimologia ne racconta l’essenza priva di sbavature e, anzi, ricca di sfumature.
Non a