Gin e vermouth: sono soltanto due gli ingredienti del cocktail più camaleontico del repertorio del bere miscelato. Di Martini, infatti — per il suo prestarsi a twist e sottili variazioni; oliva o zest di limone? Il risultato cambia, eccome — potrebbero esisterne tante declinazioni quanti sono i suoi estimatori. Quello che in oltre un secolo dalla sua invenzione non è invece mai cambiato, e sembra destinato a non farlo, è il bicchiere all’interno del quale il liquido ben ghiacciato va versato con grazia: la coppa a V dallo stelo alto presentata durante l’Esposizione Universale di Parigi del 1925, in quella breve parentesi di eleganza tra le due guerre che consegnò al mondo l’Art Nouveau. Il calice sexy e spigoloso — poi evoluto anche in versioni più sinuose come il Nick&Nora, che deve il suo nome ai protagonisti di una pellicola degli anni 30 — fu concepito per concentrare l’essenza del Martini in un sorso perfetto e sarebbe stato assunto come icona della cocktail culture tutta, nonché di quel certo stile che accompagna la dimensione del bar di qualità. A dimostrare come il progetto di un miscelato sia il risultato di un pensiero che abbraccia tanto la ricerca di una ricetta ben equilibrata quanto la sua confezione estetica. Non solo il tipo di bicchiere — con il Margarita che non prescinde dal “sombrero”, l’Old Fashioned dal tumbler basso o il Paloma da uno slanciato highball —, ma anche il formato e la qualità del ghiaccio, le nuance del liquido, l’aroma (naturale, oppure potenziato con scenografiche nebulizzazioni) e la garnish a completare il servizio:
DESIGN CHALLENGE
Feb 23, 2023
9 minuti
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