Food&Wine Italia

DI CHE COLAZIONE SEI?

Continentale o anglosassone?
Ovvero classicamente dolce, incentrata su caffè o cappuccino, spremuta d’arancia, brioche e pane, burro e marmellata, o salata, a base di uova, bacon e salsicce insieme a porridge o pancake?

Nel linguaggio un po’ “burocratese” dell’hôtellerie più stanca, le opzioni per indicare il modo preferito per cominciare la giornata si limitano a queste due, con la prima che da noi viene definita anche “all’italiana”. La realtà quotidiana – tanto nelle case quanto nei bar della Penisola – fotografa però spesso un’immagine di tutt’altro tipo: un caffè veloce, ormai sempre più sovente con cialde e capsule, o un espresso da bere al bancone, accompagnato da yogurt o fette biscottate per chi s’impone un certo autocontrollo, o più spesso da un cornetto anonimo da sbocconcellare scrollando le notizie del giorno sullo schermo dello smartphone.

Qualcosa, però, sta cambiando. Negli ultimi anni, forse “grazie” alla pandemia che ha fatto scoprire a tutti il piacere di ritmi più lenti – e la procrastinabilità di gran parte degli impegni che riempiono le giornate – anche in Italia il momento della prima colazione ha iniziato ad assumere un passo più rilassato e contorni nuovi, più ampi e decisamente più interessanti, guardando pure ad altre culture e tradizioni ben oltre le latitudini più vicine e scontate (che comunque non sono mai state interpretate con così tanta attenzione).

Dunque, lievitati e laminati prendono forme e sfumature diverse dal solito, talvolta anche ardite (vedi Chi nasce croissant... pag. 75), sfidando la presunta intoccabilità del momento più tradizionalista della giornata; l’offerta salata si amplia e va ben oltre il “solito” toast – che non passa mai di moda, anzi –, e sempre più spesso la colazione viene vissuta come una coccola cui dedicare tempo e attenzione, se non come una vera e propria esperienza gastronomica. Un cambio di paradigma favorito dal fenomeno in crescita del “rientro dei cervelli” (culinari) – di nuovo, incoraggiato dallo stop forzato per il Covid – che ha visto molti professionisti tornare in Italia con il loro bagaglio allargato di esperienze professionali e abitudini personali; ma pure, più in generale, dall’abbattimento delle frontiere gastronomiche che sta scardinando anche le consuetudini più radicate degli italiani.

Così, a Milano – città che detiene probabilmente il primato di indirizzi cosmopoliti dedicati al primo pasto della giornata, e che abbiamo individuato come avamposto di sperimentazione e apertura a riguardo, seguita a stretto giro da Roma – sono sempre più frequenti le file fuori alle porte di bakery e pâtisserie, come avviene a Parigi, per accaparrarsi gli sfogliati più friabili e un tavolino per gustarli con calma, magari accanto a un caffè specialty estratto con V60 o altro sistema a filtro, come nelle caffetterie del Nord Europa e di altri Paesi del mondo.

E non solo, perché come dicevamo i rinnovati confini della prima colazione guardano ben più in là e spesso si fanno labili, mescolando tradizioni e tendenze che stanno diventando sempre più anche “nostre”, e facendo spazio a gusti allargati, a cominciare dai cultori della colazione salata.

Per esempio, da – locale aperto nella primavera 2023 in zona Città Studi – si può scegliere tra croissant classici, allo yuzu o al tè matcha, pain suisse e matcha cheesecake ma anche ordinare un Anpan farcito di anko (la “marmellata” di fagioli azuki che caratterizza gran parte della pasticceria nipponica), o un Creampan (ricetta del pomeriggio, lasciandosi mangiare per colazione, pranzo e merenda – il classico “pane, burro e marmellata” che mescola però le carte con il burroso Shokupan e alternando alle confetture di frutta l’anko da spalmare sulle fette tostate, e le proposte salate come lo sferico Curry pan (o karepan) panato nel panko e fritto, che nasconde un cuore speziato ma non piccante di curry di verdure apprezzato anche dai più piccoli. O lo Shokutoast con prosciutto cotto e Comté, completati da un velo di senape o di salsa tartufata, come nel godurioso Truffle Shokutoast (ricetta nella pagina accanto). E se i dettagli del locale rimandano in modo inequivocabile al Giappone per chi ne conosca la cultura – con l’atmosfera minimale e rilassata ma non priva di calore ed eleganza, grazie soprattutto al verde giada del vetro che abbraccia il banco dei prodotti da forno ed è ripreso dalle strisce di tessuto al soffitto che ricordano i noren, le corte tende orizzontali all’ingresso di izakaya e ristorantini di sushi –, qui gli intenti sono lontani dal voler essere un “indirizzo orientale” tout court. Dietro infatti ci sono Yoji Tokuyoshi e Alice Yamada, che hanno immaginato Pan come secondo spin-off di Bentoteca dopo il successo di Katsusanderia (locale a sua volta nato dal notevole apprezzamento per le variazioni del panino giapponese ripieno di cotoletta panata proposte dallo chef, già secondo di Massimo Bottura alla Francescana, mentre Yamada viene da una famiglia dedita all’import-export alimentare) e sono già al lavoro per creare un laboratorio di panificazione più grande, in zona Risorgimento, che rifornisca tutti i locali e anche catering e ristoranti terzi. L’obiettivo è di far conoscere e apprezzare la raffinata arte della panificazione giapponese, con i suoi impasti soffici, dal gusto appena dolce e mai stucchevole, pronti ad accogliere condimenti dolci e salati: una tradizione che nasce dall’ammirazione per l’arte bianca europea, francese in primis, arrivata in terra nipponica già nel XVI secolo e diventata vera e propria mania nazionale a cavallo del secondo millennio. «Pan in giapponese significa pane, il termine è stato importato dalla Francia perché non esisteva – spiega Alice Yamada –. Oggi a Tokyo bakery, boulangerie e fornai sono molto diffusi. Da qui l’idea di portare a Milano la passione giapponese per la panificazione». Le fa eco Tokuyoshi: «Ci piace anche l’idea di non dare una definizione alla cucina di Pan. Non è solo giapponese, italiana o francese, ma principalmente stagionale, salutare e di qualità». Così il locale abbatte confini e cliché: qui il tè matcha affianca i vini naturali, la pappa al pomodoro e il pastrami sandwich precedono nel menu del pranzo il donburi (la ciotola di riso bianco con accompagnamenti vari, protagonista dei pasti quotidiani giapponesi) e la zuppa del giorno. E conquista gli abitanti del quartiere – e non solo – fin dalle prime ore del mattino sotto il segno ecumenico della lievitazione.

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