Melaverde

Una storia di passione!

ell’immaginario comune, le ostriche godono di una fama invidiabile: sono infatti un simbolo di lusso e raffinatezza a tavola, e avrebbero per giunta eccellenti proprietà afrodisiache! Forse, parte dell’ di questi molluschi è da attribuire alla reputazione di gastronomico di cui gode il loro principale produttore europeo, la Francia, paese che vanta una storica, alle oppure alle prelibate . L’ostrica ha un ampio bacino di diffusione e sembra essere gradita all’uomo sin da tempi molto remoti, come testimoniano ritrovamenti di conchiglie fossili all’interno di insediamenti neolitici. In Occidente, gli antichi Greci amavano mangiare ostriche e furono probabilmente i primi a ritenerle un afrodisiaco, in quanto mollusco sacro ad Afrodite. Le usanze elleniche esercitavano un particolare fascino sulle classi abbienti romane, che non esitavano ad adottarle e a considerarle il massimo della raffinatezza. Fu proprio grazie al contatto con i Greci che i Romani introdussero tra le proprie abitudini alimentari il consumo prodotti ittici, e tra questi le ostriche, venendo apprezzate parecchio e diventando ben presto uno : nella Roma imperiale nacquero i primi “appassionati” in grado di apprezzare le sfumature delle diverse varietà di prodotto e disposti a pagare profumatamente per avere sulla propria tavola le più pregiate, come quelle bretoni. Fiutando l’opportunità economica, tra il II e I secolo a.C. Gaio Sergio Orata capì come sistematizzare e commercializzare la produzione spontanea delle rinomate ostriche nel Lago di Lucrino, in Campania; fu l’atto di fondazione dell’ostricoltura che venne ben presto esportata in Francia e in altri bacini di produzione, e permise, pressoché inalterata, un approvvigionamento costante di questi deliziosi molluschi almeno fino alla metà del XIX secolo. A questo punto della storia il vorace consumo di ostriche provocò un severo depauperamento dei banchi. Due furono le conseguenze: la prima fu l’emanazione, il 4 luglio 1853, di un regolamento sulla pesca marittima costiera voluto da Napoleone, che creava una vera e propria legislazione per salvaguardare l’ostrica. La seconda fu la messa a punto delle moderne tecniche di allevamento, prontamente esportate in diverse regioni italiane. Tra queste, mancava la Sardegna, un importantissimo attore del mercato ittico nazionale dove però, malgrado la grande disponibilità di siti idonei, l’acquacoltura ha rivestito un ruolo marginale sino alla fine degli anni ’90. Oggi, l’allevamento di ostriche si sviluppa in tre centri principali: San Teodoro, la Laguna di Santa Gilla e lo Stagno di Tortolì. Proprio in quest’ultimo specchio d’acqua salata viene allevata la o , un prodotto pregiato piacevolmente croccante – grazie alla callosità del muscolo del mollusco – e dal sapore sapido che evolve in bocca con note di frutta secca, per finire con una sensazione zuccherina. Il sentore di mare e l’equilibrio di sapori che si sprigionano all’assaggio, sono dati dalle peculiarità ambientali della laguna di Tortolì, che, per la sua salinità elevata rende le una vera prelibatezza. Il recupero e la valorizzazione di questo fiore all’occhiello nostrano sono dovuti alla cooperativa dei pescatori di Tortolì, che nel 2014 ha “rispolverato” la , anche se non ispirava molta fiducia a livello commerciale, ma che oggi gode invece di un rinnovato (e meritato) prestigio.

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