Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Olympus. Una fangirl tra gli dei
Olympus. Una fangirl tra gli dei
Olympus. Una fangirl tra gli dei
E-book269 pagine3 ore

Olympus. Una fangirl tra gli dei

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Fantasy - romanzo (214 pagine) - La loro missione è sconfiggere Ignoranza. E allora perché si ritrovano sull'Olimpo?


Per Mayumi Megami la normalità è sempre stata un’eccezione, considerata da tutti contro natura per il suo orientamento sessuale, è costretta a combattere contro una crudele ignoranza che sembra aumentare ogni giorno di più.

Emanuele Speranza è un ragazzo triste e disilluso. Il suo unico obiettivo è di riportare in vita l'unica persona che lo abbia mai amato, farà di tutto per riuscirci.

Il percorso di entrambi verrà però sconvolto dall’incontro con delle divinità greche, viaggeranno fino all’Olimpo e si prepareranno a combattere contro il vero nemico dell'umanità.


Gaia Bortolotti è nata a Bentivoglio (BO) il 23 Luglio 2001. Studentessa della facoltà di Antropologia Religioni e Civiltà Orientali. Esordiente, ha pubblicato il racconto Erica nell'antologia Buio di Clown Edizioni a cura di Gianluca Morozzi.

LinguaItaliano
Data di uscita13 dic 2022
ISBN9788825422634
Olympus. Una fangirl tra gli dei

Correlato a Olympus. Una fangirl tra gli dei

Ebook correlati

Fantasy per voi

Visualizza altri

Categorie correlate

Recensioni su Olympus. Una fangirl tra gli dei

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Olympus. Una fangirl tra gli dei - Gaia Bortolotti

    A mio padre che mi ha spinto

    a pubblicare questo libro.

    A mia madre, che mi ha sostenuta

    aiutandomi a mettere ordine

    in tutte le idee sconclusionate che

    mi venivano in mente.

    Ai miei amici,

    che a modo loro mi hanno sostenuta.

    E a Tatiana, che mi ha sempre supportata.

    Avviso

    La storia che state per leggere è una vicenda realmente accaduta.

    Il manoscritto mi è stato recapitato da un misterioso ragazzo ed è scritto con una grafia incomprensibile. Per questo chiedo scusa al ragazzo se non tutto quello che troverà scritto in questo libro sarà fedele alle pagine che mi ha affidato: qua e là ho dovuto interpretare e lavorare di fantasia.

    La storia mi è piaciuta molto, per questo la racconto. E spero che affascini anche voi.

    E ora, dopo questa breve introduzione, possiamo partire.

    Capitolo 1

    Un urlo.

    Un urlo spezzò il sonno della ragazza.

    Un urlo che lei stessa aveva lanciato e che le fece aprire di scatto gli occhi, per poi spostare rapidamente lo sguardo alle mani. Le toccò, assicurandosi che fossero normali.

    Un incubo? Allora perché provava quella sensazione piacevole?

    Sospirò e chiuse gli occhi.

    Era giorni che quello stramaledettissimo incubo la perseguitava e la svegliava di soprassalto, urlando. Doveva davvero smettere di giocare ai videogiochi fino a tardi. Sbuffò e udì i passi del fratello, Atsushi, lungo il corridoio.

    – Sorellona, non vorrei disturbare il tuo sonno di bellezza ma sono le sette del mattino – disse con tono ironico mentre entrava nella stanza.

    – Ma che diavolo dici? Siamo nel cuore della notte!

    – Di nuovo come ieri?Non siamo nel cuore della notte e tra poco c'è scuola, alzati, forza – esclamò esasperato mentre tirava su le serrande con il telecomando. Uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle e tornò al piano inferiore riprendendo a preparare la colazione. ormai era abituato alle urla della sorella visto che le capitava spesso - in genere poi all'urlo seguivano una sfilza di parolacce contro i nemici di Dark Souls, che agitavano spesso i suoi sogni.

    Mayumi sospirò poggiando i piedi nudi sul parquet e tirandosi su. Sbadigliò mentre si pettinava con le mani il ciuffo blu che cercava di far stare all'indietro, ma che puntualmente ricadeva mosciamente sul viso. Per fortuna aveva i lati della testa rasati e quindi non aveva bisogno di pettinare nulla.

    Si passò una mano sugli occhi per tentare di scacciare il sonno che aveva accumulato passando la notte a guardare Anime.

    Spostò lo sguardo sul lucidalabbra che prendeva polvere sul comodino, la madre glielo aveva regalato per convincerla a non martoriarsi le labbra ogni volta che guardava una serie TV, e per renderla più femminile.

    Grattò pensierosa la piccola cicatrice che si era provocata sul naso mentre, per fare un dispetto alla madre, si era arrampicata su un albero ed era caduta rovinosamente a terra.

    No, non lo avrebbe usato neanche quel giorno. Spostò lo sguardo verso la divisa scolastica e fece una smorfia di disgusto.

    La odiava. Odiava le divise, soprattutto quelle femminili.

    La camicia bianca con il colletto alla marinara a strisce blu riusciva a sopportarla, soprattutto se si dimenticava di indossare il fiocco intorno al collo blu, ma la gonna blu plissettata che arrivava sopra al ginocchio, proprio no. Quella non la poteva proprio sopportare. Odiava le gonne, dal profondo del suo cuore.

    Quando le indossava da piccola, costretta dalla madre, non poteva mai muoversi come voleva perché le limitavano i movimenti, non permettendole di giocare come desiderava con i suoi amici. In più la facevano sentire nuda. Avrebbe tanto voluto poter indossare liberamente i pantaloni come i suoi compagni, invece di venir sgridata ogni volta perché sotto la gonna metteva i leggings neri…

    Sbuffò allacciandosi la camicia che le tirava sul petto e infilandosi i leggings e la gonna che le stringevano quel filo di pancetta che non aveva nessuna intenzione di eliminare, soprattutto non con dell'esercizio fisico. La madre si lamentava spesso della sua fisionomia, e le diceva che doveva mettersi in forma ma a Mayumi non interessava. Le piaceva il suo corpo e non aveva intenzione di modificarsi solo per piacere agli altri.

    Scese le scale ed entrò nella cucina open space che dava sul salotto, tutto sui toni del bianco e del giallo.

    – Ieri è stato rubato il medaglione d'argento della dea Artemide dal museo greco Olympus: è un medaglione prezioso e di gran valore… – annunciò il telegiornale di TV Tokyo, ma Mayumi, per niente interessata alla cosa, cambiò canale per vedere qualche anime.

    – Ehi! Sorellona lo stavo guardando! Era interessante – si lamentò Atsushi.

    – Chi è la maggiore qui?– rispose lei sogghignando mentre si sedeva a mangiare la sua colazione a base di riso bollito e brodo di miso.

    – Io ti consiglio di muoverti se non vuoi arrivare in ritardo – rispose lui scuotendo la chioma corvina mentre indicava l'ora con nonchalance.

    Atsushi era più giovane di lei di sei anni e non si somigliavano molto.

    Lui aveva i capelli corti dal taglio simmetrico e perfetto, di un bel color nero pece così come gli occhi, che erano talmente neri da non distinguere la pupilla dall'iride. Era alto quasi quanto la sorella e indossava dei grandi occhiali da vista dalle lenti ovali e la montatura d'argento che gli scivolavano sempre sul naso, e che lui sistemava di continuo con la nocca dell'indice.

    Guardò con un sorrisino Mayumi, che sbiancò e lasciò cadere le bacchette.

    Le sette e quaranta. Aveva circa venti minuti per prendere la metro e arrivare a scuola. Impresa impossibile. Come aveva fatto a metterci così tanto tempo per vestirsi?!

    Imprecò un paio di volte mentre usciva di corsa di casa, infilandosi velocemente i mocassini neri e afferrando la cartella e il tesserino della metro.

    Arrivò giusto in tempo per salire al volo e sedersi nell'unico posto vuoto, in fondo alla carrozza, accanto a un uomo che stava rannicchiato su se stesso. Mentre sbuffava sonoramente riprendendo fiato, lanciò delle occhiate furtive al signore.

    Il cappuccio calato sugli occhi lasciava intravedere la barbetta bianca riccioluta, la pelle pallida e i tratti tipici degli occidentali. Teneva il cappotto di pelle nero chiuso come se stesse nascondendo qualcosa.

    Questo tizio è strano, sembra un ladro uscito da Detective Conan. Dopo pochi minuti, che Mayumi utilizzò per fare i compiti che aveva accidentalmente scordato di fare il giorno prima, la metro arrivò alla sua fermata.

    Si alzò e come sempre scese di corsa cercando di non venir schiacciata dalle altre persone che si precipitavano fuori.

    Neanche il tempo di posare i piedi in terra, che qualcuno la travolse facendole perdere l’equilibrio. Nel cadere si aggrappò all'anziano incappucciato, cercando invano di bilanciarsi, e lo portò a terra con lei.

    – Cazzo! Odio i mezzi pubblici – borbottò mentre si alzava massaggiandosi il fondoschiena. Fu in quel momento che qualcosa ai piedi dell'anziano, attirò l'attenzione della ragazza. Un medaglione d'argento, sporco e leggermente rovinato, al cui centro era incisa, in oro, una luna piena con ai lati due mezze lune, e sotto una scritta che non riusciva a comprendere:

    Ἄρτεμις

    – Guardate il medaglione rubato!

    – Ma chi sarà stato?

    – Sarà stata lei? – iniziarono a commentare alcuni passanti, per poi allontanarsi e perdersi tra la folla, molto probabilmente correndo a lavoro. Solo qualcuno rimase ad osservare, delle anziane signore, sicuramente curiose di quella situazione.

    Oh, ecco dove l'avevo visto! É il medaglione apparso alla TV questa mattina!

    L'anziano allungò la mano per prendere il gioiello.

    – Eh no! Questo non le appartiene signore, o sbaglio? – esclamò, allontanando la mano dell'uomo mentre lo sfidava con gli occhi – Lei e questo gioiello venite con me, ok? E non pensi di scappare, non mi farò problemi a lanciare la mia cartella addosso, anche se lei è una persona anziana. E qualsiasi cosa diciate non vi crederò, dopo tutto questo è un gioiello rubato, per di più da un museo… non vi vergognate?– continuò Mayumi, cercando di distrarre l'uomo che la guardava impassibile.

    Nel frattempo, con lentezza, Mayumi allungo la mano verso il medaglione per raccoglierlo.

    Appena le sue dita entrarono in contatto col freddo materiale del medaglione delle strane immagini le si formarono nella mente.

    Un tempio greco. Una donna con al fianco un cervo. La mano di un anziano che stringe quella minuta della fanciulla…

    Poi le immagini svanirono. Davanti a lei l'uomo era sparito.

    Cosa era successo?

    Prese in mano il medaglione e si voltò verso una delle donne che, poco prima, aveva parlato.

    – Scusatemi, dove è andato il signore di prima? E potreste consegnare questo alla polizia? – chiese ad una delle poche persone che non si erano allontanata.

    – Uh? Certamente ma cos'è questo oggetto? E di che signore parli?

    – Come cos'è? Il medaglione rubato di cui parlavate prima… e l'anziano che era qui con me un momento fa era, sicuramente, il ladro… non avete visto nulla?

    – Oh cara, ma che diamine dici? Non ho mai visto né quell'oggetto né il signore anziano della quale parli. Sicura di stare bene?

    – Eh? Sì, sto bene ma…

    – Piuttosto, non dovresti essere a scuola? Sono le otto e dieci ormai…

    – Cazzo! – esclamò Mayumi iniziando a correre verso scuola mentre infilava il medaglione nella tasca della gonna.

    Vorrà dire che me lo terrò e proverò a scoprire cos’è.

    – Signorina Megami! È in ritardo di venti minuti!

    – Mi scusi professoressa…

    – Va bene, per questa volta passi con soltanto un ammonizione – la rimproverò – e per carità torna al tuo colore naturale, elimina quel ciuffo blu prima che ti mandi dal preside, di nuovo– continuò.

    – Va bene professoressa, vedrò se trovo il tempo – rispose Mayumi, come faceva ogni volta. Lo sapevano bene entrambe che non lo avrebbe fatto.

    La professoressa sospirò.

    – Forza, vai al tuo posto, e presta attenzione per una volta – disse riprendendo la lezione mentre continuava a guardare l'ora come se stesse aspettando qualcuno.

    Mayumi sbuffò avviandosi in fondo alla classe e sedendosi al banco che, per sua sfortuna, era lontano dalla finestra: amava guardare fuori durante le lezioni.Posizionò un libro davanti a sé a farle da barriera, così da poter continuare ad analizzare il medaglione.

    Chissà che diamine è questo coso. Magari è una chiave che risveglia una Dea chiusa in qualche luogo che solo un prescelto può trovare.

    No, era impossibile lei viveva nel mondo reale, mica in un videogioco o in un libro fantasy. Anche se l'idea non le sarebbe dispiaciuta. Almeno avrebbe spazzato via le sue giornate noiose.

    La porta si aprì e il coordinatore di classe fece un passo all'interno.

    – Mi scuso per aver disturbato la sua lezione, professoressa Sasaki ma la nuova studentessa è finalmente arrivata.

    – Nessun problema, grazie per averla portata qui, la faccia entrare – disse la professoressa voltandosi verso la porta assieme al resto della classe.

    Il coordinatore annuì col capo e fece entrare la ragazza, prima di uscire dall'aula e chiudere la porta dietro di sé.

    – Finalmente è arrivata. Si è appena trasferita e già arriva in ritardo? – esclamò la professoressa.

    Mayumi alzò la testa dal banco per vedere chi fosse la persona che aveva interrotto la lezione.

    – Mi dispiace signora ma ho avuto difficoltà ad ambientarmi in questo posto e a trovare questo edificio.

    – Non fa niente, oggi mi sento buona e la perdono ma almeno venga al centro della classe per presentarsi a tutti i suoi compagni.

    – Certo, come desidera. – La sconosciuta e si avviò al centro della classe.

    – Ragazzi, lei è Daphne Artemis e da oggi sarà una vostra compagna di classe, trattatela bene! – annunciò la professoressa scrivendo alla lavagna il nome della nuova arrivata.

    Capitolo 2

    Mayumi spostò lo sguardo sulla nuova arrivata.

    Non era giapponese, era alta e con lunghi capelli castano scuro raccolti in piccole treccine che si chiudevano in uno chignon basso. Alcune ciocche ribelli le cadevano in modo disordinato sul viso ovale e chiaro, e sul collo lungo e sinuoso. Una peculiarità era il naso tipicamente greco e il viso ricoperto di lentiggini, che sembrava avere anche sul collo.

    E gli occhi… santo cielo. gli occhi erano di sicuro i più particolari che Mayumi avesse mai visto. Rimase ad osservarli, col fiato corto: erano di un colore indefinito, il cannella era screziato di sfumature blu scuro che si confondevano con la pupilla nera.

    Calamitata da quegli occhi, Mayumi spostò con una certa difficoltà lo sguardo sui vestiti che indossava la ragazza. Non aveva la divisa, essendo nuova probabilmente non l'aveva ancora ritirata alla segreteria della scuola.

    I suoi vestiti mettevano in risalto le braccia muscolose, costellate da lentiggini e da qualche cicatrice. Nonostante sembrassero profonde non toglievano nulla alla sua bellezza, ma la cosa più strana erano i suoi sandali in stile greco antico .

    Era una ragazza davvero affascinante.

    Mayumi continuò a guardarla cercando di evitarne lo sguardo per non rimanerne nuovamente catturata. Ma il tentativo non ebbe successo, visto che Daphne, appena si accorse di essere osservata, ricambiò il suo sguardo con un sorriso gentile.

    Nel momento in cui gli sguardi si incrociarono, il medaglione sussultò– Se volete fare delle domande alla nuova compagna, è il momento giusto ma non occupate troppo tempo della mia lezione – disse la professoressa, per poi notare la mano alzata di Mayumi – Prego, si alzi ed esponga la sua domanda signorina Megami. Chissà perché mi aspettavo che la più interessata fosse proprio lei – concluse, facendo ridere i suoi compagni di classe. Mayumi le fece un sorrisino ironico, prima di spostare nuovamente l'attenzione su Daphne, alzandosi dal suo comodo banco, con il medaglione ancora in mano.

    – Senti, Artemis, come mai ti sei trasferita solo ora che manca un mese alla fine della scuola? Non potevi iscriverti ad agosto dopo le vacanze estive?

    Daphne non rispose, non subito almeno, ma continuò a osservarla con insistenza, prestando particolare attenzione al medaglione.

    –Mia Signora? Si, è proprio lei! Finalmente l'ho trovata! – esclamò lei in risposta, aprendosi in un enorme e luminoso sorriso.

    – Mia Signora? Scusami, ma ti sei bevuta qualcosa prima di venire a scuola?!

    – Un bicchiere di vino, ma non è quello il punto. Mi scuso per non averla riconosciuta subito! – rispose andando verso di lei. Quando le fu abbastanza vicina fece una profonda riverenza.

    Era talmente vicina da sembrare un baciamano.

    – Ma… cosa? – esclamò Mayumi confusa.

    – Wow! Megami, hai fatto colpo!

    – No, che peccato! La nuova è gay!

    – Certo che Megami ha una fortuna sfacciata!

    – Almeno Megami non avrà difficoltà a provarci!

    – Ma no che sfortuna! La nuova non sembrava malata!

    – Vero? Sembrava normale!

    Partirono urla e schiamazzi, gettando l'intera classe nel caos, coprendo la voce della professoressa che chiedeva silenzio.

    Ma che cazzo ha in testa 'sta cogliona?! Mi sta mettendo in imbarazzo!

    Mayumi si allontanò velocemente da Daphne.

    Sentiva le guance in fiamme.

    Le battutine dei suoi compagni di classe non aiutavano a calmare le sue emozioni.

    – Ma che cazzo ti salta in mente? – esclamò Mayumi

    – Oh, le ho recato fastidio, mia Signora? Mi dispiace molto, come posso rimediare?

    – Che ne direste di rimediare andando in corridoio per la vostra punizione?! Non solo arrivate in ritardo ma date spettacolo in classe interrompendo la lezione! Ora fuori! – esclamò la professoressa esasperata.

    Mayumi emise un sonoro sbuffo, si alzò dal banco e si diresse verso la porta.

    – Cosa fa mia signora?

    – Dobbiamo stare fuori dalla classe in piedi ad aspettare che la lezione finisca… – Mayumi uscì dalla classe seguita a ruota da Daphne.

    Finalmente ora di pranzo! Ho una fame da lupi e per colpa di quella stupida ragazza ho male alle gambe e alla schiena!

    Mayumi prese da sotto il banco il bentō di One Piece: il riso bianco contornato da bocconcini di pollo e wurstel a forma di polipo erano posizionati in modo ordinato e simmetrico.

    Opera di Atsushi, ovviamente

    – Ohi, Megami! Guarda cosa ho comprato in un negozio ieri – esclamò un suo compagno di classe mostrandole una bottiglietta di vetro dalla forma rotonda e dallo strano contenuto violaceo, con un'etichetta che recitava Pozione Final Fantasy.

    – Santo cielo, Yamamoto dove cavolo hai trovato quella bibita?! La cercavo da giorni ormai, la bottiglia viola mancava alla mia collezione!

    – Eh eh! – sogghignò lui strofinandosi un dito sotto il naso con fare orgoglioso – Lo so. E io, che sono un galantuomo, te l'ho procurata. Tieni, bevila.

    – Ti adoro Yamamoto! – Mayumi prese la boccetta… anzi, stava per prenderla, ma Daphne la precedette afferrando saldamente il collo della bottiglia prima che lei riuscisse a metterci su le mani.

    – Che diavolo fai?

    – Stia attenta, mia Signora. Non bisogna fidarsi degli uomini, lasciate che sia io ad assaggiarla.

    – Ma che cavolo dici?! – esclamò Mayumi. Daphne la ignorò, svitò il tappo a forma di gemma viola e portò alle labbra l'imboccatura della bottiglia, prendendo un sorso della bevanda.

    – Uh? Ma… Sa di uva… Strano, non sembra vino – disse aggrottando le sottili sopracciglia marroni, con sguardo confuso.

    – Certo che no, siamo minorenni, idiota! Ma, soprattutto, non avevi mai assaggiato una bibita al gusto uva?

    – No, è la prima volta, mia Signora. Ecco può riavere la bevanda, non è avvelenata – rispose, aprendosi in un sorriso rassicurante. Mayumi osservò confusa quella strana ragazza e, finalmente, prese a sorseggiare la sua agognata bibita.

    Certo che Artemis è strana, perché mi tratta come una principessa?

    Mayumi camminava verso la stazione della metro alla fine di quella strana giornata di scuola quando sentì un rumore di passi che si avvicinavano sempre di più. Si voltò di scatto, per vedere chi la stava seguendo.

    – Artemis?!

    – Sì, mia Signora. La sto accompagnando verso la sua dimora, non posso perderla di vista.

    – Ma che cazzo dici?! E poi non vai a casa tua?

    – Casa mia? Non posso, devo prima adempiere al mio dovere – rispose scrollando le spalle, come se fosse una cosa ovvia.

    – Adempiere al tuo dovere? – chiese aggrottando le sopracciglia.

    – Ma guarda chi ho incontrato… – Una voce esile,appena percepibile, ma che bastò per provocare un brivido lungo la spina dorsale di Mayumi.

    Dietro di loro un ometto di media statura se ne stava appoggiato a un muro. Uscì dall'ombra, mostrandosi in tutta la sua… stranezza.

    I capelli corti e ricci erano neri e spenti, e si afflosciavano sul viso ovale e scavato, molto scavato. Le labbra sottili e pallide erano sovrastate da un naso dritto e molto sottile. Gli occhi piccoli e neri come la pece erano spenti, stanchi. Il corpo pallido, quasi trasparente, e magro, molto magro… era coperto da una tunica greca color porpora che gli cascava di continuo giù dalle spalle.

    Si torturava le dita scheletriche in modo nervoso.

    L'ometto posò lo sguardo prima su Daphne poi su Mayumi, osservandola con attenzione. Si soffermò particolarmente sul medaglione che adesso portava al collo, aprendosi in un sorriso inquietante.

    – Oh… È quello che credo sia? – chiese a voce alta (cosa che sembrava essergli costata molto, visto che tossì subito dopo) mentre sollevava con le dita ossute il medaglione, facendo rabbrividire Mayumi che si scansò in fretta, tirandogli uno

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1