NEL CUORE DEL PONTE
Non ero mai stato dentro un ponte. In tanti anni di lavoro a Quattroruote sono stato sopra viadotti ancora in costruzione, davanti a muri di rocce in gallerie da scavare, ma dentro un ponte ancora no. E questo, nel cui cuore vi voglio accompagnare, non è un ponte qualunque: è il San Giorgio. Un simbolo, la ricucitura di una ferita profonda. Un motivo di orgoglio, per Genova e l'Italia intera.
UN COLOSSO CHE VIVE
OGGI UN'INFRASTRUTTURA SIMILE NON È PIÙ SOLO CALCESTRUZZO, MA UNA "MACCHINA" DA GESTIRE
Capite perché, allora, sento un po' di emozione. Cammino su una passerella metallica, casco in testa, ché il percorso è pieno di trappole, travi inclinate, tubi, sporgenze. Davanti a me, un chilometro di tracciato curvilineo. Non sono solo, naturalmente. Assieme a e sul nostro canale YouTube), mi "scorta" un'intera schiera di tecnici, che il ponte l'hanno costruito e lo curano, di addette stampa e di rappresentanti della struttura commissariale, che ha permesso di realizzare il viadotto in tempi da primato. La loro presenza è indispensabile, perché questa è un'opera complessa, che va spiegata e capita. Un'infrastruttura del genere, infatti, oggi è molto più di una, pur pregevole, gettata di calcestruzzo. Quelle erano le creazioni di un'altra epoca, della prima e seconda generazione di autostrade, nate tra la fine degli anni 50 e la prima metà dei 70. Il Ponte San Giorgio, invece, è più simile a una "macchina" che dev'essere "guidata", gestita, monitorata. Istante per istante, perché tragedie come quella del Ponte Morandi non si ripetano più.
Stai leggendo un'anteprima, iscriviti per leggere tutto.
Inizia i tuoi 30 giorni gratuiti