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Il MOSE salverà Venezia?
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E-book269 pagine3 ore

Il MOSE salverà Venezia?

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Info su questo ebook

In questo libro intendiamo spiegare all'opinione pubblica come è fatto veramente il MOSE, quali sono le sue criticità tecniche, alcune tuttora non risolte, e proporre quel confronto puntuale con la Paratoia a Gravità, che è sempre stato impedito.

Un'operazione "verità" su di un'opera che crediamo,contrariamente a quanto alcuni vecchi e nuovi supporter si ostinano a proclamare, il mondo purtroppo non ha motivo di invidiarci.
LinguaItaliano
Data di uscita24 ott 2016
ISBN9788822858320
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    Anteprima del libro

    Il MOSE salverà Venezia? - Vincenzo Di Tella

    VINCENZO DI TELLA

    GAETANO SEBASTIANI

    PAOLO VIELMO

    ...dopo 50 anni dall’acqua granda del ‘66

    e l’uragano tangentopoli in laguna...

    IL MOSE SALVERA’ VENEZIA?

    Un’analisi tecnica sugli aspetti critici e sulle alternative

    Alle nostre famiglie.

    A tutti i Veneziani che negli anni

    hanno cercato di contrastare

    i danni materiali e morali

    prodotti a Venezia e alla Laguna

    dalla cricca del Mose.

    PREFAZIONE

    Il 4 giugno del 2014 i clamorosi arresti per le tangenti del Mose hanno acceso i riflettori su un mondo fino ad allora coperto dalle nebbie. Trent’anni di concessione unica hanno permesso al concessionario dello Stato, il Consorzio Venezia Nuova, di agire indisturbato in regime di monopolio. Lo stesso soggetto, senza concorrenza alcuna, ha progettato, studiato, realizzato e alla fine gestito i controlli della grande diga di oltre 5 miliardi euro. Progetto complesso e unico al mondo, totalmente subacqueo. Nessun confronto fra progetti diversi, prezzi lievitati in modo esponenziale, controlli spesso insufficienti. Come più volte segnalato dalla Corte dei Conti.

    Prima del 4 giugno 2014 non erano molti coloro che avevano il coraggio di criticare il Mose, opera salvifica sostenuta dalla Grande coalizione. Un obiettivo che aveva messo d’accordo Prodi, Berlusconi, le cooperative rosse e le grandi imprese di ingegneria, esperti, consulenti e universitari di ogni provenienza. Criticare il Mose era un’impresa riservata a pochi tecnici, politici, giornalisti.

    A volte la critica veniva stroncata con cause civili e richieste danni. È il caso di questi coraggiosi ingegneri, Vincenzo Di Tella, Paolo Vielmo e Gaetano Sebastiani. Tecnici stimati, esperti in costruzioni sottomarine, autori di un progetto alternativo al Mose (La Paratoia a Gravità) più economico e meno impattante. Sostenuto dal Comune e dall’allora sindaco Massimo Cacciari. Mai preso in seria considerazione dal governo, che ha sempre preferito puntare solo sulle paratoie mobili del Mose, rifiutando confronti e proposte di modifica del progetto. Con grande coraggio gli ingegneri hanno sostenuto in questi anni le loro tesi contro quelle della corazzata Mose.

    Mettendo in luce le criticità delle paratoie soprattutto in condizioni di mare agitato, come segnalato poi anche dagli studi della società di ingegneria francese Principia, richiesta di consulenza dal Comune nel 2008.

    Hanno chiesto invano confronti pubblici e risposte tecniche. Ricevendone in cambio sprezzanti rifiuti. Il Consorzio li aveva anche citati in Tribunale, ma un giudice attento li ha alla fine prosciolti. Diritto di critica e non diffamazione, aveva sentenziato il Tribunale di Venezia.

    Adesso Di Tella, Vielmo e Sebastiani danno alle stampe questo lavoro, precisa ricostruzione di trent’anni di salvaguardia mai fatta prima in questi termini. Identikit e critiche di un progetto che da tre decenni è stato sempre venduto come unico metodo per salvare Venezia dalle acque alte. Sarà davvero così? Da quando è stato ideato, nel 1984, a oggi, il mondo è cambiato. Le previsioni degli scienziati sull’aumento del livello del mare sono state spazzate via. Oggi si parla di un aumento di almeno 80 centimetri sul medio mare entro il 2100. Vorrebbe dire chiudere le dighe una volta al giorno, cioè condannare a morte la laguna senza più ricambio d’acqua.

    Una storia da leggere con grande attenzione. Per capire cosa è successo in questi trent’anni. Una storia che parla della potenza della lobby del Consorzio, che come si è visto dalle inchieste era in grado di condizionare i tecnici e la politica, se non addirittura di scegliersi i ministri. In ogni momento critico il via libera al progetto arrivava a colpi di maggioranze e di pareri tecnici. I dubbi degli ingegneri e dei comitati adesso riguardano proprio questo aspetto: il Mose è stato approvato perché tutto era in regola o perché la corruzione aveva cambiato gli scenari? Interrogativi che ancora non hanno avuto risposta. Anche se nel frattempo ai vertici del Mose il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone ha messo due commissari, Luigi Magistro e Francesco Ossola.

    Una verifica non soltanto penale ma anche amministrativa e tecnica è a questo punto doverosa. Per fare chiarezza e dare tranquillità ai cittadini che hanno speso 5,5 miliardi di euro pubblici per costruire le dighe, senza contare quanto costerà la loro gestione e manutenzione. Hanno visto la laguna trasformata da interventi pesanti e irreversibili. E vorrebbero almeno essere sicuri che funzioni e che il rimedio (la diga) non si riveli alla fine peggiore del male, l’acqua alta.

    ALBERTO VITUCCI

    Premio Nazionale di giornalismo Saint Vincent 1999 per le inchieste sul Mose.

    PREMESSA

    Perché questo libro.

    Dopo le recenti drammatiche inchieste giudiziarie che hanno messo a nudo una vera e propria metastasi di corruzione e malaffare connessa con i progetti di salvaguardia di Venezia, sorgono spontanee alcune domande:

    - Le tante approvazioni e autorizzazioni ricevute dal progetto (soprattutto per il passaggio alla fase esecutiva e per il suo sviluppo) possono ancora essere considerate valide?

    - Perché per tanti anni, le critiche, le obiezioni e le proposte alternative non hanno mai portato modifiche al progetto Mose, anche quando queste provenivano da Istituzioni come il Comune di Venezia e quali azioni venivano poste in atto perché ciò non avvenisse?

    - Il Progetto sarà efficace per risolvere il problema delle acque alte?

    - Tra i progetti alternativi scartati dal Sistema Mose esistevano soluzioni migliori per funzionalità, sicurezza, costi, impatto ambientale e tempi di messa in opera?

    - È bene che il progetto del Consorzio oggi venga portato comunque a compimento, come se nulla fosse successo?

    Per poter dare le risposte a queste domande è necessario conoscere come è fatto veramente il Mose, quali sono i suoi aspetti critici e quali altri sistemi di barriere alternativi erano possibili.

    In questo libro, noi, per aver operato con successo per più di quaranta anni nei settori dell’ingegneria marina ed offshore e nello sviluppo di grandi progetti marini, per aver esaminato nel dettaglio il Progetto Definitivo (l’unico reso disponibile), per aver sviluppato un sistema ad esso alternativo e per esserci dovuti difendere dalle accuse di diffamazione del Consorzio Venezia Nuova e aver vinto la causa, siamo nella condizione di dare una nostra risposta, in scienza e coscienza. Lo faremo mantenendo il profilo del discorso sul piano a noi congeniale, quello tecnico–scientifico e dando conto anche di alcune esperienze dirette e personali.

    Quanto diremo è basato su documenti ed informazioni resi disponibili pubblicamente dal Consorzio stesso o dal Comune di Venezia, ovvero ancora, acquisiti direttamente durante le nostre difficili interazioni con il sistema Mose. Le valutazioni che faremo e le conclusioni che trarremo sono frutto della nostra esperienza professionale e del nostro giudizio e vogliono essere un sereno e ragionato contributo alla comprensione tecnica del problema.

    Nella speranza che il dibattito sul tema, sempre più urgente, si apra per davvero. Finalmente!

    ***

    Sono passati ormai 50 anni dalle giornate in cui Venezia fu sommersa da una marea eccezionale di poco meno di due metri, che ebbe come prima conseguenza una Legge Speciale per preservare la città dal pericolo futuro di maree simili e sono trascorsi tre decenni da quando venne istituito il Consorzio Venezia Nuova (CVN), al quale fu affidato con la posizione di Concessionario Unico il compito di studiare, progettare e realizzare le opere di difesa della città e della laguna. I politici di allora concessero a un Consorzio di società private, costituito allo scopo, l’autorità di impostare e sviluppare il progetto del sistema di protezione e di realizzarlo in completa autonomia e in regime di monopolio, senza dover partecipare a gare in competizione tecnica e commerciale.

    È passato anche un decennio dai giorni concitati in cui diversi Esperti, assieme al Comune di Venezia, esprimevano critiche circostanziate al progetto Mose, che a quel tempo palesava già nelle dimensioni, impatto ambientale, complessità e costi, le conseguenze delle scelte tecniche basilari fatte dal Consorzio e chiedevano che fossero valutate anche altre soluzioni, capaci di rispettare i requisiti posti dalla Legge Speciale e che avessero costi e impatto ambientale inferiori. Veniva anche messo sotto accusa il meccanismo stesso della Concessione Unica ex lege, che aveva consentito che un solo operatore industriale privato disponesse per legge della gestione di tutte le risorse che la comunità stanziava per la salvaguardia di Venezia e decidesse autonomamente su architettura di sistema e soluzioni tecnologiche utilizzate nell’opera. Il Consorzio ribatteva sempre che il progetto aveva avuto tutte le validazioni e autorizzazioni dalle istituzioni dello Stato a ciò preposte e così faceva muro contro tutte le critiche e le obiezioni.

    La decisione politica del governo, in sede di Comitatone del novembre 2006, fu di portare comunque a compimento il progetto del Consorzio così come impostato e definito a quel momento, rigettando senza discussione nel merito i Progetti Alternativi presentati dal Comune di Venezia e i 13 aspetti critici strutturali del Mose, identificati dalla Commissione Tecnica Comunale.

    In modo simile era stato superato, qualche anno prima, il parere negativo della Commissione Nazionale per la Valutazione di Impatto Ambientale, emesso nel 1998.

    Dopo le approvazioni del 2006 il progetto Mose era stato blindato, come se si trattasse di un sistema d’arma, il cui progetto e sviluppo non doveva venire a conoscenza dell’opinione pubblica quasi questa fosse il nemico.

    A partire dai primi mesi del 2013 il sistema industriale operante sul progetto Mose è stato messo sotto inchiesta dalla Magistratura. Dopo le prime notizie su illeciti amministrataivi e creazione di fondi neri che coinvolgevano società operanti nel Consorzio, sono esplose a valanga ben più pesanti incriminazioni a carico dei principali attori che avrebbero dato vita a quel sofisticato e ramificato ambiente di corruzione che la stampa ha definito come il sistema Mose: secondo le risultanze che hanno portato alle incriminazioni comunicate dalla Magistratura, organi di controllo tecnici, amministrativi e legali, assieme ad influenti esponenti del sistema politico locale e nazionale, sarebbero stati pagati per assicurare al Consorzio le autorizzazioni necessarie a proseguire nel progetto, secondo il percorso e gli obiettivi definiti dallo stesso.

    Dopo gli esiti delle indagini, anche se non conclusivi, le confessioni già rese da alcuni dei principali attori e motori del sistema Mose, dopo la serie di patteggiamenti richiesti e concessi a molti degli indagati, anche se alcuni continuano a dichiararsi innocenti malgrado l’evidenza, il Consorzio Venezia Nuova è stato commissariato dal Prefetto di Roma su sollecitazione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione; nell’apposito Decreto viene esplicitamente sottolineata, tra l’altro, la indebita ed illecita ingerenza del Consorzio (soggetto controllato) negli atti di gestione del soggetto controllante (il Magistrato alle Acque), che è emersa dai riscontri della Magistratura.

    In questo contesto pensiamo sia lecito il dubbio che le autorizzazioni ottenute al Progetto possano essere state prive di quei requisiti di sufficiente verifica di merito, terzietà e oggettività che un progetto di questa importanza doveva avere.

    A supporto di questa ipotesi è giunta, dopo le prime evidenze dello scandalo, la decisione dell’Esecutivo di sopprimere il Magistrato alle Acque di Venezia, Istituzione storica che per più di mezzo millennio aveva onorevolmente ed efficacemente garantito l’equilibrio e la simbiosi tra la città e la sua laguna, per aver disonorevolmente rinunciato al proprio ruolo di verifica e controllo.

    È venuto così ad essere messo in serio dubbio il principale argomento con cui il Consorzio e i suoi sostenitori hanno contrastato sempre le critiche e le obiezioni alle soluzioni tecniche adottate nel progetto Mose: il progetto aveva superato efficacemente tutti i controlli e le verifiche istituzionali e quindi, per questo, era il migliore e l’unico possibile. Così, come dimostreremo, non era e oggi, alla luce di quanto emerso, a maggior ragione si può dire non sia più.

    In ogni caso è evidente che il quadro dei comportamenti, che emerge dalle accuse circostanziate della Magistratura, ha comunque impedito che valide risorse di esperienza, studio e creatività, esterne al sistema Mose, venissero apportate al progetto di salvaguardia di Venezia.

    Alcune criticità progettuali o difetti di costruzione del sistema Mose si sono già evidenziati recentemente a più di due anni dal suo previsto completamento:

    - L’allagamento di un tunnel nei cassoni di fondazione della barriera di Malamocco a seguito di una mareggiata non estrema

    - La rottura estesa della parete di un cassone di fondazione della barriera di Malamocco durante la fase di installazione

    - La deformazione della porta della conca di navigazione di Malamocco a seguito di una mareggiata

    - Gravi malfunzionamenti del pontone autosollevante (jack up) per la installazione e manutenzione delle paratoie

    - Un abbassamento in quota del piano di fondazione delle opere che in circa due anni ha raggiunto valori massimi che naturalmente in tutta l’area lagunare si manifestano in un secolo.

    Malgrado ciò ed il contesto inquinato da interessi impropri nel quale il Mose è stato sviluppato, questo continua ad essere presentato sui media ed in tutte le occasioni pubbliche dal CVN e dai suoi "supporter come un’opera di altissima tecnologia, vanto dell’industria e della ingegneria nazionale; ne viene da più parti, crediamo anche in buona fede, sollecitata comunque la continuazione sino alla sua conclusione, per non vanificare le tante risorse spese e per non buttare via il bambino con l’acqua sporca", secondo una battuta dell’ex ministro Di Pietro in un talk show televisivo. Volendo continuare nella metafora, noi invece esprimiamo il nostro parere motivato da precise valutazioni tecniche, che non si tratti di un bambino sano, ma di una creatura abnorme e viziata da difetti originali di impostazione.

    Anche la nuova Autorità Nazionale Anticorruzione, della quale abbiamo la massima stima e rispetto, ha espresso il giudizio che occorra rivedere il modo di assegnare e controllare i contratti, cacciare via i corrotti, ma mandare avanti le opere, per non darla vinta ai corrotti stessi.

    È un approccio sicuramente valido in termini generali, ma va tenuto presente che non tutte le Grandi Opere sono uguali e vanno considerate ognuna nel proprio merito.

    Uno stadio di calcio, un’autostrada, i padiglioni dell’EXPO, sono opere civili basate su tecnologie consolidate, soggette a una normativa progettuale e costruttiva definita per legge che, se correttamente seguita, ne assicura la rispondenza ai requisiti di sicurezza strutturale e funzionale; se emergono fenomeni corruttivi, una volta che siano state estromesse le imprese coinvolte, qualsiasi impresa sana, abilitata a operare secondo tali regole tecniche, potrà assicurare l’esecuzione corretta e la sicurezza dell’opera.

    Nel caso del Mose la situazione è completamente diversa.

    Non si tratta solo di un’opera civile tradizionale, ma di un sistema innovativo e complesso, per la cui architettura e funzionalità non ci sono esperienze precedenti e non esistono norme esecutive specifiche definite per legge: gli strumenti e i criteri di progetto in questo caso non possono che essere reperiti nello stato dell’arte più avanzato della tecnica riconosciuta internazionalmente. La stessa configurazione di principio non può che essere frutto di un confronto approfondito tra le più efficaci soluzioni possibili, mutuate da aree tecniche e industriali relative all’ingegneria costiera, marina, navale e offshore.

    Per il Mose non ci sono evidenze che un simile percorso progettuale sia stato seguito, salvo che per una analisi preliminare non esaustiva, ormai lontanissima nel tempo, di soluzioni concettuali appena abbozzate, mentre è noto che questo sistema abbia elevatissimi costi di realizzazione, esercizio e manutenzione, superiori a quelli di altre soluzioni possibili e, a nostro giudizio, sia soggetto a difetti di comportamento dinamico in moto ondoso, per i quali, dalla documentazione disponibile del progetto, non sono stati impiegati metodi di analisi sufficienti a garantire le necessarie sicurezze strutturali e funzionali; si può inoltre affermare, peraltro in accordo con altri autorevoli giudizi, che gli unici requisiti generali di impostazione del progetto (gradualità, sperimentalità, reversibilità) formalmente identificati nella Legge Speciale, sono stati disattesi.

    Il sistema di protezione di Venezia dalle acque alte avrebbe dovuto essere efficace per un periodo di 100 anni, potendosi adeguare a mutate condizioni ambientali e traendo vantaggio dai possibili sviluppi tecnologici in tale arco di tempo; l’architettura di sistema del Mose, non modificabile né adattabile, non lo consente e lascia prevedere il destino di una rapida obsolescenza.

    In questo contesto il commissariamento del Consorzio Venezia Nuova appare una decisione giusta e importante, un punto di rottura con la passata gestione, ma esso non entra ancora nel merito della efficacia del Progetto Mose, il cui proseguimento non dovrebbe darsi per scontato, almeno non prima di una verifica tecnica specifica.

    Da parte nostra riteniamo infatti che: prima di portare a termine l’opera sarebbe stato opportuno fare, con studi indipendenti, le verifiche che ne accertassero l’efficacia funzionale con adeguati strumenti di analisi e che verificassero i veri costi che il sistema di barriere avrà nel tempo, che sono ancora indefiniti.

    Si sarebbe dovuto e crediamo si dovrebbe, istituire un Comitato di Esperti qualificati al massimo livello, terzi rispetto al Sistema Mose, e (per correttezza) anche a quanti l’hanno avversato, per valutare se proseguire il progetto ed eventualmente in quale modo e con quali strumenti tecnici d’indagine, considerando nel quadro delle possibilità anche le soluzioni alternative valide proposte o le varianti proponibili e che si potesse esprimere con atti pubblici e motivati, in tempi certi e budget di spesa definito. Il tempo necessario per questa "due diligence" sarebbe stato e sarebbe ancora certamente brevissimo rispetto ai 30 anni impiegati finora dal Consorzio sul progetto Mose, e il suo costo sicuramente trascurabile rispetto alla enorme quantità di risorse pubbliche spese ed al rischio che i difetti denunciati potrebbero comportare.

    Con questo scritto ci proponiamo di fornire, perché ne rimanga memoria, un quadro sistematico e razionale del confronto tecnico del sistema Mose con la soluzione alternativa (la Paratoia a Gravità), che avevamo proposto nel programma di valutazione di concetti alternativi fatto dal Comune di Venezia negli anni 2005-2006 e nel quale la nostra soluzione, presentata a livello di progetto di massima, era stata considerata dalla Commissione Tecnica Comunale come la più conveniente, preferibile al Mose stesso, del quale erano stati rimarcati gli aspetti critici. Faremo inoltre cenno alle altre alternative già realizzate, le barriere ad arco installate a Rotterdam e a San Pietroburgo, che erano state frettolosamente scartate.

    Ripercorreremo in sintesi il processo che ha portato alla realizzazione del Mose, ne descriveremo criticamente i principi di funzionamento, le scelte progettuali e l’architettura di sistema e li metteremo a confronto con quelli della Paratoia a Gravità, per fare comprendere come avrebbe potuto essere il sistema di difesa dalle acque alte, impiegando questa soluzione.

    Preso atto che gli attuali Commissari del Consorzio hanno cominciato ad adottare un doveroso criterio di trasparenza, rendendo visibile su internet la documentazione tecnico commerciale relativa ai bandi di gara per la costruzione delle paratoie e degli impianti, intendiamo sollecitare le istituzioni a garantire finalmente un libero e completo accesso pubblico a tutti i documenti del progetto Mose, inclusi anche quelli precedenti alla fase di costruzione (che per altro sono proprietà di tutti i cittadini che li hanno pagati e che hanno diritto di capire cosa hanno "comprato").

    Noi siamo convinti che per la salvezza di Venezia sia comunque indispensabile fare un tagliando tecnico al progetto Mose, anche

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