‘Fin dai suoi esordi, venne ritenuto uno dei più tecnici fra i giovani del momento, particolarmente abile nel Suplex e nella Sharpshooter’
Si racconta – nonostante più d’uno la ritenga una leggenda – che quand’era ancora quasi un lattante Christopher Michael Benoit (Montréal, 1967 – Fayetteville, 2007) ottenesse la sua primissima soddisfazione di lottatore riuscendo a far volare in aria un amichetto ponendogli un piede sullo sterno mentre si gettava a terra all’indietro di schiena, rapidamente, senza incertezze (l’abilità – e la predisposizione – stavano proprio nel dinamismo istintivo); si dice che ricordasse per molti anni quel colpo e più tardi scoprisse che nello judo si chiamava Tomoe-nage (proiezione a cerchio)… All’inizio, mentre praticava bodybuilding a livello amatoriale, vagò incerto fra judo, aikido, sumo, lotta libera, greco-romana, yagli, ma in breve il suo interesse verso la lotta si precisò meglio. Ne esisteva una che per lui le riassumeva tutte e gliene fece letteralmente dimenticare ogni altra forma: il wrestling. Trascorse tutta l’adole-scenza a Edmonton, dove cominciò a interessarsene vedendo combattere diversi atleti che diventeranno subito i suoi modelli. Mosse i primi passi nella scuola gestita da Stuart Hart, dove sviluppò uno stile simile a quello di suo figlio Bret, anche se con tratti più estremi e spericolati, alla maniera di Dynamite Kid.
Non è questo il luogo in cui dilungarsi sulla sua carriera luminosa, ma occorre comunque ricordarla almeno per sommi capi. Fin dai suoi esordi, venne ritenuto uno dei più tecnici fra i giovani del momento, particolarmente abile nel Suplex (una sorta di rovesciata in cui l’avversario è sollevato e proiettato alle spalle dell’esecutore della quale esistono almeno una quarantina di varianti) e nella Sharpshooter, una vera e propria citazione, o se si preferisce un omaggio, a Bret Hart: vengono piegate le gambe all’avversario in posizione prona mentre ci si siede sulla parte bassa della sua schiena, compri-mendola.