ABBIAMO BISOGNO DI SOGNARE . Abbiamo diritto di sognare. Soprattutto dopo questo periodo di allontanamento forzato, fisico e mentale, che la pandemia ci ha imposto.
Ed è proprio per spiegarci questo diritto che Gaston Bachelard, nel 1952, si chiese: “In quale spazio vivono i nostri sogni?”. La risposta del filosofo francese è nello studio della rêverie come “fantasticheria sognante” che ci permette di calarci alle origini del fenomeno immaginativo per coglierlo in tutta la sua natura emergente ed “aurorale”.
Sbarcando a Venezia, dopo una Biennale sospesa per un anno, slittata come solodi Cecilia Alemani. Titolo preso in prestito da un libro di favole di Leonora Carrington in cui l’artista surrealista descrive un mondo magico dove la vita viene costantemente reinventata attraverso il prisma dell’immaginazione e nella quale è concesso cambiare, trasformarsi, diventare altri da sé. Un universo libero e pieno di infinite possibilità, chiosa la Alemani, ma che è anche l’allegoria di un secolo che impone una pressione intollerabile sull’identità. Per la prima volta dalla nascita dell’istituzione veneziana, 127 anni fa, la maggioranza degli artisti (provenienti da 58 paesi) è di genere femminile o di identità non binaria. Una scelta che riflette il panorama internazionale di fermento creativo e che per la prima volta in assoluto ridimensiona la centralità del ruolo maschile nella storia dell’arte e più ampiamente nel mondo culturale.