La tenda: Teatro e conoscenza
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Carlo Sini
Ha insegnato per trent’anni Filosofia teoretica all’Università degli Studi di Milano. Accademico dei Lincei e membro di altre accademie e istituzioni culturali italiane e straniere, ha tenuto conferenze, corsi di lezioni e seminari negli Stati Uniti, in Canada, Argentina, Spagna e altri Paesi europei. Per oltre un decennio ha collaborato con le pagine culturali del «Corriere della sera» e collabora tuttora saltuariamente con la stampa quotidiana, con la RAI e la Radiotelevisione svizzera. È autore di una quarantina di volumi, alcuni tradotti in varie lingue. Tra le sue più recenti pubblicazioni, presso Jaca Book: Idioma. La cura del discorso (2021); La tenda. Teatro e conoscenza (con A. Attisani, 2021); E avvertirono il cielo. La nascita della cultura (con T. Pievani, 2020); Perché gli alberi non rispondono. Lo spazio urbano e i destini dell’abitare (con G. Pasqui, 2020); La vita dei filosofi (2019); Lo specchio di Dioniso. Quando un corpo può dirsi umano? (con C.A. Redi, 2018); Trittico (2018); Inizio (2016); Incontri. Vie dell’errore, vie della verità (2013); Il sapere dei segni. Filosofia e semiotica (2012); Del viver bene (2011, ult. ed. 2021); Il comico e la vita (2003, ult. ed. 2017); Filosofia teoretica (1992, ult. ed. 2018).
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La tenda - Carlo Sini
MAPPE DEL PENSIERO
MAPPE DEL PENSIERO
Vita, conoscenza, a cura di Florinda Cambria, con tavole illustrate di Carlo Sini, 2018
Carlo Sini, Carlo Alberti Redi, Lo specchio di Dioniso. Quando un corpo può dirsi umano? Biologia e filosofia: dialogo tra Carlo Alberto Redi e Carlo Sini, 2018
Dal ritmo alla legge, a cura di Florinda Cambria, con tavole illustrate di Carlo Sini, 2019
Carlo Sini, Gabriele Pasqui, Perché gli alberi non rispondono. Lo spazio urbano e i destini dell’abitare, 2020
Carlo Sini, Telmo Pievani, E avvertirono il cielo. La nascita della cultura, 2020
Le parti, il tutto, a cura di Florinda Cambria, con tavole illustrate di Carlo Sini, 2021
Carlo Sini, Antonio Attisani, La tenda. Teatro e conoscenza, 2021
Carlo Sini, Antonio Attisani
LA TENDA
TEATRO E CONOSCENZA
Dialogo
tra Antonio Attisani e Carlo Sini
© 2021
Editoriale Jaca Book Srl, Milano
tutti i diritti riservati
Prima edizione italiana
marzo 2021
Copertina e grafica
Break Point / Jaca Book
Redazione Jaca Book
Impaginazione Elisabetta Gioanola
eISBN 978-88-16-80273-5
Editoriale Jaca Book
via Frua 11, 20146 Milano, tel. 02/48561520
libreria@jacabook.it; www.jacabook.it
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INDICE
Esordio
LA TENDA
Teatro e conoscenza
ESORDIO
«Lo spettacolo di Kathakali dura tutta la notte… La creazione dell’atmosfera del dramma, e il distacco dal Sé interiore dell’attore, dura circa mezz’ora, con il tamburo che ritma il tempo, mentre qualcuno accende lampade e incensi. Quando il sipario (una tenda tesa davanti a noi, dietro alla quale si intravvedono ombre danzanti) inizia ad agitarsi, questo è il preludio dell’inizio dello spettacolo e quando essa cade avviene l’entrata in scena degli attori».
Eleonora Caturegli Biswas
«Pitagora teneva il suo insegnamento ai discepoli nascosto dietro una tenda. Ne udivano la voce; se la tenda non era troppo spessa, ne intuivano magari la figura. Ma di Pitagora non dovevano vedere nulla, né del corpo né del volto. Pitagora era per loro l’incontro con la verità della parola».
Giamblico
LA TENDA
TEATRO E CONOSCENZA
Sini: Teatro e conoscenza: due universi che non molti sono disposti ad avvicinare o a confrontare seriamente. Di mezzo c’è la grande questione dell’estetica
, a partire dal mondo antico e da Aristotele, e poi anche dal Rinascimento e in certo modo ancora sino a noi. Galileo diceva per esempio che l’ultima cosa che importa in ciò che dice un poeta è che quel che il poeta dice sia vero. In tal modo Galileo rispecchiava, agli esordi della scienza moderna, la mentalità (tuttora attuale) nata dalla decisione di ridurre l’arte nella riserva
della poetica
e del verosimile
; essa veniva in tal modo affrancata dalla condanna platonica, che intendeva in larga misura espellere gli artisti e i loro disordini
dalla città, rinnovando quella antica inimicizia
che, in Occidente, avrebbe opposto da sempre poesia e filosofia, performance artistica e sapere.
Ho sotto gli occhi il tuo libro L’arte e il sapere dell’attore. Idee e figure, Accademia University Press, Torino 2015, un libro che, come sai, mi è molto caro e che riprende tanta parte del tuo lavoro e del tuo cammino di pensiero. Il suo terzo capitolo (Attori del divenire. Aristotele e i nuovi profili della mimesi
) rovescia completamente le interpretazioni tradizionali della Poetica, giovandosi anche della preziosa interpretazione innovatrice di Pierluigi Donini (Introduzione
a Aristotele, Poetica, Einaudi, Torino 2008). Tenendo ferma l’efficace immagine attori del divenire
, su cui penso che torneremo, ricordo un tuo passaggio a p. 67: «In sostanza la tesi che qui si propone è che le avanguardie del Novecento e le esperienze cui si farà riferimento ripropongano, al di là di tutte le apparenze e della loro stessa pronuncia ideologica, una tensione neodrammatica. Nell’ambito della neodrammatica, però, mentre si riscopre l’attualità di alcuni capitoli della Poetica rivisitata
, si prefigurano inedite direzioni di sviluppo che impongono infine di congedarsi da Aristotele per delineare una filosofia fisica (una filofisica, potemmo dire, che unifichi il movimento della praxis e del pensiero in senso non teleologico) dell’arte scenica, di cui oggi si avverte così fortemente il bisogno».
L’espressione filosofia fisica
si pone immediatamente in conflitto, non certo con il lavoro reale degli scienziati e dei fisici, ma con la mentalità ideologica e superstiziosa con cui si è soliti raccontarlo e figurarselo, accompagnata da quella parcellizzazione dei saperi che, come sai, è un problema al centro del progetto di ricerca di Mechrí, di cui sei parte attiva tu stesso. La filosofia fisica, potremmo dire, è a suo modo un’arte dinamica, un’arte della praxis: «Con l’espressione arti dinamiche
ci riferiamo, in generale, al complesso delle pratiche nelle quali si genera conoscenza mediante l’azione, pratiche anche molto differenti fra loro, ma accomunate da una natura eminentemente ritmico-musicale (il ritmo come struttura dell’azione) e da una intenzione formativa e sapienziale» (Florinda Cambria, in AA.VV., Vita, conoscenza, Mappe del pensiero relative al lavoro annuale della associazione Mechrí/ Laboratorio di filosofia e cultura, cap. II: Ancora teatro?
, Jaca Book, Milano 2018, p. 143).
Generare conoscenza mediante l’azione… Questo giro di immagini e di pensieri mi rinvia infine al IV capitolo dell’Arte e il sapere dell’attore: La singolarità francescana
. Nel suo esergo, con le parole di Ernst Curtius, ricordi a tua volta la contesa tra filosofia e poesia. In essa alla filosofia rimane sempre l’ultima parola, qui si dice, perché la poesia, forte della propria saggezza, non si cura di una replica finale. Perciò mi preparo sin d’ora alla vacuità conclusiva della mia cosiddetta eloquenza razionale
e ricordo invece che proprio nel segno di Francesco iniziò la nostra attiva e per me molto proficua collaborazione. Essa, con altri amici, è testimoniata dallo straordinario (in tutti i sensi) libro collettaneo La vita povera. Album della Piccola Accademia (Accademia University Press, Torino 2015). Partivamo allora dal tuo libro Logiche della performance. Dalla singolarità francescana alla nuova mimesi (Accademia University Press, Torino 2012). Vi ragionavi, con Massimo Cacciari, del tradimento
storico di Francesco e leggevi la sua predicazione come un vero e proprio teatro
vivente, lontanissimo dal successivo teatro letterario del Rinascimento e dalla principale linea storica del teatro occidentale. Qualcosa che da un lato evocava altri teatri e tempi di altre culture non europee e che, nel contempo, di nuovo suggeriva analogie con la rivoluzione teatrale novecentesca.
Dopo questa premessa, credo necessaria per il lettore, ti chiedo anzitutto di correggere il tiro, se ciò che ho ricordato non è preciso o adeguato, e poi, se vuoi, di cominciare ad affrontare un nodo molto significativo. Lo ricordi all’inizio dell’Arte e il sapere dell’attore (Io è un teatro: Un manifesto al passato
): «Ogni tempo avviene in un tempo e una storia precisi. Se il pan-teismo consiste nel percepire la presenza di Dio in tutte le cose, il pan-teatralismo, uno dei sentimenti caratterizzanti il nostro tempo, consiste nel vedere il teatro dappertutto, magari chiamandolo performance. E tuttavia, se è pur vero che la mimesi non si può distinguere dalla natura umana, ciò non significa che tutto sia teatro, anzi, il lavoro del professionista dovrebbe consistere nella conquista di questa consapevolezza e nella realizzazione di questo passaggio, vale a dire nel saper praticare ciò che unisce e al tempo stesso separa il teatro dalla vita. Dopo di che si può convenire che ogni creazione interpretante è una definizione del teatro» (p. 9). Il medesimo direi senz’altro della filosofia, come io la intendo; resta però da vedere il come
.
Attisani: «Generare conoscenza mediante l’azione…». Riprendo il tema interrotto, l’adagio dal seguito imprevedibile. Mi interessa ciò che ne dirai. Annoto intanto che accostare questa idea al teatro è cosa lontanissima dal senso comune, dove esso è inteso piuttosto come illustrazione e trasmissione di idee, dibattito ideologico, fotografia di eventi verosimili e perciò attuali, didattica più o meno travestita o dimidiata e così via. Il catalogo dei riduzionismi ne conta mille e tre. D’altra parte, è ciò che ho sempre pensato, fin dall’inizio della mia vita precedente nel teatro fatto
(1968-1992), qualcosa che andavo esponendo nella mia lingua somara. In Teatro come differenza (Feltrinelli 1978: differenza
tra progetti ideologici e ciò che effettivamente l’attore mette in segno di sé stesso nel transito di fronte al pubblico) chiudevo opponendo Shakespeare a Brecht. Menzionavo il Bardo un po’ come tu