É il 22 luglio 2022. Non una data qualsiasi, in Germania: è l'ultimo giorno di lavoro prima delle agognate ferie per milioni di lavoratori. A Wolfsburg, il ceo del gruppo Volkswagen, Herbert Diess, apre il suo account su Linkedln e scrive un post per inviare a tutti i dipendenti un augurio di buone vacanze. Nulla lascia presagire quanto sta per avvenire. Alle 17.30 chiude la seduta di scambi alla Borsa di Francoforte e, pochi minuti dopo, il costruttore tedesco diffonde un laconico e stringato comunicato per annunciare la risoluzione consensuale dei rapporti lavorativi con il suo amministratore delegato.
È un colpo di scena in piena regola, perché nelle settimane precedenti non erano spuntati segnali così negativi da far pensare a un epilogo tanto sbrigativo. Qualche crepa – è bene dirlo – si era aperta nella difesa di Diess, ma nulla di simile a quanto era avvenuto nell'autunno dell'anno scorso, quando effettivamente il ceo era arrivato a un passo dal licenziamento in seguito allo scontro con i rappresentanti sindacali.
A giugno, l'Handesblatt, la principale testata economico-finanziaria tedesca, parla di un ultimatum imposto all'amministratore delegato: o risolvi i problemi della divisione informatica Cariad oppure ti mandiamo via. L'indiscrezione passa quasi sotto traccia, fino a quando lo stesso quotidiano e altri organi di stampa iniziano a lanciare nuove voci su problemi talmente gravi da far deragliare i piani prodotto di Audi, Porsche e Bentley. Anche in questo caso, però, sono in pochi a pensare