Nummer Eins. La Germania spiegata agli italiani
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Anteprima del libro
Nummer Eins. La Germania spiegata agli italiani - Emanuele Schibotto
© goWare 2015, Firenze, prima edizione digitale italiana
ISBN: 978-88-6797-417-7
Redazione: goWare ebook team
Copertina: Lorenzo Puliti
Sviluppo ePub: Elisa Baglioni
goWare è una startup fiorentina specializzata in digital publishing
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Blogger e giornalisti possono richiedere una copia saggio a Maria Ranieri:
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L’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti dei brani riprodotti nel presente volume.
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Presentazione
In un decennio la Germania da malato d’Europa
è diventata la locomotiva d’Europa
. E chi l’avrebbe mai detto che nel frattempo si sarebbe anche conquistata il gagliardetto del paese più amato al mondo
? In un arco di tempo così stretto, in Europa si sono ribaltati non solo i rapporti di forza reali tra paesi, ma anche la percezione collettiva sulla condizione dei tedeschi.
E noi a chiederci: come ci sono riusciti? Questo saggio, leggibile in poco più di un’ora, spiega agli italiani i successi e le peculiarità del modello tedesco analizzandone l’economia, la sfera sociale e l’ambito delle relazioni internazionali. Una lettura per comprendere finalmente un paese che ha saputo affrontare e vincere, a differenza di noi, le sfide poste dalla storia e dalla globalizzazione.
Un ampio apparato iconografico e una dettagliata scheda sulla Germania completano il saggio.
* * *
Emanuele Schibotto, 33 anni, allievo di Paolo Savona presso l’Università Guglielmo Marconi, si è laureato in Economia all’Università di Bologna. Si è specializzato alla London School of Economics, alla Tallinn University e alla Tokyo Sophia University. È membro dell’Asian Century Institute e del Centro studi Geopolitica.info. Dal 2012 svolge attività di marketing e sviluppo per una società di consulenza internazionale.
Prefazione
di Paolo Savona
Questo lavoro è maturato presso il Dottorato di geopolitica e geopolitica economica dell’Università telematica Guglielmo Marconi di Roma da me fondato in via sperimentale con cultori della materia; almeno nelle intenzioni, questo dottorato doveva innovare rispetto all’approccio analitico tradizionale di politica economica rivolto all’interno dei paesi e alle loro relazioni con l’estero, il quale, se non viene integrato con l’esame dell’incidenza delle scelte nazionali sullo sviluppo o sulle crisi globali, porta a conclusioni parziali, se non proprio errate. Le ricerche suggerite agli allievi furono indirizzate verso la comprensione di tre fenomeni attuali: l’ascesa geopolitica della Germania, il salto economico-politico globale della Cina e l’arretramento della leadership internazionale degli Stati Uniti.
Il lavoro di Emanuele Schibotto è andato alla ricerca dei fondamenti del successo geopolitico economico tedesco; presto seguiranno i risultati dello studio condotto da Jingyi Wang sul ruolo svolto dalla politica monetaria sull’eccezionale crescita cinese, mentre la ricerca sulla leadership degli Stati Uniti è stato interrotto essendo subentrati ostacoli per la prosecuzione dell’esperimento didattico.
Schibotto si prefigge un duplice obiettivo: pervenire a una spiegazione complessiva della strategia vincente della Germania, dato che si dispone solo di numerose ricerche su singoli aspetti della stessa, e tentare di trarre da questa analisi un insegnamento utile per un miglior funzionamento del sistema Italia. Le risposte che l’autore fornisce ai due quesiti, corredandole con un’ampia dotazione statistica, si basano sulle diversità di approccio geopolitico economico dell’azione dei due paesi: proiettato all’esterno e basato sulla forza economica quello tedesco e proiettato all’interno e pregno di ideologie politiche quello italiano. La frase di chiusura del lavoro è rappresentativa di quello che ritengo essere la parte nuova degli studi di geopolitica economica:
Agli inizi del XXI secolo la Germania potenza civile
ha conquistato de facto l’Europa pur senza impiegare un solo soldato.
Si tratta di una tesi cara a uno dei co-fondatori del corso, il Gen. prof. Carlo Jean, con il quale avevo tentato analogo esperimento alla LUISS Guido Carli di Roma. L’accademia tradizionale ancora non riconosce la distinzione di questa nuova branca del sapere economico.
L’A. di questo studio sulla Germania Nummer Eins ricorda che al momento dell’unificazione con la Germania Est, caduta sotto dominio sovietico dopo la sconfitta bellica, la politica seguita dal Governo tedesco occidentale fu oggetto di critiche per le restrizioni monetarie, le rigidità del mercato del lavoro e un welfare troppo generoso che le avevano valso l’accusa di essere il malato d’Europa
. Lo shock dell’unificazione fronteggiato da una politica di larghezza finanziaria pubblica e di più stretta collaborazione con il mondo del lavoro, questa favorita dal mantenimento di una efficiente rete di welfare, e la nascita dell’euro la cui azione era vincolata per volontà dei tedeschi sul piano sia monetario che fiscale, ha rovesciato questa situazione, elevando la Germania unita sul piano geopolitico, non solo europeo.
I principi su cui si fonda questo successo sono sintetizzati dall’autore nel termine Ordnung, che egli traduce in «senso del dovere; organizzazione; spirito collaborativo; cultura d’impresa; sistema elettorale e ruolo dei partiti; policentrismo» applicati al raggiungimento di quattro obiettivi di geopolitica e geopolitica economica: «mantenimento dell’economia sociale di mercato; salvaguardia della base industriale; valorizzazione della ricerca e dell’innovazione [e più oltre aggiunge «l’eccellenza scolastica e la formazione professionale»]; promozione della reputazione internazionale del Paese e contestuale ricerca di nuove opportunità economico-commerciali».
Il modello economico della Germania resta quello conosciuto in letteratura come export-led, trainato dalle esportazioni, che non appariva così determinante nel decennio esaminato da Schibotto, ma che oggi è in chiara evidenza avendo prodotto un’enorme surplus nella sua bilancia corrente estera, tanto da approssimarlo più al modello mercantilista senza l’oro, di quanto non sia il più moderno modello basato sulle esportazioni. Come noto l’applicazione di questo modello all’intera Europa per volontà della Germania e passiva accettazione degli altri paesi membri ha effetti deflazionistici sulla crescita globale, sommandosi a quelli dell’enorme surplus cinese e creando un nodo allo sviluppo mondiale che la geopolitica economica dovrebbe contribuire a sciogliere. Va respinta la cultura del rigore che la Germania ha trasmesso all’Europa come sostituto della cultura dello sviluppo portata avanti con successo nel dopoguerra per iniziativa degli Stati Uniti e del Regno Unito, che ha fatto un gran bene all’area occidentale.
Taluni auspicano che il nostro paese segua il modello economico tedesco, e vi sono regioni che già lo approssimano, come il Veneto e la Lombardia. Negli ultimi due anni, infatti, il surplus della nostra bilancia corrente estera in presenza di una disoccupazione crescente e un welfare in via di indebolimento, dimostra l’analogia dei modelli perseguiti, ma Schibotto esclude che questa possa essere la via della ripresa italiana perché «il sistema valoriale tedesco di stampo ordoliberale è in sostanza non replicabile per l’Italia». Tratta questa conclusione, l’autore fornisce una spiegazione delle diversità dei sistemi valoriali, concentrandosi in particolare sul dualismo nord-sud italiano, che va oltre le diversità strutturali nei saggi di crescita della produttività in quanto ha origine, come precisato dalle ricerche della Banca d’Italia, nelle carenze di capitale sociale
, dall’inefficienza della pubblica amministrazione alla carenza di infrastrutture economiche, all’eccesso di criminalità.
Schibotto conclude con una proposta plausibile sul piano della strategia geopolitica:
È auspicabile – se non necessario – che l’Italia segua un sentiero costituito da riforme strutturali inserite in un piano strategico nazionale che porti anzitutto alla riduzione del divario economico nord-sud e alla massima resa delle specializzazioni produttive nazionali: turismo, settore agro-alimentare e comparto manifatturiero di media e alta tecnologia.
Sono queste le richieste insistentemente rivolteci dall’Unione Europea, senza tenere conto che a una tale strategia osta la natura di area monetaria non ottimale dell’Eurozona, alla quale l’Italia ha aderito troppo affrettatamente, senza prima negoziare una politica simile a quella seguita dai tedeschi all’atto della riunificazione; ha tra l’altro stabilito rapporti di cambio fuori mercato tra il marco ovest e il marco est non essendo stato ancora vincolato dall’avvio della moneta unica. Negli ultimi anni, la svalutazione dell’euro rispetto al dollaro ha rovesciato gli effetti negativi di un cambio sopravalutato che incideva sulla competitività dei paesi esportatori di prodotti a minore valore aggiunto rispetto a quelli tedeschi, mascherando il problema senza risolverlo.
Ciò che emerge dalla ricerca condotta sono i riflessi dell’inadeguatezza dell’architettura istituzionale europea sulla quale la Banca centrale europea e il Consiglio europeo – ossia i due organi sovranazionali che hanno poteri di scelta relativamente autonomi – hanno agito apportando con difficoltà e nei tempi lunghi una qualche correzione, senza però pervenire alla soluzione prevista dai padri fondatori: la nascita di uno Stato europeo propriamente definito.