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LE CITTÀ DEGLI OROLOGI

da cui si scandiscono le ore dettando – pur se non più come una volta – i ritmi della vita locale: soprattutto nei piccoli centri, l’orologio non è solo un modo per segnare il tempo ma un simbolo di comunità. Eppure, raramente ci s’interroga su cosa ci sia dietro il quadrante: complessi meccanismi, il paziente lavoro degli artigiani, storie affascinanti. Così accade per lo meno per gli esemplari più antichi, magari riammodernati e tirati a lucido, che continuano a svolgere la loro missione in maniera efficiente e precisa. Talvolta quelle storie restano nascoste tra gli ingranaggi, altre vengono alla luce per puro caso. È accaduto a Montecarotto, borgo marchigiano dei Castelli di Jesi – dove nasce il rinomato vino bianco Verdicchio – che in passato fu uno dei centri principali della zona, passaggio obbligato tra le due valli del Misa e dell’Esino, come dimostrano la cinta muraria cinquecentesca e il teatro all’italiana dell’Ottocento (che ospita anche il curioso museo della Mail Art, basata sullo scambio artistico tramite servizio postale), nonché i tre organi cittadini che raccontano di un’altra eccellenza artigiana.

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