La vite e l’olivo stanno “migrando” verso il nord Italia, mentre al Sud si sta sperimentando con successo la produzione di frutti tropicali. Una buona notizia? Sì e no. Spostare e cambiare le coltivazioni, infatti, sono sicuramente sperimentazioni positive e “operazioni di successo”, tuttavia, anch’esse sono conseguenze del cambiamento climatico.
I fenomeni naturali estremi e inaspettati, “contradditori” come estati piovose e inverni caldissimi, che stiamo vivendo stagione dopo stagione, non solo influenzano il paesaggio, ma anche la distribuzione e la stagionalità dei prodotti agricoli, con un impatto significativo sull’agricoltura e, a lungo termine, sulla sicurezza alimentare globale. Inoltre, . È un “cane che si morde la coda”, e per questa ragione, una percentuale crescente di agricoltori sta adottando tecniche di agricoltura conservativa, quali la coltivazione senza lavorazioni, la rotazione delle colture, le colture. Di conseguenza, la ricerca si sta concentrando sullo sviluppo di varietà di colture resistenti a tali problemi e parallelamente sull’adozione di pratiche agricole più sostenibili, promuovendo ad esempio l’uso razionale dell’acqua, l’innovazione tecnologica per la riduzione dell’impatto ambientale, l’economia circolare con la produzione di energie rinnovabili come biogas e biometano e lo sviluppo del fotovoltaico sui tetti senza consumo di terra fertile. . La promozione di pratiche agricole sostenibili, come l’agricoltura di precisione, l’agroforestazione e la rotazione delle colture, possono infatti aiutare ad affrontare i cambiamenti climatici e a rendere l’agricoltura più resiliente. Il sistema agroalimentare, influenzato in maniera diretta dalla variabilità climatica, è particolarmente esposto a questa nuova minaccia. Si sta già verificando un incremento del rischio di perdita dei raccolti a causa della presenza di insetti nocivi che cambiano il loro areale di diffusione, o di disastri naturali come ondate di calore, alluvioni o inondazioni.