Nel processo di comunicazione, fondamentale nella vita, gli esseri umani si scambiano informazioni attraverso i pensieri, le idee, i valori, le emozioni, allo scopo di stabilire una connessione reciproca, con la finalità ultima di essere compresi, di comprendere e di ottenere ciò che desiderano. La comunicazione avviene su piani diversi, da quello verbale a quello non verbale, ma sempre, quando si genera un conflitto, vi sono elementi in cui la scarsa empatia compromette l’efficacia della comunicazione, poiché i fraintendimenti sono spesso causati da carenza di ascolto, da giudizi, da interpretazioni e da aggressività nell’utilizzo del linguaggio.
IMPARARE UNA NUOVA LINGUA
Imparare a comunicare in modo non violento significa anche apprendere e studiare una “nuova” lingua, che per natura ci apparteneva ma che nel corso della vita abbiamo dimenticato. Non solo, ma per comunicare in maniera empatica e non violenta ci si può allenare. Un allenamento volto a riscoprire in noi la gentilezza (per connetterci con l’altro), l’assertività (per poter chiedere o rifiutarci di qualcosa con chiarezza verso noi stessi e rispetto per l’altro) e l’empatia (affinché possiamo sintonizzarci su sentimenti non nostri, senza alcuna valutazione).
Spesso non ce ne accorgiamo, ma i peggiori attacchi comunicativi li rivolgiamo a noi stessi. Ad esempio, “una comunicazione che aliena dalla vita” è permeata di giudizi moralistici, senza che ce ne rendiamo conto. Quando si ragiona in maniera binaria, cioè quando si pensa in termini di giusto o sbagliato, di bianco o di nero, di buono o cattivo, è facile cadere nella trappola del giudizio. Anche se l’intenzione è quella di proteggere e preservare i nostri valori, scivolare nel giudizio è un errore che compromette la nostra comunicazione.
Se l’altro si sente giudicato, non solo potrebbe attaccarci giudicandoci egli stesso, aumentando così le difese e le costruzioni di muri, ma potrebbe anche accadere che accetti il nostro giudizio, sottomettendosi al nostro volere