IL primo indizio del passaggio di Longino a Mantova si trova in un cortile all’interno del Palazzo Ducale. Si tratta di una colonna in marmo rosso di Verona che si staglia su un basamento di marmo bianco, sovrastata da una piccola croce di ferro. Affissa al muro del cortile c’è poi una lapide con un’iscrizione latina che dice:
«Longinus qui lancea Christi latus aperuit, sanguinemque ejus tertio anno Mantuam detulit, hoc in loco Capadocia nuncupato sub Praeside Octavio decolatus est. Idibus Martii LXXI Galba Imperator»
Longino, che con la lancia aprì il fianco di Cristo, e ne portò il sangue a Mantova nel terzo anno, in questo luogo chiamato Cappadocia, sotto il governatore Ottavio fu decollato. Idi di marzo dell’anno 71, sotto l’imperatore Galba [nota: l’interpretazione della datazione è controversa]
Secondo la tradizione Longino fu il centurione romano che trafisse con la sua lancia il costato di Gesù in croce, per accertarne l’avvenuto trapasso. Ne uscirono sangue e acqua che, non appena estratta la punta dell’arma, gli colpirono gli occhi, guarendolo all’istante da una malattia che lo aveva reso quasi cieco.
Longino avrebbe così esclamato: «». Il soldato rimase sbigottito davanti al miracolo che, simbolicamente, gli aveva “aperto gli occhi” alla vera fede, vergognandosi di aver partecipato alla crocifissione del Salvatore. Così, secondo una versione della sua biografia, Longino fuggì portando con sé una manciata della terra del Golgota che era stata intrisa del sangue di Cristo e la spugna bagnata