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Milano esoterica
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E-book372 pagine4 ore

Milano esoterica

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Info su questo ebook

Se non conosci il suo lato oscuro, non conosci Milano

Dove la verità occulta conserva il proprio mistero

Milano conserva il più grande mistero esoterico del nostro tempo, occultato ma sussurrato per più di duemila anni, sul quale questo libro cerca di gettare una nuova luce. Esplorerete le strade, gli edifici e i cimiteri della metropoli in espansione, per cogliere i molteplici aspetti del suo volto nascosto. Nei secoli e nei millenni, si sono sovrapposte architetture e simboli incisi nella pietra, fusi nel bronzo, dipinti all’interno delle case o affrescati nelle chiese. Apparentemente tutto scorrerebbe nel modo più normale, eppure, sotto i vostri occhi ignari, c’è la chiara testimonianza di correnti religiose, sette, congreghe, la maggior parte delle quali dichiarate eretiche e perseguitate. Libro alla mano, potrete passeggiare per Milano, individuare le tracce di un passato nascosto, dalla chiesa con i tre volti di San Cristoforo sul Naviglio, al Duomo con l’“Homo Salvadego”, per poi giungere dove è conservato il più grande mistero esoterico europeo. Lo si scoprirà ancora una volta nei pressi di una chiesa, nei cui edifici l’Inquisizione aveva una delle sue sedi…

Dalle passeggiate esoteriche al culto delle acque
Milano è un mistero tutto da scoprire

• Una chiesa dai tre volti
• Architettura esoterica
• La Fonte della Vergine
• Chiese e fonti sacre
• Mithrei e misteri
• Il cuore profano e sacro della metropoli
• Tra corporazioni e paganesimo
• Tradizioni ebraiche e cristiane
• Letteratura e realtà
• Eresie milanesi
• La dissidenza non solo dei più poveri
• Sette e religioni
• Aree cimiteriali, antichi ossari, varchi per l’oltretomba
• La Milano dell’oltretomba
• Spoglie dei morti per evocare gli spiriti
• Tra macabro e paranormale passando per l’occulto
• Fantasmi del passato

e tanti altri argomenti...


Gianluca Padovan
Nato nel 1959, veronese, da più di trent’anni si occupa di speleologia. Ha pubblicato saggi a carattere storico e speleologico per la Newton Compton e per altre importanti case editrici.

Ippolito Edmondo Ferrario
Nato nel 1976, vive e lavora a Milano dove si occupa dell’organizzazione di eventi e di comunicazione. È stato giornalista e ha collaborato a quotidiani, mensili e settimanali.

Insieme hanno scritto Milano sotterranea e Milano esoterica, pubblicati dalla Newton Compton.
LinguaItaliano
Data di uscita6 mar 2015
ISBN9788854176904
Milano esoterica

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    Anteprima del libro

    Milano esoterica - Ippolito Edmondo Ferrario

    es

    297

    Prima edizione ebook: marzo 2015

    © 2014 Newton Compton editori s.r.l.

    Roma, Casella postale 6214

    ISBN 978-88-541-7690-4

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Corpotre, Roma

    Gianluca Padovan - Ippolito Edmondo Ferrario

    Milano esoterica

    Dove la verità occulta conserva il proprio mistero

    omino

    Newton Compton editori

    A tutti coloro che hanno lasciato un qualcosa, a tutti quelli che hanno voglia di andarlo a cercare

    I Segni, i Caratteri e le Lettere hanno anche essi la loro forza e la loro efficacia.

    Filippo Teofrasto Paracelso, I Sette Libri dei Supremi Insegnamenti Magici

    Di questi due Draghi o Principî Metallici, ho detto nel mio Sommario che l’uno, col suo ardore, accenderà il fuoco del suo Nemico e che allora, se non si sta attenti, si spanderà per l’Aria un fumo venefico e maleodorante, più pericoloso, per le fiamme e la tossicità, della testa avvelenata di un serpente e di un Drago di Babilonia.

    Nicolas Flamel, Il libro delle figure geroglifiche

    Truovami un paio di seste o due e una riga, ché te lo voglio disegnare in sun un foglio tutto il fondamento, e poi seguiterai secondo ti dirò; e truova uno libro, e scriverrai tutte queste cose, misure e modi ch’io ti dirò, acciò che se pure t’uscisse di mente, che tu possa ricorre alla scrittura del libro per riavella.

    Antonio Averlino detto il Filarete, Trattato di architettura

    Premessa

    Ciò che vi proponiamo sono quattro passi attraverso le strade, gli edifici e i cimiteri milanesi per riconoscervi le tracce esoteriche del passato, ancora esistenti nonostante la metropoli sia in costante espansione.

    Il nostro è un semplice invito a guardare le architetture erette nei secoli e a riflettere su ciò che possono comunicarci al di là delle forme esteriori ed apparenti.

    Il mondo ruota, perché negarlo, attorno a un ciclo continuo di nascita, di vita e di morte in cui noi siamo spettatori e al tempo stesso attori. Nulla di nuovo sotto il cielo, quindi. In molti hanno cercato di spiegare tutto ciò e di scoprirne l’arcano significato. Perché?

    Perché l’essere umano è irrequieto, vive altalenando tra la ricerca del benessere materiale e la domanda classica: «Che cosa ci facciamo su questa Madre Terra?». Nel corso del tempo ognuno ha lasciato una propria storia, non sempre fatta di cose buone e giuste, ma nemmeno così negativa come la si potrebbe immaginare leggendo la storia nel susseguirsi ininterrotto di lotte, di guerre e di tradimenti. E nel libro ne faremo chiaramente cenno.

    A nostro avviso l’essere umano ha semplicemente vissuto, lasciando testimonianze e segni. I segni tangibili, espressioni del pensiero esoterico, sono racchiusi nell’arte e nell’architettura, nonché nelle molteplici interpretazioni ed espressioni religiose. L’anelito verso un qualche cosa di più grande di lui, ovvero dell’essere umano, è passato dai luoghi di convegno e di meditazione nei boschi e nelle grotte, ai templi eretti alla piena luce solare. Ha così lasciato monumenti in pietra, legno e in mattone, che vanno sotto il nome di edifici cultuali, come i templi, per l’appunto, le chiese, le cattedrali, le logge, le semplici case della gente comune. Nei luoghi di ritrovo, di discussione, di preghiera e di meditazione l’essere umano ha stabilito sodalizi, vincoli di fede e di amicizia. Ma non sempre. Nel bene e nel male si è dato un ordinamento che lo potesse condurre a una conoscenza superiore o semplicemente a un modo di vivere più pratico e ordinato.

    Mediante l’architettura ha in parte espresso tutto ciò, lasciando a noi, oggi, l’agio di osservare il film di questa lunga epopea, di questa esperienza quotidiana, di un linguaggio esoterico scandito a più riprese.

    Passeggiamo assieme per Milano e andiamo a ricercare e a riconoscere le tracce del nostro passato, che non è solo milanese e meneghino. Tutte queste tracce, e altre ancora, le possiamo poi ritrovare in ogni città italiana, in ogni città europea. Basta guardarsi attorno con occhio acuto e critico.

    Gianluca Padovan ha scritto i capitoli 1 - 6 e 9; Ippolito Edmondo Ferrario i capitoli 7 e 8.

    Buona lettura

    1. Passeggiate esoteriche

    11

    Una chiesa dai tre volti

    Naviglio Grande e cavalieri medievali

    Siamo alle soglie dell’autunno, nel nono mese di un anno dal numero magico, ovvero il tredicesimo del terzo millennio. Tredici era il numero fortunato e magico, caro alle popolazioni nordiche, e tre è il numero perfetto per eccellenza.

    Come sfaccendati turisti passeggiamo per la città. Prima di attraversare un ponticello che scavalca il Naviglio, ci soffermiamo a osservare la duplice facciata della chiesa dedicata a san Cristoforo. Vetusta e curiosa nella sua articolata architettura, sembra chiamarci a gran voce per andare a visitarla.

    Il portale principale introduce nella parte romanica, ma prima di entrare l’occhio ci cade sull’imposta di volta a sinistra: si tratta di un elemento in marmo bianco su cui è scolpita una sembianza assai strana e misteriosa. È un triplice volto, quello centrale è barbuto e quelli laterali paiono o femminili o molto giovani a seconda di chi li osserva. Qui cominciano le domande, e da questo sito ha inizio un percorso che ci condurrà a guardare la nostra città con altri occhi e a indagarne il volto esoterico.

    Facciamo un passo indietro. Guardavamo pigramente le sponde del Naviglio Grande, un canale in cui un tempo s’immettevano e da cui si staccavano numerose rogge a cielo aperto. Quant’acqua è corsa tra le sue sponde? Tenendo per buone talune cronache medievali, parrebbe che nel 1179 vengano avviati gli scavi per derivare fino a Milano le acque del fiume Ticino. Vuoi per la difficoltà oggettiva del progetto, vuoi per le ricorrenti mancanze di denaro e le dispute politiche e guerresche, i lavori procedono sì, ma a fasi alterne. Solo alla metà del Trecento l’opera è terminata e le acque fluviali giungono in città. Con esse arrivano anche le imbarcazioni cariche di merci provenienti da nord e da ovest, nonché il marmo di Candoglia, estratto nelle cave omonime all’imbocco della Val d’Ossola e utilizzate per la costruzione del Duomo, capolavoro d’arte religiosa, profana ed esoterica. Con l’acqua e le barche navigano e approdano anche nuove idee, nuove concezioni di vita, ma pure concetti religiosi differenti. Milano, a dispetto della sua lontananza dal mare, è un vero e proprio porto, dove tutto transita.

    Da speleologi curiosi del passato cittadino ci dilettiamo all’esplorazione delle antiche vestigia, muniti della dovuta attrezzatura costituita da casco speleo, tute in cordura, stivaloni da pescatore alti fino al petto, guanti di gomma e mascherine con i filtri per i vapori organici. Lungo via Lodovico il Moro osservavamo laddove gli imbocchi e gli sbocchi dei canali minori erano stati murati e i punti nei quali ancora esistevano le saracinesche che li chiudevano. Eravamo, difatti, interessati a eventuali escursioni sotterranee proprio in questi canali che ancora si dipanano sotto il tessuto urbano. Così giungemmo di fronte a San Cristoforo.

    La prima chiesa è stata costruita alla fine del xii secolo in forma romanica su quanto rimaneva di un edificio precedente, il quale a sua volta pare insistesse sui resti di un tempio innalzato a Ercole. Accorpata alla prima, una seconda chiesa è stata costruita invece in forme gotiche, caratterizzate da uno stretto portale a sesto acuto affiancato da due slanciate monofore. Detta anche Cappella Ducale, la costruzione risale al xiii secolo e qualcuno sostiene che in origine fosse un ospedale o un ospizio per i pellegrini di proprietà, o semplicemente gestito dall’Ordine Templare milanese. Successivamente la divisione tra le due chiese è abbattuta, lasciando così un unico luogo di culto a due navate.

    Innanzitutto, per quanto riguarda i pellegrini e i viandanti, rimane il dubbio sul collegamento della chiesa con i Templari. Si sa bene che a Milano, lungo via della Commenda, vi erano un tempo gli ospizi-ospedali degli ordini religiosi e cavallereschi, o religioso-militari, dei Templari e dei Gerosolimitani. L’Ordine del Tempio, ufficialmente fondato da Ugo di Payns nel 1118 o nel 1119 a Gerusalemme, conta inizialmente solo nove cavalieri. Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), dottore della Chiesa poi santificato, nonché fondatore dell’abbazia cistercense di Chiaravalle situata alle porte di Milano, ne scrisse parole di approvazione nel trattato In lode della Nuova Cavalleria. Circa dieci anni più tardi l’Ordine è presente anche a Milano con la sua Commenda, ovvero con un suo fondo, una sua proprietà.

    Venerdì 13 ottobre 1307, su ordine del re di Francia Filippo iv detto il Bello (1268-1314), si procede all’arresto simultaneo di ogni templare risiedente nell’allora regno di Francia. La soppressione dell’Ordine Templare è successivamente ordinata da papa Clemente v, il 3 aprile 1312, come si vedrà in seguito. Molti ancor’oggi si domandano che cos’avessero scoperto in Terrasanta, altri, semplicemente, quanto potere e quante ricchezze avessero concentrato nelle loro mani. Successivamente i Gerosolimitani, ovvero l’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, poi divenuto dei Cavalieri di Rodi e infine dei Cavalieri di Malta, incamera i beni dei Templari. Occorrerebbe seguire tutte queste tracce e la storia di eventuali cavalieri templari incarcerati e poi uccisi a Milano, per vedere se qualche filo li collega anche alla chiesa di San Cristoforo. Filippo iv il Bello lo ritroveremo poi parlando della crociata contro gli Albigesi.

    Le vicissitudini dei Templari parrebbero ampiamente note fin nei dettagli, ma intimamente e realmente sono conosciute solo da poche persone addette ai lavori o, per dirla con altre parole, da pochi iniziati. Gli archivi dei Templari direbbero molto sui misteri veri o solo presunti nati sull’Ordine, ma paiono scomparsi e vi sarebbe da indagare le vicende che li hanno visti trasferiti da un capo all’altro del Mediterraneo. In Occidente il loro archivio centrale semplicemente sparisce, mentre in Oriente parrebbe che dal Tempio di Salomone, dov’era conservato, venga portato a Tiro poco prima della riconquista di Gerusalemme da parte dei mussulmani, avvenuta il 1° ottobre 1187. Successivamente, prevedendo un attacco in forze da parte dell’esercito mamelucco, è possibile che da Acri l’archivio sia stato trasferito nella fortezza di Athlit e da qui in altra sconosciuta sede¹. Qualcuno pensa che sia stato portato a Cipro, oppure in Italia, ma sono solo ipotesi e di certo non v’è nulla. Si dice che a seguito dello scioglimento dell’Ordine l’archivio sia stato preso in carico dai Cavalieri di Malta e trasferito nell’isola omonima nel xvi secolo, ma passando da Viterbo e da Nizza. Secoli dopo, Napoleone Bonaparte in viaggio non certo di piacere verso l’Egitto conquista Malta, ma la tiene in suo possesso solo due anni. L’archivio dei Templari, ammesso che sia sopravvissuto per così tanto tempo, viene forse distrutto per non farlo cadere nelle mani dei Francesi? Oppure i Francesi lo danno alle fiamme per non cederlo a Inglesi e Portoghesi che assediano e successivamente conquistano Malta nel 1801? Ma fu realmente distrutto?

    12

    La chiesa di San Cristoforo sul Naviglio Grande in un disegno degli anni Trenta.

    Tre volti

    Torniamo al nostro ingresso nella duplice chiesa. Incorniciato in cotto e di forma leggermente a sesto acuto, il portale di sinistra reca in alto e al centro una bella finestra circolare: il rosone, anch’esso in cotto. Elemento delle chiese romaniche e gotiche, più raramente presente in quelle rinascimentali, questo rosone ha i raggi intrecciati a formare dodici spicchi. Al di sotto, la piattabanda in mattoni è simbolicamente sorretta da elementi in marmo bianco. Si tratta di mensole antropomorfe. Nella prima, a destra, è scolpito il volto di un uomo barbuto, con i capelli lunghi ripartiti al centro. La sua testa è ornata da un’aureola e il tutto sembra poggiare su di un telo, drappeggiato ai lati. Ma la mensola contrapposta ha ben altre fattezze, come abbiamo accennato in apertura. A tutta prima si ha l’impressione di guardare un volto con barba e baffi, fronte alta segnata dalle rughe e capo curiosamente panneggiato. Qualche cosa però stona, non torna ai conti. Difatti è un volto composto da tre volti, con quelli laterali dai lineamenti femminei. In particolare, il più interno, all’apice dell’attaccatura nasale ha una piccola mandorla in rilievo. Di cosa si tratta? Del terzo occhio degli induisti? Al momento non sappiamo che cosa dire.

    Uno speleologo del gruppo è veneto ed esclama: «Trevisum!».

    Lo guardiamo un po’ perplessi, attendendo che ci illumini.

    «Treviso è il nome della città veneta che, si dice, avesse per divinità, o nume tutelare, un essere dal triplice volto», spiega con lo sguardo ancora fisso sulla scultura.

    E soggiunge: «Non mi pare molto cristiano e i due volti femminili ai lati dell’uomo sono a dir poco incredibili. Tra l’altro, ricordo di aver visto qualcosa di simile, ma molto più grande e scolpito nella pietra calcarea, in una chiesa della Val di Non, in Trentino Alto-Adige, ma lì si trattava di tre volti inequivocabilmente maschili».

    La divinità triplice richiama anche e soprattutto il cristianesimo e le figure di Dio, di Gesù e dello Spirito Santo; tre in uno. Ma nessuna di queste figure è stata mai rappresentata in sembianze femminili.

    18

    La Primavera. Da un mosaico romano al museo Archeologico di Algeri.

    La triade femminile ricorre spesso nella mitologia, basti pensare alle tre Grazie, in latino Gratiae, le quali rappresentavano la bellezza, il fascino e la grazia. Sono le tre divinità sorelle, figlie di Giove ed Eurinome: Aglaia (Splendore), Eufrosine (Gioia) e Talia (Floridezza), conosciute presso i Greci con il nome di Cariti. Tre sono anche le Ore, ovvero le Stagioni, figlie di Zeus e di Temi: Primavera, Estate e Inverno. Altrettante sono le Gorgoni, Steno (forte), Euriale (ampio-vagante) e Medusa (astuta), sorelle delle orrende Graie: Enio (guerresca), Pefredo (vespa) e Deino (terribile). Tre erano anche le Moire e secondo il poeta Esiodo avevano per nomi Cloto (la filatrice), Lachesi (la misuratrice) e Atropo (colei che non si può evitare). Qualcuno le identifica con la triplice divinità del Destino o della Morte, la nera signora.

    Nella mitologia alpina vi sono donne particolarmente benevole, le tre Beth: Ainbeth, Wilbeth e Warbeth, da cui deriverebbero Caterina, Barbara e Lucia². I numeri tre in uno ricordano in modo particolare alcune divinità dei nostri antichi progenitori, come ad esempio la Morrigàn. Essa appartiene al gruppo delle dee irlandesi, la cui caratteristica è di essere al tempo stesso una e triplice, unendo particolarità spiccatamente femminili a un aspetto e un essere prettamente guerresco, quindi maschile³.

    Non si può dimenticare la dea solare gallica Belisama, identificabile con la Brigit dal triplice volto dei Celti d’Irlanda. La divinità riuniva in sé le essenze della druidessa, quindi della poetessa, della maestra delle tecniche, soprattutto costruttive, nonché di guerriera⁴. Brigit è un nome che in origine significava gloriosa e nel trascorrere del tempo e nell’avvicendarsi delle religioni diviene una santa cristiana.

    Da qui la fantasia si libra fino a un testo norreno (ovvero settentrionale o, meglio, norvegese) d’epoca medievale, ma con radici orali ben più profonde e probabilmente anche scritte, di cui si è perduta traccia. Si tratta della Voluspá, o «Profezia della Veggente», definita in modo colorito l’«apocalisse norrena». La ventesima strofa dell’antico testo recita così: «Di là vengono vergini, sapienti in molte cose, tre, da quella polla posta sotto l’albero. Uror chiamarono l’una, la seconda Veroandi – incidevano tavolette –, la terza Skuld. Fissarono la legge, loro la vita sceglievano per i nati mortali, per gli uomini il destino»⁵. In pratica le tre veggenti stabilivano quale dovesse essere il destino di ogni essere umano.

    Tutto questo per ricordare che il 3 è un numero perfetto ed è stato anche considerato magico, fors’anche per il fatto d’essere un numero primo, indivisibile per due. In ogni caso tre figure in una, delle quali due femminili e l’altra maschile, sono un caso a dir poco insolito.

    A questo punto ci torna alla mente che a Sacco (Sondrio), in Val Gerola, in un edificio del xv secolo vi è una curiosa stanza affrescata, la cosiddetta camera picta, dove sono raffigurati vari personaggi e uno peloso con la clava sulla spalla, nonché una scritta: «Ego sonto un homo salvadego per natura, chi me offende ge fo pagura»⁶. Ma il punto è che sull’ingresso della camera vi è una bella testa con tre volti, due di profilo e uno frontale, proprio come a San Cristoforo.

    Da Cristoforo a Ercole

    Spingiamo leggermente il portone chiodato a due battenti, lasciato socchiuso dal sacrestano che sta effettuando le pulizie, ed entriamo nella chiesa, curiosi di ricercarvi altre strane raffigurazioni o particolari simboli. Rimaniamo invece incantati dall’architettura, dai lacerti degli antichi affreschi carichi di significati evocativi, dalle vetrate e dalle volte. La navata di destra, d’architettura gotica, è partita in due campate, separate da un’arcata ogivale. Le due volte sono a crociera, con i costoloni in cotto e la chiave di volta circolare, in pietra chiara, in cui è scolpito qualcosa che, a causa della penombra, non si riesce a distinguere. L’adiacente parte romanica ha il soffitto a cassettoni lignei, ma il nostro sguardo è catturato dalla stretta finestrella chiusa da una vetrata in cui è raffigurata una mano che scende da una nuvoletta a indicare un triangolo raggiato, il cosiddetto occhio onniveggente. Su questo simbolo gli esoteristi di ogni epoca e luogo si sono sbizzarriti nell’attribuirgli innumerevoli e talvolta discordanti significati.

    Due statue lignee, una del xiv e l’altra del xvi secolo, raffigurano san Cristoforo nell’atto di portare sulle spalle il Bambino Gesù. Le notizie su questo santo martire non sono certe. In greco Cristoforo vuol dire colui che porta Cristo⁷ e secondo taluni scritti era di grande statura e forza, si chiamava Reprobus e si era arruolato come legionario nell’esercito imperiale romano. Successivamente si converte al cristianesimo e, scoperto nell’intento di fare proseliti, è condannato, sottoposto a martirio e trucidato. Il dato certo è che il suo culto si diffonde soprattutto in epoca medievale ed è tenuto in considerazione come protettore dei pellegrini e dei viandanti, per divenire, in epoca moderna, protettore degli automobilisti. È anche uno dei quattordici santi ausiliatori, coloro ai quali i fedeli si affidano in caso di particolari difficoltà e calamità; difatti era anche il patrono degli appestati.

    La leggenda della sua forza lo ha fatto probabilmente sostituire con successo in taluni luoghi dove era rimasto radicato il culto di Ercole. Figlio di Zeus e di Era, Eracle per i Greci e Hercule per i Latini, è senza dubbio il semidio ed eroe greco più noto e più ricordato nella mitologia classica. Per gli Etruschi era Ercle, dio della guerra, dell’acqua salata e di quella dolce⁸, quindi protettore di talune fonti. Viene descritto come forte, coraggioso e portato tanto agli atti eroici quanto alla generosità e alla pietà nei confronti dei più deboli. Tali caratteri, a mezza via tra il divino e l’umano, hanno fatto di Ercole il prediletto del popolo e un punto di riferimento per la nobiltà cavalleresca e guerriera.

    A Milano sono state rinvenute alcune sculture antiche raffiguranti l’eroe, rimandando a culti d’altri tempi. Un bassorilievo in marmo bianco d’epoca presumibilmente romana è murato lungo il portico interno di Palazzo Trivulzio, in piazza Sant’Andrea. Nel campo principale un uomo lotta contro un leone e la scena richiama Ercole che sconfigge il leone Nemeo. La leggenda narra che Ercole imbracciò l’arco e con una delle frecce donategli da Apollo colpì il leone; ma questi era invulnerabile ad ogni arma, soprattutto se di metallo. L’eroe lo affrontò quindi con la sua clava, poi a mani nude e lo uccise. Lo scuoiò e portò sempre con sé la sua pelle, a mo’ di mantello e di protezione magica. Questa è la prima fatica di Ercole, seguita da altre undici, l’ultima delle quali consiste nella discesa nel Tartaro e la cattura di Cerbero, un animale mostruoso a tre teste.

    Una interessante raffigurazione di Ercole che impugna la clava e con il braccio sinistro sorregge la pelle leonina la si può vedere incisa a grandi dimensioni sul fianco di una verdeggiante collina sovrastante il paesino di Cerne Abbas nel Dorset, in Inghilterra. Si tratta del cosiddetto «Gigante di Cerne», alto 55 metri, con la clava nodosa lunga ben 37 metri e un pene eretto, anch’esso di ragguardevoli dimensioni⁹. Qualcuno suggerisce che fosse legato al culto magico della fertilità, ma sia come sia è il segno tangibile che la figura mitologica era nota e tenuta in grande considerazione anche al di fuori del mondo mediterraneo.

    Sempre a Milano, nel 1827, è venuto invece alla luce un grande e muscoloso busto in marmo bianco, nel corso di alcuni lavori nell’area delle Terme Erculee, situate tra corso Vittorio Emanuele ii e corso Europa. Si tratta di un «Eracle a riposo», scultura «che deriva lo schema iconografico da un celebre bronzo dell’artista greco Lisippo (seconda metà del iv secolo a.C.)»¹⁰.

    La statua è purtroppo mutila della parte superiore del tronco e delle gambe; inoltre una foglia scolpita nella pietra è stata poi applicata al posto dell’organo genitale. Oggi è esposto presso le Civiche Raccolte Archeologiche, museo situato in corso Magenta. Come curiosità si ricorda che le terme non erano dedicate all’eroe, ma devono il loro nome a Massimiliano Erculeo che le fece costruire tra il iii e il iv secolo.

    21_65

    Statua raffigurante Ercole, in un’incisione di F. Perrier.

    1 Malcolm Barber, La storia dei Templari, Edizioni Piemme, Casale Monferrato 1997, pp. 356-358.

    2 Hans Biedermann, Enciclopedia dei simboli, Garzanti Editore, Milano 1991, p. 551.

    3 Miranda J. Green, Dizionario

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