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La Chiesa del Monte dei Morti e della Misericordia a Catanzaro: Guida storico artistica
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E-book151 pagine1 ora

La Chiesa del Monte dei Morti e della Misericordia a Catanzaro: Guida storico artistica

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Sinossi
Il centro storico di Catanzaro sorge su tre colli e si articola in un fitto dedalo di stretti e caratteristici vicoletti. Proprio nel cuore di quest'ultimo si erge la bella chiesa del Monte dei Morti e della Misericordia, splendido esempio di architettura Rococò italiana, la cui edificazione risale alla prima metà del ’700. Le sue vicende evolutive, sin dalla fondazione, si intrecciano intimamente alla storia della città. Al suo interno sono custodite numerose opere d’arte, le quali sono di grandi ausilio nel ripercorrere alcune delle più importanti pagine della storia religiosa e artistica di Catanzaro, giacché abbracciano un intervallo temporale di circa quattro secoli.


Biografia
Giuseppina De Nardo, 27 anni, nata a Catanzaro. Nel luglio 2017 consegue la laurea magistrale in Storia dell’Arte presso l’Università della Calabria con una tesi in Storia dell’Arte Moderna dal titolo: La chiesa del Monte dei Morti e della Misericordia a Catanzaro. Guida storico-artistica.
LinguaItaliano
Data di uscita24 nov 2017
ISBN9788827521984
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    Anteprima del libro

    La Chiesa del Monte dei Morti e della Misericordia a Catanzaro - Giuseppina De Nardo

    Edizioni

    Introduzione

    La chiesa del Monte dei Morti e della Misericordia è una piccola perla situata nel cuore del centro storico della città di Catanzaro.

    Le sue origini risalgono al XVI secolo, quando un cospicuo gruppo di nobili cittadini catanzaresi decise di fondare una compagnia laica dedita al culto dei defunti, la cui sede momentanea sorgeva in alcuni locali nei pressi dell’odierna chiesa. L’associazione raccolse nel tempo un tale numero di iscritti da rendere fondamentale la costante presenza di chierici, i quali avevano il compito di svolgere le funzioni religiose; questo portò alla decisione da parte del vescovo, intorno alla fine del ʼ600 di convertire l’associazione in una vera e propria congregazione religiosa, che nel 1739 fu dotata della sua sede stabile: la chiesa del Monte. Dal 1892 la chiesa è stata affidata in perpetuum alle cure dei frati minori cappuccini, che ancora oggi la amministrano.

    Le sue forme sono essenziali, eleganti e perfettamente in linea con gli esiti dell’arte Rococò italiana del XVIII secolo: ne è prova lo splendido portale in pietra, realizzato dalle rinomate maestranze roglianesi, ma anche i sobri stucchi che ne decorano l’interno. La chiesa ospita numerose opere di alto valore artistico, come la tela della Madonna degli Angeli, la quale nonostante risalga al 1642, rappresenta un chiaro esempio di resistenza della cultura controriformistica della seconda metà del ʼ500. La grande pala d’altare della Santissima Trinità con la Vergine Maria che intercede per le anime del Purgatorio è invece un brillante esempio di arte barocca napoletana. La cupola è stata decorata nel 1796 dall’artista locale Giovanni Spadea, di cui si va lentamente tracciando un piccolo catalogo di opere. Sono altresì presenti due sostanziosi gruppi di sculture che testimoniano il pregio e il valore dell’artigianato italiano: quelle in legno sono opera di artisti della ‘valle degli scultori’ in Trentino Alto Adige, quelle in cartapesta invece appartengono alla famosa arte povera tipica del Salento, in Puglia. Nell’ultimo secolo la chiesa è stata oggetto di numerosi restauri, uno di questi è firmato ‘Ugolino da Belluno’, frate cappuccino, ma anche lodevole artista italiano il quale, nel 1978, si è occupato di rinnovare le due piccole cappelle ai lati dell’ingresso.

    Questa guida è articolata in due parti fondamentali: nella prima si seguono passo per passo tutte le vicende storiche dell’edificio, dalla fondazione della ‘Pia Associazione’ agli ultimi restauri effettuati sulla chiesa negli anni 2000; la seconda parte consiste in un vero e proprio tour guidato, un cammino che accompagna il visitatore illustrando le bellezze che questo piccolo edificio conserva.

    Pertanto, dopo aver illustrato in linee generali il contenuto di questo lavoro, invito a proseguire augurando una buona lettura.

    Capitolo I La storia: dalla fondazione a oggi

    1 Il culto dei morti

    La nascita della chiesa del Monte dei Morti è riconducibile, come si intuisce dalla denominazione della stessa, al culto dei morti. La Chiesa Cattolica fonda la sua esistenza nel mistero di Cristo morto e risorto, che segna la sorte dell’uomo credente. L’uomo nel corso della sua esistenza compie un vero e proprio cammino terreno che culmina nella morte, dando inizio all’eterna vita nell’aldilà, ove godrà di gioie o dolori in relazione alle opere compiute in vita.

    È ben noto, grazie alla celebre Divina Commedia dantesca (ma è anche implicito all’interno dei testi sacri), che esso è costituito da tre mondi: inferno, paradiso e purgatorio. All’inferno appartengono i condannati alla dannazione eterna; al paradiso, cioè alla visione beata ed eterna di Dio, appartengono invece i giusti. Non tutti però sono pronti a essere ammessi alla beatitudine eterna e necessitano di un periodo variabile di purificazione da tutti i peccati in un mondo transitorio, che chiamiamo purgatorio. Tra la Chiesa militante (i cristiani ancora vivi nel mondo), la Chiesa purgante (le anime dei trapassati in attesa di poter lasciare il purgatorio) e la Chiesa trionfante (i beati nel paradiso), intercorre un rapporto spirituale vero e proprio – in virtù del quale – il cristiano vivente può aiutare i morti e lodare i beati, i quali a loro volta lodano Dio e aiutano i vivi ed i morti; mentre i morti sono in comunione con gli uni e con gli altri. Questo concetto si può riassumere nella cosiddetta ‘dottrina del suffragio’. In particolar modo il suffragio indica il soccorso prestato da un vivente a un'anima sofferente nel purgatorio, per aiutarla a pagare i debiti di pena temporale contratti con la giustizia divina. Il sopracitato ‘soccorso’ consiste, nella realizzazione di opere di bene, nelle preghiere e nella celebrazione di messe, a cui corrisponderà (sia per lui che per il defunto) un beneficio spirituale.

    2 La Pia Associazione del Monte dei Morti e della Misericordia e la cappella primitiva

    Sin dagli albori del Cristianesimo il culto dei morti era vissuto con grande attenzione. Anche a Catanzaro i nobili e notabili cittadini incoraggiavano e sostenevano questo culto, tanto che nel corso del XVI secolo essi pensarono di costituire una formale associazione, in modo da istituzionalizzarlo [i] . L’idea delle famiglie nobili della città era quella di creare una cassa legale stabile, nella quale versare delle offerte mensili per celebrare messe in suffragio degli associati (una volta defunti), garantendogli inoltre il diritto di essere seppelliti all’interno dell’annesso oratorio, se lo avessero richiesto. Nasce così la Pia Associazione del Monte dei Morti e della Misericordia [ii] .

    È impossibile risalire all’anno esatto in cui essa vide la luce (o ai nomi dei suoi fondatori) [iii] a causa di molteplici eventi, alcuni molto infelici, susseguitisi nel corso dei secoli: questi hanno infatti determinato la dispersione di gran parte dell’incartamento e della documentazione dei primi anni di attività [iv] . Secondo le fonti giunte fino a noi, la Pia Associazione era aperta a tutti e possedeva un regolamento interno che ne fissava le condizioni, precisandone diritti e doveri, garantendo ai singoli soci il rispetto delle volontà una volta passati a miglior vita. A causa dell’assenza dei primi documenti non si posseggono tracce dell’organico originario di cui era costituta, però risulta che doveva essere organizzata in una gerarchia ben precisa, con tanto di governatori, cassiere, razionale (o revisore dei conti) e cappellano [v] . I governatori erano generalmente tre, le cui cariche venivano periodicamente rinnovate con qualche clausola in merito ed una eventuale rielezione [vi] ; il cassiere ed il razionale venivano eletti dai governatori [vii] , nessuna fonte però ci suggerisce in base a quale criterio fossero scelti i governatori [viii] . I membri si chiamavano tra loro ‘fratelli’ e ‘sorelle’ ed erano ascritti in due registri separati [ix] . Purtroppo non possiamo sapere se l’associazione venne eretta con privilegi spirituali, indulgenze e simili [x] .

    Pur trattandosi a tutti gli effetti di una congregazione laica, fin dal principio si rese necessario e fondamentale il coinvolgimento di religiosi – sacerdoti soprattutto – che avevano il compito di adempiere agli obblighi inerenti alla natura dell’istituzione. L’autorità religiosa aveva quindi notevole parte in causa e unitamente all’intenzione di eternare il ricordo dei defunti, si occupava in città anche di opere di altissima promozione culturale in senso cristiano [xi] .

    Le prime riunioni degli associati avvenivano quasi sicuramente all’interno di un locale dotato di una cappella o oratorio per esplicare le funzioni religiose e adempiere all’obbligo del suffragio, si trattava probabilmente dei locali nei pressi e di proprietà della chiesa di Santa Maria de Meridie [xii] . Successivamente gli amministratori, visto l’aumento esponenziale degli iscritti alla Pia Associazione e data la necessità di avere una cappella più ampia per la celebrazione delle messe, decisero che era il momento di abbandonare i locali appartenenti alla chiesa di Santa Maria de Meridie e trasferirsi in una sede più adatta alle esigenze della congregazione. Siamo nel primo trentennio del ʼ600.

    3 L’acquisto di Palazzo Morano e l’edificazione della seconda cappella

    Il 5 maggio 1630 gli allora governatori della Pia Associazione, Fortunato De Nobili e Giannantonio De Paula alla presenza del notaio Giuseppe Orlando, stipularono il contratto di compravendita dell’immobile di proprietà delle sorelle Giovanna e Eleonora Morano, detto ‘di Checco Morano’ e sito nei pressi della parrocchia di Santa Maria de Meridie (questa vicinanza avrebbe tra l’altro facilitato le operazioni di trasferimento della documentazione dell’associazione). Il prezzo di acquisto era di settecento ducati: il cassiere, Vitaliano Abbate, versa i primi trecentocinquanta ducati alla firma dell’atto di compravendita; l’altra metà sarà saldata dai governatori a Napoli in tre rate successive, davanti al

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