IL nostro corpo è il risultato di un lento cammino evolutivo che la specie umana ha seguito – o per meglio dire ha subito – nel corso dei millenni, perfezionando via via le primitive forme preumane sotto la spinta dell’adattamento all’ambiente. Lo scheletro, gli organi interni, i caratteri morfologici esterni si sono modificati lentamente, grazie alla selezione naturale prima e culturale poi. Tutto questo adattamento ha prodotto un sistema nervoso raffinato e complesso, un cervello che ci ha permesso, oltre che di pensare, di parlare e progettare. Sebbene sia difficile da dimostrare, alcuni studi antropologici suggeriscono che anche le pratiche culturali possono innescare mutamenti evolutivi. Tempo fa, ad esempio, la compagnia di telecomunicazioni californiana Toll Free Forwarding – che pure era parte in causa – ha diffuso l’immagine 3D di Mindy, un’ipotetica ragazza del 3000. Secondo le previsioni, il suo corpo si sarebbe adattato all’uso dello smartphone, al punto da subire modifiche strutturali. Così, Mindy avrebbe una schiena a uncino, collo piegato in avanti, gomiti irrigiditi ad angolo e una mano ad artiglio destinata quasi esclusivamente a reggere il cellulare. Inoltre, poiché tablet e display affaticano la vista, l’Homo cellularis del futuro potrebbe essere dotato di una terza palpebra, una sorta di membrana nittitante traslucida simile a quella di uccelli, rettili, anfibi e pesci, che dovrebbe contenere i danni della luce blu emessa dagli schermi.
Questo “accessorio” è previsto pure dal paleoantropologo Matthew Skinner dell’Università del Kent, che vede in uno dei “futuri” possibili l’uomo adattato (o riadattato?) alla vita acquatica, con tanto di branchie e piedi e mani palmati, genere film Avatar 2. La via dell’acqua.
Se quella dei futurologi dilettanti della Toll Free Forwarding era una semplice provocazione, un pezzetto di verità purtroppo c’è, a