SOLO UN ALGORITMO CI POTRA’ SALVARE. Intelligenza biologica vs intelligenza artificiale (Quale sorte per la giurisdizione)
Di Luca D'Auria
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Anteprima del libro
SOLO UN ALGORITMO CI POTRA’ SALVARE. Intelligenza biologica vs intelligenza artificiale (Quale sorte per la giurisdizione) - Luca D'Auria
L’autore
PARTE PRIMA
Le diverse forme di intelligenza artificiale e l’avvento dell’algoritmo umano troppo umano. Decisioni e responsabilità alle soglie del postumano
-1-
Chi è la più bella del reame?
Intelligenza biologica vs. Intelligenza artificiale
La contemporaneità ha visto compiersi una radicale trasformazione dell’essere umano che è passato da animale sociale
ad animale artificiale
¹. Questa modificazione ontologica è, in realtà, il compimento di un percorso che trova le sue origini nella Grecia classica e nella creazione della metafisica come ente ordinatore rispetto alla transitorietà del molteplice empirico, costantemente in mutazione.²
Al giorno d’oggi il virtuale non rappresenta più, come accadeva nelle epoche pregresse, un modello esterno alla cognizione ma si è trasformato in una vera e propria mente estesa con la quale il cervello biologico si trova a dialogare in ogni momento e che proietta l’io in una dimensione extracorporea.³ Lo strumento di mente estesa più all’avanguardia e che pone l’essere umano, nella sua veste di animale sociale, dinnanzi ai quesiti più complessi e di difficile soluzione è costituito dall’intelligenza artificiale.
L’intelligenza artificiale, nel corso degli anni, ha mutato pelle; è passata da un modello deterministico, veloce ed efficiente, ma privo di capacità di elaborazione autonoma del dato di input, fino ad assumere sembianze operative assai simili a quelle tipiche del cervello umano in cui, il risultato che trova scaturigine dall’elaborazione dei dati di partenza, è superiore alle stesse informazioni iniziali (è il caso tipico delle reti neurali artificiali e delle machine learning.⁴
I campi dell’agire umano nei quali queste forme di intelligenza supplementare ed espansa coadiuvano e assicurano il buon funzionamento del cervello umano sono sempre più numerosi e il ruolo dell’intelligenza artificiale è sempre maggiormente pervasivo in ogni facere umano ad elevato tasso tecnico. Tra questi campi di applicazione possono essere citati la medicina, la chirurgia e l’ingegneria (civile, aereospaziale o bellica). Risulta, invece, superfluo ribadire il rapporto strettissimo e consolidato tra intelligenza artificiale e mondo dell’intrattenimento e del commercio (tra questi non vanno trascurati i giochi, sempre più luogo di sperimentazione di algoritmi e reti neurali spregiudicate che, in futuro, diverranno di uso comune per simulare sia la parte razionale che quella emotiva dell’uomo biologico).
Nel nostro tempo è dunque possibile affermare che l’intelligenza artificiale rappresenti un supplemento irrinunciabile e decisivo per ogni attività umana, in specie se questa vuole assicurare un risultato il più possibile certo e sicuro (tecnico, cognitivo o commerciale).
Giova ripetere quanto già detto: la situazione attuale è solo apparentemente il frutto del trionfo della tecnologia contemporanea; si tratta, infatti, di un percorso nato tra il IV ed il V secolo a.C. e corrispondente all’avvento della filosofia e della metafisica platonica. Questa risposta antica ai tormenti dell’esistenza conteneva già, infatti, quell’esigenza di costruire modelli universali, astratti ed artificiali che possano fungere da guida e riferimento per il cogito incerto dell’intelletto umano. Da allora l’essere umano si è scoperto il più grande costruttore di algoritmi deterministici (giuridici, religiosi, scientifici, morali, artistici, ecc.); si tratta di modelli comportamentali da osservare per essere nel giusto
. Tuttavia, nonostante questa capacità intellettiva di scovare e costruire l’arké⁵ delle cose e la regola che definisce i limiti degli enti (animati e inanimati) nel mondo, l’essere umano ha costantemente sofferto uno scacco esistenzialista senza rimedio: l’incapacità di mettere in atto in modo adeguato quelle stesse regole così miracolosamente ideate e oggettivate.⁶
L’archetipo pratico di questo modello platonico, progettato in ossequio ai principi di universalità, logicità e stabilità cognitiva, tipici del lavorìo cognitivo svolto dalla corteccia cerebrale, è rappresentato dalla legge positiva; vero e proprio algoritmo e sistema ordinatore di tutto il vivere sociale.⁷
Prima dell’avvento definitivo delle tecnologie, che hanno aperto la strada alla cognizione supplementare in silicio, la regola di diritto, elaborata ed applicata dalla ragione umana, è stata, assieme alla fede, la stella polare per distinguere il bene dal male e per certificare l’uomo come unico essere vivente in possesso della ragione. In questo modo l’essere umano si è eretto ad unico ente capace di ideare ed applicare le regole architettate per la realizzazione del bene.⁸ Oggi anche il diritto e la giustizia si trovano davanti ad una doppia sfida:
[i]se le regole del gioco sociale debbano ancora essere elaborate dal logos⁹ umano oppure possano essere realizzate meglio da una macchina artificiale;
[ii] se queste regole del gioco debbano continuare ad essere applicate da un individuo in possesso del solo cervello umano oppure se questo, per risultare affidabile, necessiti di dialogare ed essere integrata con la cognizione