«Signori re, duchi, marchesi, conti, cavalieri, prinzipi e baroni, e tuta zente a cui dileta de saver le diverse zenerazion de zente e dei regnami del mondo, tolè questo libro e fatelo lezer, e qui troverete tute le grandisime meraveie e diversitate della grande Armenia, de Persia, Tartaria e de India e de molte altre provinzie»
Marco Polo, Il Milione.
Così comincia – con un invito a procurarselo e farlo leggere – uno dei libri più importanti della storia occidentale, quel racconto di viaggio che ha ispirato generazioni di esploratori europei, a cominciare da Cristoforo Colombo, che ne portò una copia nella spedizione in America (convinto di aver trovato Indie e Catai). Ma fornì anche preziose informazioni ai cartografi, come il camaldolese Fra Mauro, che a metà del Cinquecento si servì del Milione per completare il suo prezioso mappamondo, conservato nella Biblioteca Marciana di Venezia. Prima di allora, sulle mappe medievali, fra vicino Oriente, India e Cina si apriva solo un desolante vuoto. Non fu certo Marco Polo il primo occidentale a spingersi sulla Via della Seta: prima di lui, oltre a suo padre e suo zio, ci furono Giovanni di Pian del Carpine e Guglielmo di Rubruk e poco dopo Odorico da Pordenone. Ma fu il veneziano il primo a farne un resoconto ampio e dettagliato che offriva notizie utili su usi, costumi, religioni e geografie del lontano Oriente a regnanti e missionari, mercanti e avventurieri che, sempre più numerosi, si spingevano a Est per fare affari, stringere relazioni diplomatiche o convertire genti. Il tutto grazie a un momento storico favorevole, un lungo periodo di pace (la cosiddetta pax mongolica) che aveva fatto sognare a papi e regnanti europei un asse cristianomongolo in funzione anti-islamica.
Insieme al contemporaneo Dante Alighieri, Marco Polo