Storia dei Mongoli. (Con introduzione)
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Ha così inizio il lunghissimo e avventuroso viaggio di Giovanni da Pian del Carpine fino a Karakorum, alla corte del Gran Khan Guyuk; due anni e mezzo costellati di spettacoli raccapriccianti, fatiche e stenti, ma anche di racconti e incontri favolosi.
Dalle pagine di questa cronaca risuona vivida la voce umile e al tempo risoluta dell'uomo che per primo, e dal vero, ha svelato agli Europei i segreti di quell'estremo oriente per secoli temuto e favoleggiato.
Il testo è presentato nella preziosa traduzione dell'umanista veneto Giovan Battista Ramusio.
A cura di Daniele Lucchini.
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Anteprima del libro
Storia dei Mongoli. (Con introduzione) - Giovanni Da Pian Del Carpine
Carpine
Colophon
Finisterrae 8
Titolo originale dell’opera: Historia Mongalorum
Prima volta in Finisterrae: 2007
Versione italiana di Giovan Battista Ramusio
In copertina: Il prete Gianni in trono
da un atlante del 1558 (particolare)
© 2007 Daniele Lucchini, Mantova
www.librifinisterrae.com
Tutti i diritti riservati
ISBN: 9781326497774
Epigrafe
Basta che sia vero, e noi lo mettiamo, l'importante è non raccontare favole.
Umberto Eco, Baudolino
Prefazione
È comune opinione che il primo viaggiatore a scoprire davanti agli occhi degli Europei le meraviglie dell'Estremo Oriente sia stato Marco Polo. E ciò può essere vero, se ci atteniamo solamente alla fortuna del suo Milione, che fin da subito conobbe ampia diffusione e traduzioni in varie aree del continente.
Se si sta invece ai documenti ufficiali e alla cronologia, ci si accorge che l’impresa del grande Veneziano si colloca nella scia di una serie di missioni, inaugurata nel 1245 con il viaggio del frate francescano Giovanni da Pian del Carpine su incarico diretto di papa Innocenzo IV.
Solo pochi anni prima l’Europa era stata travolta dalla furia incontrastabile dell’invasione mongola: con rapidità impressionante, tra il 1236 e il 1242, l’Orda d’oro di Batu, nipote di Gengis Khan, aveva messo a ferro e fuoco e soggiogato ampi territori di Russia, Armenia, Georgia, Ungheria, Bulgaria, Polonia, Austria, Croazia e oltre, spingendosi fin quasi al Friuli. L'impatto emotivo, oltre che in termini economici e di vite umane, fu tale da scatenare un'ondata di terrore anche in tutto l'occidente latino, che pure non aveva mosso un dito per correre in soccorso dei regni dell'Europa orientale, impegnato com'era nelle proprie beghe interne di supremazia tra papato e impero. L'evento aveva fatto temere per la sopravvivenza della Cristianità stessa.
In tale stato di cose il pontefice pensò bene di inviare una legazione al cuore dell'impero mongolo per scongiurare il ripetersi di una simile catastrofe, invitando anzi i capi di quella popolazione a pentirsi per lo scempio perpetrato nei confronti di genti che non l'avevano mai minacciata e a convertirsi alla vera fede, giacché così Dio avrebbe potuto più facilmente perdonare tanto efferati eccidi. Ma, benché non ci siano documenti a testimoniarlo direttamente, possiamo immaginare che la stessa ambasceria dovesse servire anche per tentare un'impresa ben più ardita, vale a dire cercare di portare dalla propria parte quell'orda come formidabile alleato contro il secolare avversario Saraceno; la storia ci racconta che questo non avvenne.
Ad ogni modo un incarico così delicato, tra popolazioni talmente lontane e ostili, poteva essere affidato solamente a quell'ordine da poco nato che, ponendosi nella più totale umiltà e disposizione all'ascolto, unico aveva dimostrato di poter dialogare anche con i nemici della Chiesa: la delegazione poteva essere solo di francescani. E così la scelta del papa cadde su frate Giovanni da Pian del Carpine.
Il frate e il suo viaggio
Giovanni nacque a Magione, nei pressi di Perugia, attorno al 1180; fu quindi coetaneo, oltre che tra i primi compagni, di Francesco d'Assisi. Ancora in vita il santo, predicò ripetutamente oltre le Alpi, in Sassonia. Dopo la morte di Francesco fu ministro provinciale dell'ordine in Germania, Spagna e ancora Sassonia, quindi missionario in Boemia, Danimarca, Norvegia e Ungheria, maturando una grande esperienza degli uomini e delle cose di quelle remote zone d'Europa. Appare quasi naturale dunque che Innocenzo IV, presso il quale all'epoca il frate si trovava già da due anni, pensasse proprio a lui per una missione tanto difficile e, al contempo, cruciale come quella di andare ad ammansire i Mongoli.
Così nell'aprile del 1245, a soli tre anni dalla fine dell'invasione dell'Orda d'oro, egli partì da Lione in direzione est; a Cracovia gli fu affiancato un altro frate, Benedetto Polacco, come interprete e compagno di viaggio. Nel luglio 1246, dopo quindici mesi di un percorso durissimo segnato da fatiche e stenti, i due frati giunsero finalmente alla corte imperiale, nei pressi di Karakorum, giusto in tempo per assistere all'incoronazione a gran khan di Guyuk, figlio di Ogodai e nipote di Gengis. In novembre, compiuta senza successo la propria ambasciata, si misero sulla lunga ed estenuante via del ritorno, che si concluse esattamente un anno dopo con la consegna al papa della lettera di Guyuk, nella quale il khan esortava a sua volta il pontefice e tutti i principi cristiani a recarsi