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Bruceremo
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E-book171 pagine1 ora

Bruceremo

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Bruceremo è il racconto di due donne e di una città dove l’acqua non cala mai, il caldo di un’eterna estate toglie il sonno, l’odore dell’immondizia blocca il respiro, gli umori sono alterati dall’alcol, i corpi devono scontrarsi con un turismo di massa che travolge la città.
Venezia è un giardino d’infanzia, Luce se ne accorge ogni giorno raccogliendo rifiuti sempre più piccoli. Anna se ne è andata e la città la vede da lontano. Si scrivono per sentirsi vicine e raccontare di un mondo che è cambiato. La distanza la colmano così, lottando a modo loro per salvarsi e salvare quello che resta, una lotta personale e collettiva insieme, fatta di gesti di resistenza, di musica da ascoltare a tutto volume, di parole brucianti, di un grido finale che risveglia e accende.
LinguaItaliano
Data di uscita29 apr 2024
ISBN9788868995294
Bruceremo

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    Anteprima del libro

    Bruceremo - Caterina Serra

    Copertina

    Presentazione

    Bruceremo è il racconto di due donne e di una città dove l’acqua non cala mai, il caldo di un’eterna estate toglie il sonno, l’odore dell’immondizia blocca il respiro, gli umori sono alterati dall’alcol, i corpi devono scontrarsi con un turismo di massa che travolge la città.

    Venezia è un giardino d’infanzia, Luce se ne accorge ogni giorno raccogliendo rifiuti sempre più piccoli. Anna se ne è andata e la città la vede da lontano. Si scrivono per sentirsi vicine e raccontare di un mondo che è cambiato. La distanza la colmano così, lottando a modo loro per salvarsi e salvare quello che resta, una lotta personale e collettiva insieme, fatta di gesti di resistenza, di musica da ascoltare a tutto volume, di parole brucianti, di un grido finale che risveglia e accende.

    «Un libro molto bello e molto politico. Ridefinisce il sabba senza altro demonio che il mondo.»

    Chiara Valerio

    «Una scrittura che pare risplendere nella brevità.»

    Claudia Durastanti

    «D’amore e di rabbia bruciano le due protagoniste di questo romanzo. Ma transitivo è il loro fuoco: brucia quel che trova sulla sua strada. Un testo tenero e abrasivo, da ascoltare con tutti i sensi.»

    Maria Nadotti

    L’autrice

    Caterina Serra è scrittrice e sceneggiatrice. Nel 2006 ha vinto il premio Paola Biocca per il reportage letterario. Per Einaudi ha pubblicato Tilt (2008) e Padreterno (2015).

    https://caterinaserra.blog

    VandA Fiction

    Caterina Serra

    Bruceremo

    Disegni di Giovanni Pagnin

    © Caterina Serra

    © 2024 VandA edizioni

    Sede legale e redazione:

    Via Cenisio, 16 - 20154 Milano

    www.vandaepublishing.com

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    facebook.com/vandaepublishing

    ISBN: 978-88-6899-529-4

    Immagine di copertina: incisione di Vanessa Milan

    Grafica di copertina: Afra Bacci

    Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore.

    È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

    Bruceremo

    Il più bello dei mondi non è che un mucchio di rifiuti gettati a caso.

    Eraclito

    Me lo ricordo, lo vedo nello specchio che si inarca e affonda la testa. Stringe il bicchiere con le due chele che gli sbucano da sotto le spalle. Si solleva per ogni sorso e si risiede esausto, tra la soddisfazione e la pena.

    Il vuoto della carne lo colma così, col suo bisogno di bere. Difficile salutare senza braccia. Lo fa chiudendo gli occhi, come fosse finita la giornata, e a volte è sempre mattina.

    Lo sanno tutti che a quel bancone ci arriva per forza, che non può farne a meno, che magari la sua è solo vigliaccheria. Il bicchiere lo deve a quei buchi, a quel genere di mancanza che fa vivere male. Bere gli toglie di dosso il senso di colpa per un po’.

    Non è stata la sfortuna, essere nato così non basta, se lo è meritato, non è stato abbastanza forte, dicono, abbastanza stronzo, abbastanza qualcuno che non è.

    Ridi.

    Di solito è mattina, oggi deve essere più dura, è venuto la sera. È sera, vero?

    Pensavo, non siamo anche noi un po’ così, senza braccia, con le mani nel posto sbagliato?

    Eccoti, ci sei anche tu nello specchio, hai i capelli più corti. Te li taglia qualcuno? Sei di lato, nell’angolo in basso, come in certi dipinti, il viso di un animaletto, o una faccia che guarda chi guarda, il ritratto di chi ha dipinto. Ti vedo. Adoro che ci sei.

    Sei riuscita a tornare?

    anna

    The First Picture of You, Lotus Eaters

    Mi piace come parli dei miei ubriachi, gente sfigata, perdenti vari, di quelli che non si sa che senso abbia la vita, che si sono persi o non si sono mai trovati in mano qualcosa di bello. O magari non ce l’hanno fatta a goderselo.

    Rido, sì.

    Ti ricordi?, nessuno che dica l’ultimo. La strategia del penultimo bicchiere, come dei giorni felici del suicida che rimanda la fine.

    Sono rimasta a bere. L’acqua non scendeva. Bevo come bevono le donne in questa città. Le ricche come le povere, le donne a sera, quelle sole a cui piace stare sole, vero?

    Dimmi di te, ci vai a un bar, esci, sei sola?

    Ti tengo, lo sai

    luce

    Perché da qui la vedo bene quella città. La solita quantità di alcol che smonta l’ordine sociale, che mescola libertà di parola e libertà sessuale, che fa dire tutto, che butta fuori la rabbia. Lo so perché bevete.

    Non mi ricordo mai che turno hai, è cambiato con l’acqua alta?

    Vado fuori, finché non mi gira la testa. Buio col giorno qui, gli occhi pesti tutte le mattine. Sono rotta.

    Mi mancano le tue mani sopra

    anna

    I’ll Be Your Mirror, Nico

    Non riusciamo a muoverci, stiamo col bicchiere in mano. Forse è un senso di fine di tutto, forse siamo tristi. Depressione di massa, la chiama lo Storto, siamo grandi esperti di lamento e rassegnazione, mi pare che dica. Non lo dicevi anche tu?

    Le facce, le battute, niente, un po’ alla volta ce le stiamo perdendo. Gente che va e viene, che passa, in case che se le comprano, le riempiono e le svuotano, e le lasciano a qualcun altro. Nelle case si alloggia, sono diventate camere d’albergo. Ieri ho visto dei lucchetti e dei campanelli che al posto di nomi e cognomi avevano numeri e codici.

    Stiamo al bar. Beviamo, sì, anna, cosa vuoi che facciamo?

    Lo so, ti diverti da morire. Adori il mio tono da fine del mondo.

    Non so se sono io che resisto qui o tu che sei lì. Perché lo facciamo?

    Vabbè, esco, faccio il mio giro e ci riprovo. Turno dell’alba con carretto, giro Rialto.

    luce

    anna, dove sei? Se non ti sento sto male, penso che sei tu che stai male, penso che quello che ti scrivo non sia abbastanza.

    Oggi stiamo così, dalla vita in giù, stivali su fino alle cosce. L’avevano detto. Come ieri, da tanti giorni lo stesso bollettino. La marea che sale, le sirene che fanno paura. La notte San Marco è sotto di un metro, siamo in agosto, mai visto. I turisti ci sguazzano, salgono sulla giostra.

    Comunque è strano, con l’acqua aumenta la paura ma cresce anche l’eccitazione. Qualcuno ha cominciato a nascondersi, a farsi di sesso. Si lascia prendere, sperimenta, corpi estranei che si aprono e richiudono in fretta. Non so se lo facciano tutti ma di sicuro si masturbano tutti tanto.

    Dici che sia l’acqua che ci fa soli?

    Non rileggo, sono qui, ti aspetto.

    Scrivimi subito

    luce

    Ti ho risposto ma alla fine niente. Troppo in acqua anch’io, il rumore che mi trapana il cervello, l’occhio sinistro che spinge, non so se tirarmelo fuori da sola. La testa, sì, la tengo bassa, contro il petto, mi fa male la luce. Che ironia, vero?

    Adoro i tuoi toni dramaqueen, sì. E sì, deve essere l’acqua che vi rende tutti un po’ inquieti. Però che bello se si smuovesse qualcosa di quel pantano che è la famiglia, se un desiderio meno codificato sbaraccasse tutto quel teatro, ridicolo, ricattatorio, degli affetti di sangue.

    Tu non ridi, lo so, criptocattolica che non sei altro.

    Bella l’idea dei numeri al posto dei nomi, però, case di nessuno, di tutti, senza padroni, no? Ridi, dai. Non ci sono più case a cui tornare. Che cazzo di città è?

    Comunque, sembra che l’acqua vi abbia spostati da quel tipo di vita che è fare fare fino a sera per dimenticare di dovervi spogliare per poi dovervi rivestire. Sarà che la città si vendica? L’avete riempita di cose, di negozi di cose, di oggetti stupidi per gente ignorante. Svuotata, messa in vendita, l’avete sputtanata, ingrassata, è un bordello, se la godono, se la scopano tutti, una botta e via, la sfiniscono di avanti e indietro, pompini e bevute. Somiglia tanto a tante altre città.

    Io non c’entro, dimmi pure che sono la solita cinica narcisista che si tira fuori dalla massa. Comunque io me ne sto qui, nella mia cameretta, come dici tu.

    Ti masturbi anche tu, vero?

    anna

    Hell’s Ditch, The Pogues with Joe Strummer

    Lo vedi? Stai male e ti invidio. Ti invidio, sì.

    Deve essere bello guardare da fuori, dalla luna in cui ti sei messa, senza problemi, senza bollette e casini, senza niente e nessuno che ti faccia incazzare, senza interferenze, doveri, senza bestemmie. Una bolla, pastiglie, passeggiate, letti singoli e gente come te, finestre senza suoni e rumori, non so come fai. L’isolamento, il rifiuto, le pratiche che ti fanno fare per conoscerti meglio. La vita così com’è?

    Non so come fai

    luce

    Non mi conosci più, luce, o mi odi. Lo so

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