UN GIORNO NELLA VITA DEL KAKADU
PROVATE A CHIEDERE ai Bininj o ai Mungguy del Kakadu: vi risponderanno gentilmente che non esiste un posto simile. Nonostante si estenda per oltre dodicimila chilometri nel Northern Territory per questa gente la terra oggi nota come Kakadu è un patchwork di territori tribali. Dal 1979 è il parco nazionale più grande d’Australia: una terra di roccia rossa e arenaria, boscaglia e billabong – le tipiche pozze stagnanti formate dai meandri dei corsi d’acqua – con tumuli torreggianti creati dalle termiti. È questa la quintessenza dell’outback australiano. S’è tentato di introdurre qui la caccia al bufalo, l’allevamento di vitelli e l’estrazione di uranio, tutte attività senza successo. Per metà dell’anno i monsoni rendono il terreno una palude, l’altra metà dell’anno è fatto di zolle aride.
La piccola Jabiru è l’unica cittadina: una manciata di negozietti, una stazione di rifornimento, gli uffici del parco e il quartier generale dei ranger. Seguo il loro consiglio e faccio scorta di cose essenziali: acqua in bottiglia, spray repellente per gli insetti, cibo di emergenza, cappello da pescatore, tanica di carburante e altre tre confezioni di spray (in caso perdessi la prima). Il Kakadu non perdona e in caso di necessità potrebbero volerci ore, è dunque bene essere preparati. Messe ben al sicuro le mie scorte, mi metto al volante della mia 4x4 verso il campo tendato di Cooinda. Il mio safari
