HOME AWAY from STUDIO
Estate 1955. Un improbabile incontro di menti creative avviene nelle foreste del New Hampshire, in America, e più precisamente nella MacDowell Colony, la residenza per artisti fondata nei primi anni del XX secolo, come luogo dove far fiorire l’arte in mezzo a prati, casette di legno bianco e cottage di pietra.
Il grande Marcel Duchamp, franco-americano, esponente rivoluzionario del movimento dadaista, è stato invitato a trascorrervi un po’ di tempo. In contemporanea, è lì anche il pittore americano Milton Avery, famoso per le sue scene astratte fortemente semplificate. Un incontro raccontato dalla moglie di questi, Sally, anni dopo durante un’intervista concessa agli Smithsonian’s Archives of American Art. Ricordava come suo marito avesse passato a Duchamp delle competenze molto preziose. Una tecnica pittorica? Un modo di intendere il mondo attraverso l’arte? Un consiglio su come cavarsela con musei e galleristi? Niente di tutto questo. «Milton giocava a biliardo ogni sera», spiegava Sally, «ed era molto bravo. Duchamp invece non aveva mai giocato, così gli diede lezioni». E riporta una battuta di Duchamp: «Lo farò mettere sui miei bigliettini da visita: Marcel Duchamp, allievo di Milton Avery».
Le residenze per artisti, e il cambio di scenario che offrono, incoraggiano gli artisti a creare connessioni imprevedibili; com’è l’arte in sé. A volte la cosa si risolve solo in un gran divertimento, ma capita anche che questi programmi, pensati per ritrarsi dalle pressioni del mondo dell’arte, diventino lo spunto per grandi svolte creative, oppure segnino lo sblocco, duramente conquistato, di un’opera dalla lunga gestazione.
Fondata nel 1907, MacDowell (solo di recente ha perso la specifica
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