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Impression au soleil levant
Impression au soleil levant
Impression au soleil levant
E-book127 pagine1 ora

Impression au soleil levant

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Info su questo ebook

Se nel nostro immaginario Parigi appare una città così romantica, con i pittori intenti a dipingere la Senna con una tavolozza tra le mani, è probabilmente merito degli impressionisti: un gruppo di artisti coraggiosi che decisero di lasciarsi alle spalle il buio degli atelier e scendere in strada per dipingere e raccontare il loro mondo. Non potevano immaginare che con le loro opere avrebbero cambiato il mondo della pittura, eppure fu così. Con l'energia e l'entusiasmo dei rivoluzionari decisero di disobbedire alle regole lasciando libera tutta la loro creatività. Senza saperlo, stavano scrivendo una pagina indelebile nella storia dell'arte...
LinguaItaliano
Data di uscita17 lug 2018
ISBN9788827839287
Impression au soleil levant

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    Anteprima del libro

    Impression au soleil levant - Carla Balossino

    Bibliografia

    Carla Balossino

    IMPRESSION

    AU SOLEIL LEVANT

    LA SECONDA RIVOLUZIONE FRANCESE

    ALLE RADICI DELL'IMPRESSIONISMO

    Youcanprint Self-Publishing

    Impression au soleil levant

    © 2018 - Carla Balossino

    ISBN | 9788827839287

    © Tutti i diritti riservati all’Autore

    Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta senza il

    preventivo assenso dell’Autore.

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    Ai miei genitori,

    che non ringrazierò

    mai abbastanza.

    Gli impressionisti,

    se non hanno aperto gli occhi

    ai ciechi, hanno almeno dato

    un grande stimolo ai miopi.

    Oscar Wilde

    Luis Leroy, nel 1874 aveva sessantadue anni ed era un importante critico d'arte francese. Era stato pittore, incisore, commediografo e scriveva i suoi articoli di giornali con uno humor tutto speciale. Usava un tono brillante, a tratti divertente e le sue recensioni venivano di gran lunga preferite a quelle serie e compassate dei suoi colleghi.

    Il Salon, la grande esposizione d'arte contemporanea, attirava oltre mezzo milione di visitatori nei tre mesi di apertura ed era seguita da più di trenta giornali e riviste. Tra queste spiccava Le Charivari, una rivista satirica fondata nel 1832 da Charles Philipon. Antenata dell'inglese Punch, che fino alla seconda guerra mondiale usò il sottotitolo The English Charivari, pubblicava le vignette di 200 artisti tra cui Daumier, Grandville e Cham e dedicava molte pagine all'arte. Anche Leroy collaborava, come illustratore e critico e nell'aprile del 1874 pubblicò un articolo su una mostra inaugurata il 15 di quello stesso mese in un vecchio studio di fotografia in Boulevard des Capucines.

    La mostra era stata allestita da un gruppo di artisti, due sessantenni e la maggioranza composta da trentenni che si denominava La Société Anonyme des artistes, peintres, sculpteurs, graveurs etc.

    Il gruppo comprendeva Edgar Degas, Paul Cézanne, Félix Bracquemond, Jean Baptiste Guillaumin, Claude Monet, Berthe Morisot, Camille Pissarro, Pierre Auguste Renoir e Alfred Sisley.

    La denominazione anonima era frutto di lunghe discussioni e corrispondeva alla precisa volontà di non apparire come gruppo con uno stile e un indirizzo artistico dichiarato. Degas, poeticamente, aveva proposto La Capucines, dal nome del boulevard e circa trent'anni più tardi, Renoir confessava al mercante d'arte Ambroise Vollard: Temevo che se il gruppo si fosse chiamato Tal dei tali o I ventinove, i critici avrebbero subito parlato di una nuova scuola, mentre ciò che volevamo veramente, era indurre i pittori a seguire i maestri, se non volevano che la loro pittura sparisse senza lasciare traccia.

    Ma il destino, nella persona di Luis Leroy, decise altrimenti.

    Leroy doveva innanzitutto escogitare un pezzo divertente su una mostra che trovava lui per primo bizzarra e doveva inoltre inventarsi un titolo avvincente per l'articolo. Risolse il problema in maniera geniale: Si inventò di dover accompagnare un immaginario pittore accademico, l'anziano e stimato Joseph Vincent, insignito di vari titoli e medaglie, nella visita della mostra e riferendone i commenti. L'articolo sortì l'effetto voluto: Quando i due giunsero davanti al quadro di Pissarro, Campo arato, il buon uomo pensò che i suoi occhiali fossero sporchi e, dopo averli strofinati per bene e posti di nuovo sul naso esordì con un Buon Dio, cos'è questo? E' la brina su un campo arato di recente, rispose Leroy. E questa sarebbe brina? Questi sarebbero solchi? Sembrano piuttosto le croste di una tavolozza messe a casaccio su una tela sporca. Non ha né capo né coda, non ha un verso, un davanti, un didietro! Può darsi, ma l'impressione c'è, rispose Leroy. E' un’impressione maledettamente buffa ribattè Vincent. Poi, di fronte al quadro di Monet che rappresentava il Boulevard des Capucines esclamò: Bene! Le piace anche questo? Anche qui ci deve essere un'impressione, o forse sono io a non capire...." Poco dopo si fermò davanti a Impression, soleil levant di Monet. Il suo viso diventò paonazzo, sembrava imminente una catastrofe e Monet fu la goccia che fece traboccare il vaso. Certo che questo quadro fa proprio una bella impressione! E che libertà, che bravura! Una carta da parati al suo stato embrionale sembrerebbe più rifinita di questa marina....potrebbe essere più brutto? Gridò scrollando le spalle davanti ad uno dei custodi della galleria.

    Leroy si accorse di aver risolto i suoi problemi...aveva trovato un modo ironico per scrivere il suo articolo e anche un titolo: La mostra degli impressionisti. L'appellativo si diffuse rapidamente e da quel momento, il gruppo si sarebbe chiamato gli impressionisti.

    Nel giro di nemmeno un anno, la parola Impressionismo giunse in America, dove Henry James la utilizzò in un suo articolo come oramai entrata a far parte del linguaggio dell'arte, anche se in senso negativo. Usata anche per pittori come Delacroix e Corot, implicava un qualcosa di evanescente e incompiuto, privo di dettagli, legato ad un approccio istintivo.

    Tutto questo, aveva in realtà poco a che fare con le intenzioni e la tecnica del gruppo, che andavano ben oltre l'implicito desiderio di dare l'impressione di qualcosa. Lo stesso Monet aveva dato il titolo al quadro esposto in Boulevard des Capucines semplicemente per distinguerlo dalle altre vedute del porto di Le Havre che aveva dipinto.

    Quasi tutti i membri del gruppo, all'inizio, odiarono quel nome, che non apparve in nessuno dei cataloghi delle sette mostre consecutive, denominate semplicemente Mostra di pitture di... e di seguito i nomi dei partecipanti.

    Ma quel nome, Impressionismo, finirono con l'accettarlo, tanto che nel 1877 Renoir convinse l'amico e critico d'arte Geoge Rivière a pubblicare una rivista settimanale dal titolo L'Impressioniste, di cui uscirono solo quattro numeri.

    Sebbene non fosse stata sua intenzione, Leroy procurò agli impressionisti una vasta pubblicità, attribuendo al gruppo una unità che in realtà non aveva. Tutto questo infastidì Degas e lo stesso Manet, che pur considerandosi ed essendo riconosciuto come il leader del gruppo, mal sopportava d'essere strettamente identificato con lo stesso. Proprio per questo motivo si rifiutò sempre di partecipare alle mostre collettive.

    Leroy ebbe inoltre il merito di dare il nome a quello che divenne il più importante movimento artistico dopo il Rinascimento e che avrebbe condizionato gli sviluppi futuri della pittura.

    Il richiamo al Rinascimento non è casuale. L'Impressionismo non nacque all'improvviso per un capriccio di un gruppo di artisti francesi del tardo Ottocento. Rappresentò piuttosto un momento cruciale per comprendere l'evolvere della civiltà occidentale. Il Rinascimento aveva segnato il culmine di un percorso verso l'affermazione individuale dell'uomo, da cui l'enfasi data all'umanesimo, iniziato già nel Medioevo e determinato non solo da concezioni filosofiche, ma anche da semplici innovazioni tecniche come l'invenzione del camino, degli occhiali, della carta, dei caratteri mobili della stampa e da una quantità di altre scoperte che migliorarono la qualità della vita e favorirono la comunicazione delle idee. Fra il XV e il XVII secolo, tutto questo aveva prodotto una serie di fenomeni volti ad affermare l'importanza dell'individuo nell'ordinamento del cosmo. Al pensiero medievale, per il quale la salvezza dell'uomo passava attraverso la mediazione della Chiesa, si era opposto il Protestantesimo, nelle sue varie forme, che sosteneva il rapporto diretto tra Dio e l'uomo, basato sull'interpretazione personale delle Scritture, che finalmente ognuno poteva leggere nella propria lingua. Era nato il capitalismo, grazie alla scoperta dell'America; era stata adottata la numerazione araba ed era stata inventata la contabilità a partita doppia. Tutto questo aveva suggerito l'idea che la posizione dell'uomo nella società non fosse prestabilita e che potesse essere migliorata.

    Nella seconda metà del XVIII secolo, lo sviluppo della concezione individuale, aveva fatto un ulteriore passo in avanti, testimoniato da quel movimento artistico e letterario conosciuto con il nome di Romanticismo.

    I romantici, attribuivano un nuovo valore al sentire e alle emozioni individuali, privilegiando la sensibilità rispetto alla conoscenza; il cuore, le cui reazioni sono diverse in ogni uomo, rispetto alla testa, che invece tramanda le idee ereditate, che rispetta le leggi e accetta le categorie di valore prestabilite.

    Tutto questo si era manifestato in vari campi. In politica aveva portato alla rivoluzione francese e al principio di uguaglianza esemplificato nella costituzione americana.

    In arte aveva condotto al rifiuto del principio, a lungo sostenuto, che un'opera potesse essere giudicata in base al soggetto rappresentato: ad esempio, che la pittura storica fosse superiore a quella di genere, o che quella religiosa valesse più di quella profana. Aveva inoltre attribuito alla pittura di paesaggio l'importanza che ha tuttora, perché la natura era ritenuta capace di stimolare quelle risposte e quelle sensazioni fondamentali per ogni esperienza estetica.

    Aveva valorizzato l'artista come persona, la cui sensibilità trovava espressione nel proprio lavoro e che per questo si ribellava alle convenzioni sociali. L'enfasi posta sul sentire e sulle emozioni aveva portato ad un maggiore interesse per il colore rispetto al disegno che si riassumeva nell'antitesi fra il classicista Ingres e il romantico Delacroix.

    L'educazione degli Impressionisti si svolse in questo ambito romantico, che continuò ad esercitare la sua influenza anche sulle loro opere più tarde.

    Il paesaggio ebbe per loro un'importanza fondamentale, con l'unica eccezione di Degas, erede di Ingres. Il colore era la loro costante preoccupazione e l'uso che ne fecero costituì uno dei principali contributi allo sviluppo dell'arte europea. Non si consideravano dei ribelli, ma come tali furono etichettati dai critici, dal pubblico e da generazioni di biografi. La loro affermazione dell'individualismo fu rappresentata dall'ostinazione che mostravano nel dipingere ciò che vedevano e non ciò che conoscevano.

    Praticamente, gli artisti precedenti avevano trasferito sulla tela una visione idealizzata del mondo esterno, nella quale ad esempio, tutte le ombre erano nere o marroni, i paesaggi immersi in una luce fissa e immobile.

    Gli Impressionisti, scoprirono che le ombre erano colorate, che riflettevano ciò che era intorno, che i colori in natura, non erano allo stato puro, ma erano influenzati dal contesto cromatico, che la luce non era statica, ma mutevole e tremolante e che questo effetto poteva essere raggiunto in pittura, usando rapide pennellate sparse ed espedienti simili.

    Affermavano il primato

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