Wassili Kandinsky
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Anteprima del libro
Wassili Kandinsky - Mikhaïl Guerman
Concentrazione
«Noi dipingiamo pur sempre, quand’anche con una grafia un poco più libera e abbastanza inquietante per il borghese, le cose della realtà
: uomini, alberi, fiere, ferrovie, paesaggi. In questo siamo ancora schiavi di una convenzione. Reali
chiama il borghese le cose percepite e descritte da tutti o da molti in maniera simile»
Hermann Hesse, L’ultima estate di Klingsor
Sino a poco tempo fa, si pensava che questo secolo non fosse semplicemente iniziato con Kandinsky, ma che con lui fosse anche terminato.[1] Tuttavia, non importa quante volte il suo nome sia stato citato da fanatici d’interpretazioni sempre cangianti, perché l’artista è ormai parte della storia e forse appartiene più al passato e al futuro che al presente. Molto inchiostro è stato versato su Kandinsky: i suoi lavori, inclusi quelli teorici, sono così conosciuti che spesso questa abbondanza di sapere e opinioni da luogo comune offuscano il valore reale dell’individualità dell’artista. Alla soglia del terzo millennio, per non mistificarne la portata storica, occorre dunque posare su di lui uno sguardo fresco e scevro da pregiudizi.
Stanco degli abili giochi post-modernisti, l’osservatore serio e competente scorge oggi in Kandinsky ciò che nessuno ha visto (e tentato di vedere) finora: un punto fermo in un mondo instabile, di fantasmi e simulacri passeggeri. Ciò che meno di cento anni fa era considerato come un’ardita rivelazione, ora è passato nella categoria dei valori eterni.
Tra i titani dell’epoca moderna, Kandinsky fu un patriarca. Matisse nacque nel 1869, Proust nel 1871, Malevic nel 1878, Klee nel 1879, Picasso nel 1881, Kafka nel 1883, Chagall nel 1887. Kandinsky nacque nel 1866, un anno in cui venne alla luce anche Roman Rolland e si pubblicò Delitto e castigo di Dostoevskij. Mentre Anna Karenina doveva ancora esser scritto e nessuno aveva ancora pronunciato la parola «Impressionismo». Kandinsky nacque dunque nel profondo
del XIX secolo. Aveva vent’anni quando s’inaugurò l’ultima esposizione degli impressionisti; trentaquattro quando Ambroise Vollard ospitò nella sua galleria la prima personale del giovane Picasso. Insomma, allo scoccare del secolo, Kandinsky stava appena diventando un professionista: il suo nome era ancora sconosciuto ed egli era ancora alla ricerca di se stesso.
Studiosi e saggisti hanno spesso sottolineato l’intellettualismo di Kandinsky e della sua arte. Non si tratta di una situazione comune: i giovani paladini dell’avanguardia non attirarono tanto i loro adepti con la conoscenza e la logica, ma piuttosto con la foga e il radicalismo delle loro opinioni, sovente con una sorta di sensata
incomprensibilità unita a rivelazioni brillanti. Ciò che ha permesso a Kandinsky di distinguersi rispetto ai grandi artisti del XX si può così riassumere: il valore internazionale della sua parabola esistenziale e della sua arte, che congiunse Russia, Germania e Francia; il suo impegno come insegnante al celebre Bauhaus e la produzione di versi e scritti teorici; il suo saldo e determinato cammino verso l’individualità. Nella cultura odierna egli occupa un posto d’eccezione: il posto di un artista lontano dalla vanità e dal desiderio di scioccare lo spettatore; il posto di un maestro incline alla meditazione, fedele al movimento che porta alla sintesi delle arti e orientato alla ricerca di sistemi formali più ascetici, severi, perfetti. Inoltre, l’arte di Kandinsky non riflette il destino degli altri maestri dell’avanguardia russa (o almeno non ne è oppressa). Egli lasciò la Russia molto prima che l’estetica semi-ufficiale del Soviet voltasse le spalle all’arte moderna. Scelse dove vivere e come operare. Non fu obbligato né a combattere contro la sorte né a congiurare con essa. Le sue battaglie avvennero piuttosto dentro di sé
(Boris Pasternak). Le persecuzioni che soggiogarono gli artisti di sinistra non lo toccarono e non complicarono la sua vita quotidiana. Non dovette neppure sopportare la corona di spine o la gloria del martire, come accadde per molti degli avanguardisti che rimasero in Russia. La sua reputazione non dipese dal destino, si basò esclusivamente sul valore della sua arte. La cultura del passato gli fu preziosa e intelligibile: il mondo favoloso degli idoli non lo riguardò, mentre fu la creazione di un universo nuovo a occuparlo interamente. Non aspirò né all’iconoclastia né a un comportamento scandaloso, ma non si può neppure affermare che la sua opera manchi d’audacia, poiché il suo ardire fu saturo di pensiero, un coraggio garbato sostenuto da un’arte di altissimo livello.
Uccelli esotici, 1915, acquerello su cartone, Galleria Tretjakov, Mosca.
La lira, 1907, incisione su linoleum, Galleria Tretjakov, Mosca.
Preghiera.
Il porto di Odessa, tardi anni Novanta, olio su tela, 65 x 45 cm, Galleria Tretjakov, Mosca.
Paesaggio vicino a Achtyrka, Galleria Tretjakov, Mosca.
Achtyrka. Autunno, studio, 1901, olio su tela intelata, 23,7 x 32,7 cm, Städtische Galerie im Lenbachhaus, Monaco.
Educato all’europea, Kandinsky fu un uomo di lettere, un musicista professionista, un artista incline alla riflessione e a una logica ferrea